Il Sudafrica chiude un campo per i rifugiati dello Zimbabwe

Roma/Johannesburg – Medici Senza Frontiere (MSF) ha criticato la decisione da parte delle autorità del Sud-Africa di chiudere lo “Showground”, un grande campo aperto nella città di Musina, vicino al confine con lo Zimbabwe, dove 3-4mila rifugiati dello Zimbabwe fanno la fila per chiedere asilo e cercano rifugio ogni notte. La chiusura del campo mostra un evidente disinteresse per i bisogni umanitari e per la protezione dei rifugiati in Sudafrica e avrà conseguenze estremamente negative, dal momento che non c’è alcuna garanzia per l’accesso all’assistenza medica, al cibo e ai rifugi.

Ogni giorno i rifugiati dello Zimbabwe attraversano il fiume Limpopo in Sudafrica, mettendo a rischio le loro vite per fuggire da instabilità politica, crisi economica, insicurezza alimentare, collasso del sistema sanitario. Dallo scorso luglio, decine di migliaia di rifugiati dello Zimbabwe hanno chiesto asilo al Dipartimento di Affari Interni del Sudafrica, ma solo solo per una parte di loro è stata accolta la domanda di asilo. Ogni mese MSF, attraverso le cliniche mobili, garantisce circa 2000 visite mediche ai rifugiati dello Zimbabwe che stanno nel campo aperto.

Nonostante il massiccio flusso di rifugiati dallo Zimbabwe, il Dipartimento di Affari Interni del Sudafrica ha ordinato la chiusura del suo ufficio e anche di lasciare l’area del campo aperto. Nonostante esso non presenti gli standard minimi di accoglienza, è l’unico luogo a Masina in cui i rifugiati dello Zimbabwe, in attesa di documenti, sono al sicuro da arresti o deportazioni.

Questa improvvisa chiusura del campo avviene due settimane dopo che MSF ha realizzato un rapporto sull’attuale crisi umanitaria e sanitaria dello Zimbabwe e ha chiesto alle autorità del Sudafrica di fermare le deportazioni e fornire un’adeguata assistenza umanitaria ai cittadini dello Zimbabwe che fuggono attraverso la frontiera.

“Questa decisione, mal concepita, delle autorità sud-africane mette i rifugiati dello Zimbabwe in una situazione rischiosa, soprattutto se si considera che molti hanno serie malattie come l’HIV-AIDS e la tubercolosi, che non possono essere curate come si dovrebbe dal sistema sanitario dello Zimbabwe ormai al collasso”, ha detto Rachel Cohen, capo-missione di MSF in Sud-Africa.

“I pazienti nelle nostre cliniche mobili al campo ci hanno informato che molte persone hanno lasciato Musina, temendo di essere arrestate o deportate”, ha precisato Cohen. “Le nostre èquipes mediche sanno per esperienza che la minaccia di deportazione porta i rifugiati dello Zimbabwe a nascondersi: hanno troppa paura per andare a cercare l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno”.

Martedì 3 marzo, le autorità sud-africane hanno cominciato a dividere i rifugiati dello Zimbabwe che stavano nel campo in diversi gruppi, a seconda dello status legale, il sesso, l’età. Le madri con i bambini, le donne incinta, i bambini non accompagnati sono stati spostati dall’area speciale creata per loro all’interno del campo aperto.

“Le persone senza documenti per la richiesta d’asilo sono stati divisi in due gruppi, i loro nomi registrati e le famiglie separate durante questa operazione. Il Dipartimento per gli Affari interni ha ordinato che tutti i rifugi temporanei dovevano essere demoliti. Questa gente non avrà un posto in cui passare la notte”, ha detto Sara Hjalmarsson, coordinatrice di MSF a Musina. Inoltre non c’è alcuna informazione su come i rifugiati appena arrivati dallo Zimbabwe potranno chiedere asilo. Queste persone, già vulnerabili, sono doppiamente vittime, perché per loro non c’è alcuna certezza.

A coloro che avevano già ricevuto i documenti per l’asilo, ma che sono rimasti al campo perché non avevano altro posto in cui andare, è stato detto di andarsene. E’ probabile che molti di loro si spostino verso la Chiesa Metodista centrale di Johannesburg, dove ci sono 5mila rifugiati dello Zimbabwe che cercano protezione e dove MSF garantisce assistenza medica per 2000 pazienti ogni mese.

“Siamo sconcertati per questa improvvisa decisione, visto che abbiamo preso parte a numerose discussioni con le autorità sudafricane, le agenzie dell’ONU e le ONG a Musina per trovare una soluzione accettabile per i rifugiati dello Zimbabwe che si trovano a Musina”, ha detto Rachel Cohen. “Ancora una volta, MSF chiede al Governo del Sudafrica di bloccare le deportazioni e fornire adeguata assistenza umanitaria ai rifugiati”.

MSF lavora dal 2007 con i rifugiati dello Zimbabwe che cercano asilo in Sudafrica, sia a Musina che a Johannesburg. A metà del 2008 MSF ha risposto ai bisogni dei rifugiati di diverse nazionalità vittime della violenza xenofoba, e alla fine del 2008 ha fornito aiuto medico, acqua e ha realizzato interventi igienico-sanitari per rispondere all’epidemia di colera sia a Musina e Johannesburg.

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