Angola: violenze fisiche e umiliazioni contro gli sfollati congolesi

Kinshasa/Roma, 7 luglio 2008 – Dal 26 maggio, più di 30.000 congolesi sono stati espulsi dall’Angola e hanno attraversato la frontiera a Kahungula, nella provincia di Bandundu, a sud-ovest della Repubblica Democratica del Congo (RDC). MSF ha risposto a un appello lanciato dalle autorità congolesi e si è immediatamente attivata per fornire cure mediche e valutare la situazione in cui versano le persone sfollate.
L’equipe del Pool d’emergenza (PUC) di MSF – composta da un coordinatore, da un medico e da un infermiere – ha fornito assistenza medica di base alle 600/700 persone, che ogni giorno vengono espulse, raccogliendone le testimonianze. “I rimpatri seguono uno schema a lungo termine pianificato in Angola – racconta Betrand Perrochet, coordinatore dell’equipe. – Rimpatri che hanno avuto luogo nelle province di Malanje e Lunda Norte, e che sono stati effettuati, principalmente con la forza, partendo dagli insediamenti vicino ai giacimenti di diamanti, o volontariamente, a partire da alcune zone urbane”.

Secondo le testimonianze raccolte da MSF, l’esercito angolano circonda le miniere di diamanti e intima ai migranti congolesi clandestini, che scavano alla ricerca delle pietre preziose, di lasciare il Paese. Gli uomini sono portati, a piedi o in camion, in compound chiusi da dove a gruppi di centinaia vengono condotti alla frontiera congolese.

La popolazione sfollata assistita da MSF in quest’area, composta per l’80% da uomini, non è stata vittima di violenza sessuale sistematica, come è avvenuto nel 2007. Ciò nonostante sono riportati casi di violenza fisica nonché ispezioni vaginali e anali, pratiche umilianti adottate dai soldati durante il rimpatrio. “Il motivo di tali ispezioni è di prendere alla popolazione congolese tutti i propri averi, soldi o diamanti, prima di lasciare il territorio angolano – Spiega Betrand Perrochet. “Alcuni pazienti raccontano di aver subito altri tipi di violenza – botte, ferite da arma bianca o da machete – perpetrate dall’esercito o a volte dalla popolazione angolana, sempre per rubare i beni ai migranti. Un uomo che abbiamo incontrato è stato pestato da alcuni angolani perché si rifiutava di dare loro la sua cinta. È morto a Kahungula in seguito alle ferite riportate”.

MSF continua a monitorare la situazione degli sfollati congolesi: le equipe del PUC, basate a Kinshasa e Lubumbashi, sono in contatto ogni giorno con il personale nella provincia di Bandundu – Tembo e Kahungula – ma anche nel Kasai occidentale – a Kimonya e Kamako. In effetti, oltre 6.200 congolesi sono stati espulsi dall’angola via Kamako.

A dicembre 2007, MSF aveva denunciato il ricorso sistematico agli stupri e alle violenze nei confronti dei migranti congolesi venuti a lavorare nelle miniere di diamanti nella provincia di Lunda Norte, in Angola. L’esercito angolano si è reso colpevole di stupri e violenze verso la popolazione congolese durante i rimpatri nella Repubblica Democratica del Congo. MSF s’impegna a seguire da vicino le eventuali espulsioni dal territorio angolano sia per valutare lo stato di salute della popolazione alla frontiera sia per denunciare eventuali soprusi.

 

MSF lavora nella Repubblica Democratica del Congo dal 1981

 

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