di Edoardo Greppi, Professore Emerito Università di Torino
L’aggressione della Russia all’Ucraina viola la Carta dell’ONU (articolo 2, paragrafo 4, divieto dell’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di uno Stato), l’Atto finale di Helsinki del 1975 e il Memorandum di Budapest del 1994.
Nello stesso paragrafo della Carta dell’ONU sono indicate le due eccezioni al generale divieto dell’uso della forza: la legittima difesa e la forza usata nell’ambito del diritto delle Nazioni Unite, ossia decisa o almeno autorizzata dal Consiglio di Sicurezza.
Entrambe le parti in guerra sono vincolate al rispetto del Diritto Internazionale Umanitario nei Conflitti Armati (ius in bello), così come delineato nelle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dal diritto consuetudinario, a prescindere dalle motivazioni con le quali i due Stati giustificano o tentano di giustificare o di far passare per legittimo il ricorso alla forza armata (ius ad bellum). Tali obblighi gravano non solo sulla Federazione russa ma anche sull’Ucraina, pur essendo Stato aggredito e legittimato all’uso della forza per legittima difesa.
Il nucleo del DIU è costituito da tre principi inderogabili.
Il primo è il principio di “distinzione”, descritto nell’articolo 48 del primo protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra sulla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali (1977): le parti devono distinguere sempre tra combattenti e non combattenti e tra obiettivi militari e civili.
Il secondo è l’obbligo di “precauzione”. Ad esempio, l’attacco a un quartiere densamente popolato per colpire un obiettivo militare è un crimine di per sé, perché è certo, anche prima dell’attacco, l’impatto negativo sulla popolazione civile.
Il terzo è il principio di “proporzionalità”: le conseguenze sui civili devono essere commisurate alla rilevanza dell’obiettivo militare, considerato per ogni singolo attacco e non come obiettivo generale nel conflitto.
Violazioni del Diritto Internazionale Umanitario
Le violazioni gravi delle norme del DIU, quelle che definiamo “Crimes under international law”, includono, oltre il crimine di aggressione, il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra, le ultime due tipologie secondo le previsioni rispettivamente dell’articolo 7 e dell’articolo 8 dello statuto di Roma della Corte penale internazionale.
La Federazione russa viola regolarmente il DIU con attacchi alla popolazione e a infrastrutture civili, come scuole, ospedali, strade, infrastrutture energetiche, tutte violazioni indicate nei mandati d’arresto che la Corte penale internazionale ha spiccato nei confronti di alcune figure di vertice della stessa Federazione, incluso il suo presidente.
In nessuna norma o accordo internazionale è detto che gli ucraini devono limitarsi a combattere i russi sul proprio territorio. Gli attacchi ucraini in territorio russo hanno causato danni a installazioni militari, non hanno distrutto ospedali o interi quartieri residenziali: se ciò fosse accaduto, saremmo in presenza di un crimine secondo i principi enunciati in precedenza, non perché gli attacchi si sono verificati in territorio russo.
Uso delle nuove tecnologie militari e diritto internazionale
Questa guerra vede l’uso massiccio di nuove tecnologie militari come l’intelligenza artificiale e le armi autonome. Tali sviluppi sono soltanto in parte regolati dal diritto internazionale. L’anno scorso abbiamo visto le immagini di un soldato russo arrendersi a un drone: mentre il soldato è a terra, il drone gli lancia dall’alto un foglietto con le istruzioni da seguire. Questa modalità di resa al nemico da parte di un combattente non è sicuramente prevista dalla Terza Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra. Nonostante i vuoti normativi, però, si resta in ogni caso sotto l’imperio dei principi già menzionati: se un drone colpisce un carro armato o un aeroporto militare, siamo nel pieno rispetto del principio di distinzione; se quel drone colpisce un condominio uccidendo trenta persone, è chiaro che è stato commesso un crimine, al di là del fatto che il mezzo utilizzato sia stata un’arma autonoma.
Il valore del Diritto Internazionale Umanitario (nonostante tutto)
Ho insegnato tutta la vita diritto internazionale, ci credo ancora, nel senso che, quando qualcuno mi fa la domanda cruciale, “Ma allora, se il DIU non è applicato, a cosa serve?”, io rispondo sempre con un’altra domanda: “Che cosa succederebbe se nemmeno ci fosse?”.
L’unico Segretario Generale dell’ONU che abbia dato la vita in servizio, Dag Hammarskjöld, personaggio straordinario, a un giornalista che metteva in dubbio l’effettiva utilità dell’organizzazione, rispose piccato: “Guardi che l’ONU non è stata creata per dare il paradiso all’umanità, ma per salvarla dall’inferno”.
Il DIU incontra un’estrema difficoltà nella sanzione delle violazioni. Perché è così difficile? La comunità internazionale è diversa rispetto ai nostri ordinamenti interni. Noi abbiamo un parlamento che emana le leggi, un governo che ne cura l’attuazione e dei giudici che sanzionano le irregolarità, tutti organi sovraordinati rispetto ai membri della comunità statuale. La comunità internazionale è una società orizzontale, anorganica: non c’è un legislatore, non c’è un governo mondiale, non c’è un giudice precostituito per legge. Tutta l’impalcatura del diritto internazionale e della giustizia internazionale penale si poggia sull’obbligo di cooperazione da parte degli Stati: se gli Stati non cooperano, non si arriva da nessuna parte.
In presenza di mandati di arresto, gli Stati possono decidere di non eseguirli e la possibilità che ciò possa accadere in futuro, magari al termine del conflitto, è sempre un grosso punto interrogativo. Per questo c’è chi ripropone, in analogia con quanto accaduto a Norimberga nel 1945, la possibilità di giudicare un imputato di crimini in violazione del DIU in contumacia, cosa che al momento la Corte penale internazionale non può fare.
In questa guerra, il DIU è ampiamente violato, ma nessuno ricorda, ad esempio, che in questi due anni e mezzo russi e ucraini hanno raggiunto frequentemente degli accordi per lo scambio di prigionieri, che è una modalità di attuazione e di applicazione del DIU.
Le norme ci sono e sono più che chiare: se sono violate non è colpa del diritto, mi pare evidente. La débâcle è della politica che, mai come in questo momento, appare spesso inadeguata. Oppure persegue fini contrari a quelli del diritto e della giustizia.