I bambini feriti di Mosul: un anno di cure post-operatorie a Mosul Est

I bambini feriti di Mosul: un anno di cure post-operatorie a Mosul Est

Nel primo anno di attività al centro post-operatorio di Mosul Est abbiamo curato 320 pazienti. 52 erano bambini. Molti di loro sono stati gravemente feriti durante il conflitto e hanno lesioni complesse che richiedono lunghi percorsi di guarigione. In un sistema sanitario devastato dalla guerra, la struttura è per molti pazienti l’unica possibilità di accedere a cure specialistiche gratuite.

Abdallah e Salin

I violenti combattimenti scoppiati nel 2016-2017 hanno duramente colpito la popolazione della città. Oggi, dopo quasi due anni dalla battaglia di Mosul, le conseguenze del conflitto sono ancora evidenti, molti quartieri giacciono tra le macerie e migliaia di persone faticano ad accedere ai servizi di base. Il nostro ospedale cura sia feriti di guerra che persone con ferite accidentali.

A Mosul, l’offensiva militare ha avuto un costo enorme sul sistema sanitario locale. Molti pazienti con ferite di guerra necessitano di un percorso di cura esteso nel tempo, con ripetuti interventi e follow-up periodici. Siamo qui per garantire che le persone possano ricevere assistenza medica e cure anche in un contesto così difficile Marco Doneda Capoprogetto di MSF a Mosul

Forniamo cure ortopediche, chirurgia, riabilitazione e assistenza psicologica ed è anche l’unica struttura nel paese a garantire terapie specifiche per pazienti affetti da resistenza agli antibiotici. Più di un terzo dei pazienti ha una forma di resistenza agli antibiotici che complica il loro percorso di guarigione. Un anno dopo la sua apertura, il centro MSF di Mosul Est si è dimostrato cruciale per questi pazienti.

“Molti pazienti sono stati portati da un ospedale all’altro prima di arrivare al centro di MSF, ma le loro condizioni non miglioravano. Oggi siamo una delle poche strutture in Iraq ad essere in grado di identificare e fornire cure adeguate ai pazienti con resistenza agli antibiotici. La battaglia di Mosul è finita quasi due anni fa, ma i bisogni restano. È importante per noi essere qui. Queste persone non devono essere dimenticate. Itta Helland-Hansen Coordinatore di MSF nell’ospedale.

Ahed, Ali, Abdallah, Salim, Saif: “i bambini feriti di Mosul”

Ahed è una delle tante bambine curate nel nostro centro a Mosul Est. In un reparto del centro, Ahed dorme profondamente. Ha appena subito un’operazione chirurgica, la ventisettesima in meno di 2 anni. Sua zia Rana le accarezza la testa con la mano. “Spero solo che le sue ferite guariscano”, sospira, “così non dovrà pensare sempre a quello che è successo alla sua famiglia”.

Il 19 giugno 2017, la battaglia di Mosul è entrata nella sua fase più violenta, mentre l’esercito iracheno tentava di riprendere gli ultimi quartieri della Città Vecchia sotto il controllo del gruppo dello Stato islamico. “La famiglia di Ahed viveva qui”, spiega Rana. “Hanno tentato di fuggire, ma i combattenti dello Stato islamico li hanno riportati indietro, hanno circondato la casa di esplosivi e hanno utilizzato il tetto come base strategica. Poco dopo, due attacchi aerei hanno colpito il quartiere. Sono morte 70 famiglie in pochi minuti. Ahed, due delle sue sorelle e un vicino sono gli unici sopravvissuti.” Lei è sopravvissuta, ma il suo corpo è stato crivellato di schegge di proiettili. Ventidue mesi dopo, non è ancora guarita completamente.

A pochi letti di distanza c’è Ali, un ragazzino di 14 anni. È sveglio, sdraiato sul letto. Ha una struttura di metallo intorno a una gamba, ma non sembra infastidito. È concentrato a giocare col cellulare. Senza alzare lo sguardo dal display, spiega l’obiettivo del videogioco ai medici che si sono fermati al suo letto durante il giro di visite. Nel gioco Ali è paracadutato in un’isola e deve cercare armi e equipaggiamento per uccidere gli altri, cercando di non esserne ucciso.

