Afghanistan: “A Kunduz sono stati giorni difficili”

Afghanistan: “A Kunduz sono stati giorni difficili”

Gli scontri nella città di Kunduz, nel nord-est dell’Afghanistan, sono cessati l’8 agosto. Durante questa escalation di violenza, abbiamo trasformato il nostro ufficio in un’unità traumatologica temporanea per curare i feriti.

Questa unità è ora chiusa e lo scorso 16 agosto tutti i pazienti sono stati trasferiti al centro traumatologico di Kunduz, la cui costruzione, iniziata nel 2018, è quasi ultimata.  La popolazione ha però ancora bisogno di cure traumatologiche. Un medico del nostro team a Kunduz racconta la sua esperienza durante gli scontri e il lavoro che stiamo svolgendo oggi. 

MSF a Kunduz

La testimonianza del nostro medico a Kunduz 

“La situazione adesso è tranquilla ma c’è ancora molto da fare. Stiamo reclutando nuovo personale e, nel frattempo, portiamo avanti le ultime fasi di costruzione dell’ospedale. 

Ricordo bene la sera in cui sono scoppiati gli scontri a Kunduz: c’erano continui bombardamenti e spari, ci siamo dovuti rifugiare nel bunker dove abbiamo trascorso una notte insonne. In quella fase, a causa dei continui scontri per le strade, i pazienti non erano in grado di raggiungere il nostro ospedale o, a volte, eravamo noi dello staff a non riuscire a raggiungere la struttura perché il tragitto era troppo pericoloso”.  Medico MSF a Kundz

Giorni difficili 

Durante i primi giorni il nostro team è stato completamente sopraffattoArrivavano sempre più feriti e servivano sempre più interventi chirurgici: abbiamo visto molte persone con ferite d’arma da fuoco, ferite da esplosione o rimaste vittima del fuoco incrociato. 

La prima giornata, in particolare, è stata molto lunga. Molti colleghi non hanno potuto raggiungere l’unità di traumatologia. Il personale del turno di notte ha lavorato tutto il giorno. Alcuni riposavano mentre altri lavoravano, in modo da poter garantire una presenza costante, dalla mattina e fino a notte fonda. 

Il mattino successivo un collega medico mi ha chiamato alla radio: “Ho bisogno del tuo aiuto, ora“. Quando l’ho raggiunto, ho trovato il pronto soccorso stracolmo di persone. 

Quattro pazienti avevano bisogno in contemporanea di un intervento chirurgico d’urgenza. Abbiamo iniziato a operare due di loro e nel frattempo facevamo tutto il possibile per tenere in vita gli altri due. Alla fine, uno di loro non ce l’ha fatta, in tre sono per fortuna sopravvissuti. Una giornata davvero pesante da affrontare”.  Medico MSF a Kunduz

Un caso inaspettato 

Ricordo bene un giovane ragazzo. È stato portato dal padre al pronto soccorso con un braccio già bendato. Sembrava a suo agio e in salute, niente faceva pensare che avesse urgente bisogno di assistenza. 

Per questo motivo mi sono preso il mio tempo per mostrare al personale come fare un esame adeguato della mano e controllare eventuali danni ai nervi. Mi sono sorpreso quando ho capito che il ragazzo sembrava non sentire nulla sull’intera la mano, segnale di un danno importante a tutti i nervi.  

Ho delicatamente sciolto la benda sul braccio. Ricordo bene il momento in cui la benda si è aperta e ho visto un buco sull’avambraccio. Il danno era enorme. Il padre mi ha raccontato che un proiettile vagante aveva colpito il figlio mentre giocava”.  Medico MSF a Kunduz

Abbiamo temuto di dover amputare il braccio ma, insieme al padre, volevamo provare a dargli una possibilità. Abbiamo fatto del nostro meglio per pulire la ferita e salvaguardare il tessuto. Abbiamo attaccato un fissatore esterno, una staffa metallica per aiuta a tenere le ossa ferme durante la guarigione, che in questo modo avviene in maniera più rapida.  

MSF a Kunduz

Per il momento il braccio del ragazzo è ancora lì. Sicuramente non recupererà mai totalmente l’uso della mano ma è ancora lì ed è già un risultato che non ci aspettavamo. 

Calma apparente 

Al diminuire degli scontri, sempre più pazienti sono arrivati da noi perché indirizzati da ospedali provinciali, dove sono stati sottoposti a numerosi interventi chirurgici e i medici del posto hanno fatto tutto quello che era nelle loro possibilità.

Finiscono nel nostro pronto soccorso e molto spesso nella nostra sala operatoria dove, però, ci rendiamo conto che non ci sono molte opzioni da prendere, non c’è molto altro che possiamo fare per cercare di salvarli. Ma continuiamo a provarci, cerchiamo di stabilizzarli, cerchiamo di aiutarli”.  Medico MSF a Kunduz

Il nuovo ospedale 

La ricostruzione del nostro ospedale a Kunduz va avanti da tempo e la popolazione ha aspettato la riapertura. Due settimane fa abbiamo trasferito i primi pazienti dalla nostra clinica temporanea all’ospedale. Anche se non è ancora completamente finito, poter lavorare qui è un passo avanti enorme. 

MSF a Kunduz

I bisogni medici adesso stanno cambiando rispetto al momento in cui i combattimenti erano in corso. In questo momento vediamo pazienti con complicazioni dovute alle ferite del conflitto o che devono essere seguiti dopo le operazioni che hanno subito o che, ancora, restano feriti in incidenti stradali, in forte aumento dopo la fine degli scontri.  

Mentre lavoriamo nel nuovo centro traumatologico, il team di costruzione continua la sua opera a ritmi serrati risolvendo molti dei problemi logistici che ancora ci sono. Abbiamo un grande supporto anche da tutti gli altri team che lavorano insieme per permettere una veloce riapertura dell’ospedale”.  Medico MSF a Kunduz

Si sta lavorando anche al reclutamento e alla formazione del personale: stiamo crescendo di numero e c’è un gran bisogno di medici ed esperti di salute mentale. Tutti si aiutano a vicenda e, insieme, cercano di far continuare tutte le attività”. 

Condividi con un amico