Agosto sarà  il mese peggiore.

Moussa ha quattro anni. E’ morto il giorno dopo che un cargo da 18 tonnellate di aiuti alimentari era stato scaricato all’aeroporto di Maradi, in Niger. Suo padre è un povero coltivatore di fagioli, arachidi e miglio che viene dal villaggio di Nyelwa, nei dintorni di Maradi: ha dovuto elemosinare dei soldi per pagare il trasporto del corpo di suo figlio fino a casa.

Proprio mentre Moussa stava combattendo senza successo la sua battaglia per sopravvivere presso il centro nutrizionale terapeutico allestito da Medici Senza Frontiere a Maradi, Aboubakar, un bimbo di due anni che vive a Gazaoua, 75 miglia a Est, è stato colpito da una forma grave di diarrea. “Non ho soldi” , dice la sua giovane mamma, aggiungendo che se anche riuscisse a mettere insieme i 700 CFA (circa 1.50$) necessari per accedere a uno dei centro di salute pubblica governativi, non potrebbe comunque permettersi di pagare le tariffe addizionali richieste per le consultazioni mediche e le medicine.

Come era prevedibile le condizioni di Aboubakar sono peggiorate e il piccolo è precipitato in uno stato di malnutrizione grave. Quando è finalmente arrivato al centro di cure intensive (e gratuite!) gestito da MSF era sulla soglia della morte.

Moussa e Aboubakar sono solo le ultime due vittime della carestia che sta decimando i bambini più poveri del Niger, Paese dell’Africa Occidentale che conta circa 12 milioni e mezzo di abitanti. Anche se gli aiuti stanno finalmente iniziando ad arrivare, la situazione potrebbe peggiorare ancora prima di assistere a qualche miglioramento.

“Agosto sarà il mese peggiore”, dice il dottor Milton Tectonidis, specialista in nutrizione di MSF. “Ci vorrà un po’ di tempo prima che le associazioni che stanno intervenendo riescano a organizzare gli aiuti e stiamo per entrare nella stagione delle piogge che provoca sempre picchi di malaria e diarrea”.

Molti sono i fattori che hanno contribuito all’attuale disastro. E’ vero che la mancanza di sicurezza alimentare è cronica per la gente del Niger; è vero che una brutale siccità ha distrutto parte del raccolto del 2004, ed è vero che un’invasione di locuste ha aggravato la situazione. Ma le prevedibili conseguenze di questi eventi naturali avrebbero potuto essere arginate se si fosse datata una risposta rapida già al primo apparire dei segnali di allarme, all’inizio del 2005.

Il Governo del Niger, però, ha ricevuto pressioni da parte delle istituzioni finanziarie internazionali, dai maggiori paesi donatori occidentali e dalle stesse agenzie dell’Onu ad agire in modo da non destabilizzare il mercato alimentare locale e non deviare risorse dai progetti di sviluppo in corso. Così, invece di organizzare distribuzioni gratuite di cibo per le famiglie più povere (come avvenuto nella vicina Burkina Faso) e rendere gratuite le cure mediche per i bambini al di sotto dei 5 anni, il Governo del Niger ha tentato una serie di interventi “orientati al mercato”. Prima di tutto hanno offerto alle famiglie più povere cereali a “prezzi ridotti”: ma moltissime persone – già ridotte alla fame – non potevano permettersi nemmeno i prezzi calmierati e così non hanno avuto accesso al cibo. Il Governo del Niger ha anche tenuto in piedi il sistema di cure mediche che si basa sul pagamento da parte dei pazienti. Anche se a fine giugno erano già morte migliaia di persone, alcuni donatori internazionali non hanno esitato a elogiare il Governo nigerino “per aver rispettato il mercato” rinunciando a distribuire cibo e cure gratis.

I risultati di questa logica cinica li vediamo oggi nelle facce e nei corpi provati degli oltre 1.200 bambini che arrivano ogni settimana nei centri allestiti da MSF (6 per le cure intensive per i casi più gravi e 26 ambulatoriali) a Maradi, Aguie, Keita, Tahoua, Dakoro, Zinder e nelle aree circostanti.

Dall’inizio di gennaio i team medici hanno curato circa 16mila piccoli affetti da malnutrizione grave e ci si aspetta di curarne fino a 30mila entro la fine dell’anno.

Anche se questo non è di nessuna consolazione per i genitori del piccolo Moussa, la grande maggioranza dei piccoli trattati da MSF sopravvive.

“Anche quando un paese punta sui progetti di sviluppo, ci vorrebbe una rete pronta a dare risposte in caso di emergenze come quella a cui stiamo assistendo. Non si possono sacrificare migliaia di vite innocenti in nome dei progetti di sviluppo che vietano di offrire cibo e cure gratis” , conclude il dottor Tectonidis.

Condividi con un amico