“Quando ero a casa, i miei fratelli maggiori giocavano a questo gioco, ma a me non era permesso. Mia madre me lo aveva vietato, diceva che era troppo violento per me, che ero troppo piccolo, e andavo ancora a scuola. Ma da quando sono qui è un po’ più flessibile, perché sa che mi annoio facilmente.” Ali è arrivato al centro due settimane fa, dopo una caduta dalla sua bicicletta che gli ha gravemente ferito la gamba. Non tutti i pazienti sono feriti di guerra, MSF cura anche persone ferite in incidenti quotidiani. Ali dovrà fare ancora qualche settimana di fisioterapia prima di tornare a camminare, ma i dottori sono ottimisti. Per altri, il recupero richiederà più tempo.

Abdallah, 12 anni, siede all’esterno del reparto. Ha appena finito la sessione di riabilitazione e tenta di nascondere quanto si sente esausto. Ha una gamba sola, ma non può ancora portare una protesi. Nell’estate 2018, è stato ferito da un’esplosione probabilmente causata da una mina. Era con suo fratello, morto all’istante per l’esplosione. “I dottori hanno tentato di salvare la mia gamba, ma non è stato possibile. Sono rimasto in ospedale per un mese dopo l’incidente. Poi sono tornato a casa, senza gamba e senza mio fratello.” Da allora, Abdallah è stato in diversi ospedali per curare le ferite. Quasi un anno dopo, non è ancora guarito completamente. Quando è stato ammesso al centro post-operatorio di MSF poche settimane fa, i dottori hanno scoperto che Abdallah è antibiotico-resistente. “È per questo che la guarigione sta richiedendo così tanto tempo” sospira.

Il vicino di Abdallah, in ospedale, è Salim, un ragazzino più o meno della stessa età. Anche Salim è resistente agli antibiotici e deve restare in stanza di isolamento per evitare la diffusione di infezioni antibiotico-resistenti. Nel dicembre 2018, Salim è stato investito da un camion mentre andava a scuola. “Sono stato portato subito all’ospedale più vicino. All’inizio i dottori hanno detto a mio padre e a me che probabilmente avrei perso le gambe. Ero spaventatissimo. Ma dopo, un altro dottore è venuto a dirmi che avrebbe fatto tutto il possibile per salvarle. Ho subito quattro interventi. E poi ancora altre 8 operazioni da gennaio, quando sono arrivato all’ospedale di MSF.” Da allora, Salim passa la maggior parte del suo tempo nella sua stanza, leggendo i suoi libri di scuola e giocando a domino con lo psicologo della struttura. “Ho fatto amicizia anche con alcuni ragazzi che sono qui in ospedale, ma non possiamo passare troppo tempo insieme o stare troppo vicini, perché molti di noi portano batteri e dobbiamo indossare questo camice per protezione”.

Tra gli amici di Salim c’è Saif, uno dei pazienti più giovani della struttura. È qui da un mese. La sua famiglia è rimasta sfollata a causa del conflitto e ora vive in un campo non lontano da Mosul. “La vita nel campo non era facile, ma ero comunque felice perché continuavo ad andare a scuola. Un giorno, un ragazzo a scuola mi ha lanciato addosso una grossa pietra, che mi ha rotto una gamba” spiega. Saif è stato in diversi ospedali prima di arrivare al centro MSF a Mosul Est. Qui i medici hanno scoperto che anche lui ha una forma di antibiotico resistenza. “I dottori mi hanno spiegato che la guarigione era così lenta perché dei batteri non permettevano alla mia gamba di tornare alla normalità. Questi batteri possono essere trasmessi anche alle altre persone, per questo mi hanno messo in una stanza di isolamento.” I team medici e di promozione della salute di MSF visitano Saif e gli altri pazienti antibiotico resistenti ogni giorno, per affrontare con costanza le loro condizioni di trattamento.

La forza di Anas

Anas è stato uno dei nostri primi pazienti. Dopo un lungo anno di cure e otto interventi è tornato finalmente a casa. La forza di Anas, e di tutti i pazienti della nostro clinica, è stata di grande ispirazione per il nostro staff che si è occupato di lui.

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