Intervista a Cècile Barbou coordinatore medico di Medici Senza Frontiere.

A più di una settimana dall’inizio dei bombardamenti e dalle successive incursioni terrestri dell’esercito israeliano, i servizi d’urgenza degli ospedali della striscia di Gaza sono allo stremo. Secondo le cifre fornite dal Ministero della Sanità, il 20-25% dei morti e il 35-40% dei feriti in seguito alla prima fase dei bombardamenti sarebbe costituito da donne e bambini. La percentuale sale al 50% dopo l’inizio delle incursioni terrestri.

INTERVISTA A CECILE BARBOU, COORDINATORE MEDICO DI MEDICI SENZA FRONTIERE. I rischi per la propria sicurezza impediscono ai malati di recarsi nelle strutture ospedaliere per ricevere le cure post-operatorie. La popolazione è confinata nelle proprie abitazioni e Medici Senza Frontiere (MSF) tenta di adattare le proprie attività di conseguenza, contando sulla collaborazione del personale sanitario locale – medici, infermieri e fisioterapisti – che distribuisce medicinali e materiale sanitario ai pazienti bisognosi di cure che vivono nei loro stessi quartieri.
 

I pazienti affluiscono in ospedale in maniera abbastanza regolare. Nelle 24 ore che hanno seguito la prima incursione terrestre israeliana, l’ospedale di Shifa, il maggiore di Gaza city, ha ricevuto 150 feriti. Ci sono feriti per colpi d’arma da fuoco, persone colpite dalle schegge provocate dalle esplosioni e altre che restano sepolte sotto le macerie.
 

Il numero di posti letto disponibili è sufficiente a coprire le esigenze del momento. Costituisce invece un grosso problema il numero ridotto di posti letto all’interno delle unità di rianimazione, soprattutto per i casi che necessitano di un respiratore. Restano ancora alte le difficoltà per i pazienti, soprattutto nei casi più gravi, nell’accesso alle strutture sanitarie.
 

Dall’inizio delle incursioni, le ambulanze vengono chiamate da ogni parte della città ma raggiungere alcune zone è estremamente difficile. Sembra che alcuni feriti siano ancora per strada.
 

MSF ha deciso di riaprire le proprie cliniche post-operatorie e pediatriche per alleviare il lavoro degli ospedali locali. Vista però l’estrema difficoltà di movimento per i pazienti e per il personale sanitario, si è deciso di cambiare strategia e di fornire un kit sanitario a ciascuno dei nostri collaboratori locali da distribuire ai pazienti residenti nei loro quartieri oltre alla prestazione di visite a domicilio.

Circa venti dei nostri operatori locali hanno già visitato 4 o 5 pazienti ciascuno il giorno della distribuzione dei kit, per un totale di circa 100 malati assistiti.
 

Anche il nostro staff locale è stato colpito dai bombardamenti. Un nostro operatore è uscito indenne dai bombardamenti che hanno colpito la sua casa. Un altro ci ha chiamato nel cuore della notte per dirci che la metà della sua famiglia era stata appena uccisa sotto i suoi occhi e lui era stato costretto ad uscire da casa sua con una bandiera bianca e ad evacuare rapidamente.
 

Ci sono talmente tanti feriti che non sappiamo dove sistemarli. La situazione è veramente drammatica. La maggior parte della popolazione è senz’acqua e senza elettricità da diversi giorni e le file davanti ai forni per prendere il pane si allungano di giorno in giorno. Tutti cercano di fuggire, soprattutto dopo le incursioni terrestri.
 

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