Ceceni sfollati e rimpatriati?

Non molto tempo fa, erano tre le organizzazioni impegnate a Aki-Yurt, in un campo che ospitava circa 60.000 sfollati ceceni subito al di là del confine con l’Inguscezia. Oggi, MSF è l’unica delle tre rimasta a fornire assistenza medica nel campo (un’altra porta soccorso in un villaggio vicino). La cisterna, istallata per provvedere ai bisogni di acqua potabile, è stata rimossa la scorsa settimana dal campo per mancanza di manutenzione. E due settimane fa, gli sfollati sono stati registrati nuovamente da Emercom, il ministero per le emergenze russo. Alle domande degli sfollati, i responsabili rispondevano che serviva al loro ritorno in Cecenia.

Comunque sia, la pressione sugli sfollati ceceni affinché tornino a casa è in crescita. Ed è deliberata. Nei campi di Znamenskoye, in Cecenia, i segnali sono stati chiari già nelle prime settimane di luglio. Alle famiglie, rifugiate nel campo, veniva detto che servizi essenziali – come gas, elettricità, acqua – sarebbero stati tagliati. Le tende e le latrine abbattute. Agli sfollati veniva detto che c’erano centri per sistemazioni temporanee nei sobborghi di Grosny; meglio andarci finché c’è posto: e molti sono andati.

Nel frattempo, in Inguscezia, i ceceni affrontano cicli continui di registrazioni. Alcune vengono fatte dalle organizzazioni umanitarie per preparare la distribuzione di aiuti. Ma sono le registrazioni governative a creare sconcerto. Ad ogni ciclo, il numero ufficiale di sfollati diminuisce; se non ti trovano a casa, non ti danno una seconda opportunità e ti escludono anche dai futuri cicli di registrazione.

Tutti, nella regione a nord della Repubblica cecena, devono recarsi a proprie spese nella città di Malgobek, devono avere una fototessera (40 rubli) e registrarsi (altri 40 rubli). Spesso gli viene detto di tornare il giorno dopo o addirittura la settimana successiva. Senza nessuna entrata economica e privi di ogni bene da vendere, molti sfollati non possono pagarsi le spese di registrazione. La conseguenza di tutto ciò è che non avranno più diritto all’assistenza del governo.
Inoltre, le persone prive di registrazione vengono spesso identificate come terroristi.

Così, mentre aumentano le pressioni affinché i ceceni ritornino da dove sono fuggiti e le autorità affermano che tutti i campi dovranno essere chiusi prima dell’inverno, molti sfollati sono costretti a diventare “invisibili”. I centri d’accoglienza temporanea di Grozny sono tutti pieni. Non ci sono fogne, a stento si trova dell’acqua, e con l’arrivo del caldo torrido tipico dell’estate nel Caucaso il rischio di contrarre malattie è elevatissimo.

Grozny non è un posto sicuro, così come molti altri posti in Cecenia. La guerra continua tra l’esercito russo e i ribelli. Le autorità hanno affermato che ogni ritorno in Cecenia sarà volontario. Sembra, comunque, che a molti degli sfollati siano concesse poche alternative. I team di MSF che lavorano in Inguscezia sono determinati a mantenere il proprio impegno verso gli sfollati e continuare a portare assistenza a questa gente.

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