Guatemala dopo l uragano: il villaggio di Panabaj non esiste più

Panabaj era una pittoresca comunità situata sulle pendici di un vulcano, vicino al lago Atitlan, e abitata da contadini Maya appartenenti al gruppo etnico Tz’utujil. Al suo posto non resta che un’enorme distesa silenziosa di fango secco, da cui spuntano rami di alberi e tetti di case e chiese, investiti dalla valanga causata dall’uragano Stan che ha colpito il Guatemala.

Le squadre di soccorso sono riuscite a recuperare solo 76 corpi tra cui quelli di 46 bambini, gli altri in maggioranza donne. La lava scesa dalla montagna li ha colti di sorpresa ed è penetrata nelle loro case durante la notte e li ha bruciati vivi. Non si conosce precisamente il numero degli abitanti di Panabaj e dei cantoni vicino a Santiago prima del disastro, ma l’ultimo censimento del 2.000 riportava 6.000 persone.

Panabaj è stata dichiarata una zona ad alto rischio e cinque giorni dopo la tragedia l’accesso è stato vietato. Le autorità hanno usato calce viva sopra le tonnellate di fango per prevenire la diffusione di malattie e per lo stesso motivo decine di cani sono stati ammazzati. Queste misure sanitarie possono avere un impatto psicologico: “Il fatto che le persone non hanno avuto la possibilità di recuperare i loro morti o tornare sul luogo dove il fango li ha portati via è qualcosa di estremamente difficile per i sopravvissuti perché impedisce loro di piangere le loro perdite”, spiega Zohra Abaakouk, psicologa di Medici Senza Frontiere, da Santiago de Atitlan.

Le famiglie che sono riuscite a fuggire in tempo hanno trovato rifugio in ricoveri provvisori a Santiago de Atitlan. In alcune chiese e scuole fino a 500 persone dormono sul pavimento mentre, all’esterno, la città ricomincia a vivere: i negozi di artigianato hanno aperto e il mercato è pieno di verdure. Tuttavia, per molte famiglie che hanno perso tutto, i rifugi provvisori potrebbero divenire una situazione permanente.

“In un primo tempo, la coabitazione può essere un fatto positivo perché significa sicurezza e compagnia, ma se continua per sempre diventa un problema e comporta conflitti causati dalla forzata coabitazione con sconosciuti”, dice Zohra Abaakouk.

Ernesto e sua moglie, i loro 6 bambini e due nipotini sono stati fortunati poiché la frana è passata a pochi metri dalla loro casa. Le due nipoti di Ernesto sono morte, ma lui è convinto che sia la volontà di Dio che lo ha salvato e spiega, in lingua Tz’utujil, che preferisce stare nel rifugio temporaneo piuttosto che tornare a casa. La voce, per fondata o meno che sia, per cui la pioggia potrebbe ricominciare a cadere e provocare una nuova tragedia impedisce a molte persone di dormire due settimane dopo l’uragano che ha avuto un effetto più devastante sul Guatemala di quanto non abbia avuto l’uragano Mitch nel 1998.

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