Ciad orientale 150mila persone costrette a fuggire.

Bangui/Roma, 19 giugno 2007 – Nel Ciad orientale, sono oltre 150mila le persone che sono dovute fuggire dalle loro case. Un’indagine di Medici Senza Frontiere (MSF) conferma la gravità della situazione in questa regione. Nonostante ciò, l’assistenza resta drammaticamente insufficiente e le equipe di MSF incontrano numerosi ostacoli mentre cercano di rinforzare le proprie attività.

Nell’est del paese, i ripetuti e mortali attacchi ai villaggi che continuano da un anno e mezzo hanno costretto decine di migliaia di persone a fuggire. Raggruppati in campi dove la sicurezza non è mai garantita, vivono in alloggi improvvisati, sono privi di cibo, acqua e accesso alle cure.

L’indagine condotta alla fine di maggio da Epicentre, il centro di ricerca e di studi epidemiologici di MSF, rivela che nei campi attorno a Goz Beida, uno dei principali luoghi di raggruppamento della popolazione sfollata, un bambino su cinque soffre di malnutrizione acuta e che i tassi di mortalità, riferiti al periodo dal 30 marzo al 20 maggio 2007, sono catastrofici.

Fino a poco tempo fa, l’assistenza delle numerose organizzazioni umanitarie presenti nella regione si è concentrata sui rifugiati provenienti dal Darfur, ignorando questa popolazione sfollata. Ad aprile, le Nazioni Unite hanno finalmente lanciato un piano d’urgenza di tre mesi, ma i suoi obiettivi in termini di distribuzione di cibo, accesso alle cure, rifornimento d’acqua e rifugio restano inadeguati. “A Goz Beida, gli sfollati ricevono dai 3 agli 8 litri d’acqua per persona al giorno, quando dovrebbero riceverne 20 litri. Solamente 100 bambini malnutriti stanno ricevendo assistenza, ma la nostra indagine ha stimato che almeno 2mila bambini soffrono di malnutrizione acuta”, spiega Franck Joncret di MSF. “Questa politica di aiuti razionati per gli sfollati è inaccettabile”.

Alla fine di giugno, con l’inizio della stagione delle piogge, si avrà un aumento dei casi di malaria e di malattie diarroiche epidemiche. C’è anche da temere un netto aumento dei casi di malnutrizione. Di fronte a questo prevedibile peggioramento della situazione, per evitare una catastrofe, è quanto mai necessario aumentare la capacità d’accoglienza degli ospedali, migliorare i rifornimenti in acqua e rispondere ai problemi nutrizionali. “E’ imperativo che l’emergenza nel Ciad orientale sia pienamente riconosciuta come tale, che le organizzazioni umanitarie apportino una risposta importante e immediata a favore degli sfollati e che le autorità del Ciad facilitino l’arrivo degli aiuti”, dichiara Isabelle Defourny, medico di MSF.

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