Il Senato abroga il principio di non segnalazione

Le conseguenze della soppressione del comma 5 dell’art. 35 del Testo Unico sull’Immigrazione, approvata il 5 febbraio scorso dall’Assemblea del Senato nell’ambito delle votazioni sul DDL 733 e che ora dovrà passare al vaglio della Camera. Il comma prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.

 

Quali sono le ragioni per cui Medici Senza Frontiere si è schierata contro l’abrogazione di questo comma?
L’attuale Testo Unico sull’Immigrazione (Decreto Legislativo 286 del 1998) prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità”. Il rischio di essere segnalato creerebbe nell’immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza, in grado di ostacolarne l’accesso alle strutture sanitarie. Inoltre si metterebbe a rischio uno dei principi fondamentali su cui si basa la gestione di un sistema sanitario che è la sorveglianza epidemiologica volta a prevenire e controllare l’insorgenza e la diffusione delle patologie. In Italia la sorveglianza epidemiologica ha permesso di tenere sotto controllo, e in alcuni casi di ridurre, l’incidenza di alcune malattie. L’abrogazione del divieto di segnalazione rischia di spingere verso una marginalizzazione sanitaria una fetta non indifferente della popolazione e potrebbe influenzare in maniera negativa il sistema di controllo delle patologie, riducendo così l’efficacia della sorveglianza epidemiologica.

Quali sono le patologie che avete riscontrato negli ambulatori dedicati ai migranti e che quindi sfuggirebbero alla sorveglianza epidemiologica?
I dati che abbiamo raccolto dopo 10 anni di assistenza medica ai migranti in Italia ci dicono che le patologie più frequenti in questi pazienti sono strettamente connesse alle condizioni di vita e di lavoro precarie, in alcuni casi proibitive, in cui versano gli irregolari. Non si tratta dunque solo di malattie infettive, ma sopratutto della sfera materno infantile (assistenza a donne in età fertile, prevenzione di gravidanze indesiderate, controllo delle nascite, difficoltà di accesso ai programmi di vaccinazione di base per i minori figli di irregolari), patologie croniche e malattie cardiovascolari. Se questa norma dovesse essere approvata una larga fetta della popolazione sarebbe estromessa dal sistema di sorveglianza con conseguenze pericolose anche in termini di salute pubblica.

 

Quali potrebbero essere in termini di costi le ricadute di questa norma sul Sistema Sanitario Nazionale (SSN)?
Il mancato trattamento tempestivo di patologie sia acute che croniche potrebbe aggravare lo stato di salute della popolazione in oggetto con ulteriore carico sul SSN, mentre un’allerta precoce ridurrebbe sicuramente gli accessi ad un secondo livello del SSN. Per esempio, oggi un irregolare che si presenta in un ambulatorio STP (straniero temporaneamente presente) con sintomi influenzali, da protocollo viene curato con farmaci antipiretici o antinfiammatori con probabile risoluzione del disturbo ed esclusione di complicazioni. Con l’abolizione del principio di non segnalazione e il probabile clima di paura e diffidenza che tale abolizione creerebbe tra gli immigrati, il paziente potrebbe scegliere di non recarsi subito in un STP , ma solamente in seguito a complicanze, non inconsuete in questi casi, sarebbe costretto dopo l’acutizzarsi della malattia, o a rivolgersi a canali sanitari per così dire “paralleli”, o a giungere ad un secondo livello sanitario con ricovero. Questo meccanismo avrebbe ricadute in termini di costi e di impiego di risorse umane sul SSN.

Come si comporteranno gli operatori sanitari qualora questa norma fosse approvata?
Nonostante l’abrogazione del divieto di segnalazione non sia ancora entrata in vigore, alcuni medici che lavorano negli ambulatori STP hanno manifestato ai nostri medici la loro esitazione nel riferire i pazienti (immigrati irregolari) a servizi sanitari di secondo livello nel timore che questi vengano lì denunciati.
La posizione di MSF è chiara, all’interno dei nostri ambulatori non si effettuerà nessun tipo di denuncia o delazione ma il nostro lavoro negli STP è svolto in stretta collaborazione con le ASL locali. Tuttavia continuiamo a ricevere manifestazioni di solidarietà dagli operatori sanitari di tutt’Italia.
A livello nazionale abbiamo ricevuto risposte positive da parte degli ordini professionali sanitari che in maniera massiccia si sono espressi contro questa norma.
Come organizzazione medico umanitaria continueremo a garantire le cure a tutti indipendentemente dallo status giuridico e faremo di tutto per abbattere le barriere che si frappongono verso l’accesso alle cure per tutti coloro che sono presenti sul territorio nazionale.

Avete lanciato un appello pubblico contro questa norma, a cui hanno risposto molti rappresentanti della società civile, giuristi, ordini professionali e organizzazioni di diverso orientamento politico, come mai tanta mobilitazione per un singolo emendamento?
In linea di principio questa norma ostacola un diritto fondamentale che è quello alla salute sancito nell’articolo 32 della Costituzione, e questa è una ragione.
Un’altra preoccupazione è generata dalla percezione che una norma politica, che ignora aspetti prettamente sanitari, vada ad intaccare un equilibrio etico e professionale che è alla base del nostro SSN.
In altre parole si sta sancendo la caduta del principio del segreto professionale per il personale sanitario volto a tutelare il paziente come essere umano indipendentemente da ogni altra considerazione.

 


 

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