Il dramma degli immigrati a Malta

Passeggiando per la zona di Hal far, si incontrano soltanto immigrati. Tanti container, tanta polvere, una distesa di tende. C’è il centro di detenzione. Molti immigrati appena usciti dalla detenzione hanno trovato alloggio nel centro aperto a qualche centinaia di metri, attraversando la strada. Il rumore degli aerei che decollano di continuo dal vicino aeroporto è assordante. Non ci sono servizi ad Hal far, eccetto la clinica di Medici Senza Frontiere.
Per arrivare con l’autobus puntuali ad un eventuale appuntamento a Valletta, gli abitanti dei quattro «centri aperti» di Hal far (luoghi dove risiedono gli immigrati una volta usciti dai centri chiusi dove vengono trasferiti tutti coloro che sbracano a Malta illegalmente), devono partire un paio di ore prima. Lavorando in questa area isolata siamo gli interlocutori privilegiati di tantissime storie; storie che altrimenti in questo spazio vuoto rimarrebbero inascoltate. Lavorando nei centri aperti, e nella nostra clinica di Hal far, abbiamo avuto modo di sentire le storie di persone scappate dal loro paese per via della guerra, che pur di trovare rifugio sono passate attraverso i pericoli del deserto e del mar Mediterraneo, della polizia libica e della detenzione.

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