Geo Barents: un anno di attività nel Mediterraneo centrale

Geo Barents: un anno di attività nel Mediterraneo centrale

Sono 3.138 le persone soccorse e 6.536 le visite mediche effettuate dalla Geo Barents, la nostra nave di ricerca e soccorso, a un anno dall’avvio delle sue operazioni nel Mediterraneo centrale.

Nonostante il tragico salvataggio del 27 giugno scorso, la triste realtà ai confini meridionali dell’Europa non è cambiata: la normalizzazione di politiche di deterrenza e di non assistenza in mare, così come i tentativi di smantellare il sistema di ricerca e soccorso a favore dei rimpatri forzati, continuano a generare sofferenza e morte.  

I dati sono vergognosi: tra il 2017 e il 2021, almeno 8.500 persone sono morte o disperse, mentre 95.000 sono state respinte in Libia, di cui 32.425 solo nel 2021 – il numero più alto registrato fino ad oggi. Le persone respinte in Libia subiscono trattamenti degradanti come estorsioni, torture e, troppo spesso, si trovano a dover affrontare anche la morte.  

Gli Stati europei, che non garantiscono un’attività di ricerca e soccorso adeguata e proattiva e che al contrario sostengono quella della guardia costiera libica, incoraggiano inevitabilmente il sistema di rimpatri forzati in Libia dove detenzioni e abusi sono all’ordine del giorno. La presenza di MSF nel Mediterraneo centrale è una conseguenza diretta del progressivo e vergognoso smantellamento delle operazioni SAR da parte degli stati europei”. Juan Matias Gil Capomissione SAR di MSF

Gli orrori subiti da migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia, sia prima di tentare la traversata del Mediterraneo sia dopo i rimpatri forzati, sono inimmaginabili. Grazie alle testimonianze delle persone che abbiamo salvato e che hanno avuto il coraggio di raccontare le loro storie, è stato possibile documentare la brutalità e le terribili sofferenze inflitte a migliaia di uomini, donne e bambini intrappolati tra il mare e la Libia.  

I poliziotti, la guardia costiera o l’esercito non si sono mai preoccupati di noi. […] Mi hanno picchiato molto, tutti lo fanno. Fino a farti svenire. Fino a farti crollare. […] Vengono inflitte pene molto severe in quel paese. […] Perché l’Unione Europea sostiene queste persone? Dicevo: “Dio ti prego aiutami. Se la Nigeria fosse sicura, non sarei qui”. Mentre mi preparavo a partire per la terza volta, continuavo a dire: “Dio preferirei morire in mare piuttosto che essere riportato nei centri di detenzione libici”. Ho pianto così tanto. Così, per la terza volta mi sono rimbarcato di nuovo”. Sopravvissuto dalla Nigeria 25 anni

Secondo le testimonianze raccontate dai sopravvissuti a bordo, su almeno 620 episodi di violenza subiti, l’84% si sono verificati in Libia, il 68% dei quali nel corso dell’anno prima del salvataggio. Un numero significativo di queste violenze è avvenuto dopo che le persone sono state intercettate dalla guardia costiera libica e successivamente rinchiuse in centri di detenzione.

I sopravvissuti hanno inoltre riferito che i responsabili sono le guardie dei centri di detenzione (34%), la guardia costiera libica (15%), la polizia non statale o militare (11%) e gli scafisti/trafficanti (10%). Le nostre équipe hanno documentato anche l’alto livello di violenza perpetrato contro donne (18%) e minori (29%), di cui il più piccolo di soli 8 anni. 

Le persone sopravvissute a questi episodi di violenza riportano prevalentemente contusioni, ustioni, fratture, lesioni alla testa, lesioni legate a violenze sessuali e disturbi di salute mentale. A queste si aggiungono anche disabilità fisiche di lunga durata, gravidanze, malnutrizione e dolori cronici”. Stephanie Hofstetter Responsabile medico a bordo della Geo Barents

Da quando la Geo Barents ha iniziato le attività SAR a giugno 2021, abbiamo assistito ad una normalizzazione dei giorni di stallo prolungato in mare e delle difficoltà che ne conseguono.

Le nostre richieste per un porto sicuro per lo sbarco dei sopravvissuti sono state sistematicamente ignorate o negate dalle autorità maltesi, mentre quelle alle autorità italiane sono state accolte con ritardi sempre più lunghi. Gli stalli prolungati non solo impediscono di fare una valutazione tempestiva dei bisogni medici e di protezione dei sopravvissuti ma prolungano anche la loro sofferenza.  

Cambiare questa politica migratoria mortale non è solo necessario, ma anche possibile. L’Europa ha dimostrato con la crisi ucraina di essere in grado di affrontare la migrazione forzata con un approccio umano. La vita di ogni persona dovrebbe essere protetta a prescindere da razza, sesso, paese d’origine, credo politico o religioso e a coloro che cercano sicurezza alle porte dell’Europa dovrebbe essere garantito lo stesso trattamento nel rispetto dei diritti e della dignità 

Il rapporto completo “Lasciati annegare ai confini dell’Europa”

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