Quando le foto valgono più di 1000 parole. Il 2018 di MSF

Medici, infermieri, psicologi, logisti, mediatori culturali di MSF hanno fornito assistenza medico-umanitaria in 72 paesi del mondo nel 2018.

In fuga da guerre e violenze, o colpiti da malattie, epidemie o disastri naturali, dietro ciascuno dei nostri pazienti c’è sempre una storia unica. Una storia di sofferenza e fragilità, coraggio e resilienza, che i fotografi hanno seguito nel lavoro di testimonianza del lavoro delle équipe sul campo impegnate a salvare vite e alleviare le sofferenze delle persone in stato di bisogno.

Operatori umanitari di MSF nel Centro di isolamento di Bunia, inaugurato lo scorso 7 novembre. L’epidemia di Ebola in Nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo, si sta diffondendo in località urbane e aree isolate, difficili da raggiungere anche a causa del conflitto in corso. Le nostre équipe sono attive da quando l’epidemia è stata dichiarata il 1 agosto scorso e lavorano in collaborazione con il Ministero della Salute.

Una donna in un centro di detenzione in Libia: “Siamo stati abbandonati in mare. Le persone hanno perso la speranza. Perché è stato permesso che alcune persone morissero annegate? Non siamo criminali”. Le équipe di MSF forniscono assistenza medica e supporto in diversi centri di detenzione in Libia, dove le persone sono rinchiuse all’interno di celle, in condizioni igieniche precarie. Richiedenti asilo e rifugiati sono poi a rischio di diventare vittime dei trafficanti, poiché spesso le reti criminali sono l’unica opzione lasciata alle persone per continuare il loro viaggio in cerca di sicurezza.

Olena Markova, un’infermiera di MSF, spiega a Lidiia Andriienko, 78 anni, come sostenere il test dell’udito presso il centro regionale per la cura della tubercolosi di Zhytomyr in Ucraina. Alcuni farmaci utilizzati nel trattamento della TB possono infatti comportare gravi effetti collaterali, compresa la perdita dell’udito.

Una mamma con i suoi due figli che hanno appena fatto un controllo presso il centro nutrizionale terapeutico locale a Lwemba, nel Kasai Centrale (Repubblica Democratica del Congo).

Un uomo riposa al rifugio La 72 di MSF in Messico. Molti dei migranti arrivano con piaghe e ferite ai piedi dopo giorni di viaggio. Da sei anni MSF offre cure mediche ai migranti lungo la rotta messicana. La grande maggioranza delle persone provenienti dall’America Centrale che attraversano il Messico stanno scappando da violenza, estorsioni e reclutamento forzato da parte di gang e criminalità organizzata in Honduras, El Salvador e Guatemala. Nel loro viaggio verso nord attraverso il Messico, molti sono esposti a ulteriori pericoli – assalti, estorsioni, violenza sessuale, traffico di esseri umani, rapimenti, trattamenti crudeli, disumani e degradanti, e torture da parte delle organizzazioni criminali che controllano queste rotte.

Nella foto, un uomo ferito viene evacuato durante le proteste contro l’esercito israeliano. La maggioranza dei 3.117 pazienti che MSF ha assistito dal 30 marzo al 31 ottobre – su un totale di 5.866 feriti, secondo il Ministero della Salute – riportava ferite da armi da fuoco agli arti inferiori, che hanno causato in circa metà dei casi fratture esposte e nell’altra metà gravi danni ai tessuti molli. Questo tipo di ferite sono gravi e complesse e non si rimarginano velocemente. La loro serietà, sommata alla mancanza di cure adeguate a causa del sistema sanitario estremamente precario di Gaza, aumenta il rischio di infezione, in particolare per i pazienti che riportano fratture esposte.

Rozia e suo figlio di due mesi Zubair si trovano nell’ospedale di MSF di Goyalmara, presso Cox’s Bazar in Bangladesh. Molti dei bambini ricoverati in ospedale hanno contratto infezioni nei primi giorni di vita. Accade quando il parto avviene in scarse condizioni igienico sanitarie.
Ancora oggi i Rohingya restano confinati con la forza nei campi e la maggior parte della popolazione di rifugiati ha scarso accesso all’acqua pulita, alle latrine, all’istruzione, alle opportunità di lavoro e all’assistenza sanitaria.

Gli effetti della battaglia di Mosul tra il gruppo dello Stato Islamico e le forze militari irachene. La città vecchia è stata oggetto di intensi combattimenti e bombardamenti aerei. Lo stato di distruzione e la presenza di ordigni esplosivi improvvisati (IED), vere e proprie trappole esplosive, rendono gran parte della città vecchia inaccessibile. Tra le 5.000 e 7.000 persone sono tornate alle loro case, in molti casi danneggiate e senza acqua o elettricità.

Aden, Yemen- Aya, 10 anni, ha perso una gamba dopo che un gruppo armato ha lanciato una bomba contro casa sua. “Sono felice ogni volta che mia madre mi dice che stiamo andando ad una nuova sessione di fisioterapia. Mi sento più forte dopo l’operazione. Vado al mini market da sola e gioco davanti a casa” racconta Aya.

Giovani donne in una struttura sanitaria in disuso in attesa di essere visitate dallo staff di una clinica mobile di MSF a Kier (Sud Sudan).

Colette, ragazza di 14 anni, è stata violentata da suo zio. Oggi si trova presso l’ospedale di Castor di MSF, in Repubblica Centrafricana, per ricevere cure mediche e assistenza psicologica.

In un giorno da incubo nel Mediterraneo centrale (27 gennaio 2018), 99 persone a bordo di un gommone che stava affondando sono state salvate dall’Aquarius. Un numero imprecisato di uomini, donne e bambini è rimasto disperso, mentre sono stati ritrovati i corpi senza vita di due donne.
Dall’inizio delle proprie attività di ricerca e soccorso in mare nel febbraio 2016, la Aquarius ha assistito circa 30.000 persone nelle acque internazionali tra Libia, Italia e Malta.
Con le precedenti navi umanitarie, Bourbon Argos, Dignity, Prudence e Phoenix, MSF ha soccorso o assistito oltre 80.000 persone dal 2015. Nonostante i recenti sforzi di altre organizzazioni, oggi non c’è un’adeguata capacità di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale.

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