Iraq: un approccio non convenzionale per soccorrere la popolazione.

Riportiamo l’intervista a Erwin Van Der Borght – Capomissione in Iraq

Recentemente MSF ha deciso di ridefinire il proprio approccio in merito al conflitto iracheno. Ci può dire qual è a grandi linee la strategia di MSF per assistere le popolazioni colpite dalla guerra?

Nel novembre del 2004, MSF decise di ritirarsi dall’Iraq perché all’epoca le condizioni di sicurezza erano molto precarie per le organizzazioni umanitarie e non consentivano il proseguimento dei progetti in corso né di mantenere nel paese lo staff di MSF.Tuttavia, con l’escalation delle violenze e il deteriorarsi della situazione umanitaria, MSF nel 2006 ha cominciato a prendere in considerazione nuove modalità non convenzionali per portare assistenza medica (di emergenza) alla popolazione irachena, senza tuttavia mettere a repentaglio la sicurezza del proprio staff e quella dei colleghi iracheni. L’azione di MSF è incentrata sull’assistenza medica e chirurgica ai feriti di guerra e viene messa in atto sia trasferendo i pazienti in zone più sicure all’interno dell’Iraq o nei paesi confinanti, dove possono essere curati o operati, sia con un’azione di supporto alle strutture ospedaliere irachene che forniscono assistenza medica d’emergenza alle vittime del conflitto, azione che prevede anche il rifornimento di scorte di medicinali. Secondo le stime dell’UNAMI*, nel 2006 in Iraq sono stati uccisi 34.450 civili e 36.680 persone sono rimaste ferite in seguito a episodi di violenza**. Un rapporto del Ministero della Sanità (MOH) indica che tra la metà del 2004 e la metà del 2006 vi sono stati 2.9 feriti per ogni decesso***.

Si stima che alla fine del 2006 gli sfollati, dopo il bombardamento della moschea di Samarra (nel febbraio del 2006) fossero 640.000. Solo una piccola percentuale (circa il 3%) vive in campi per IDP (Internally Displaced People) mentre la maggior parte necessita di alloggi adeguati, cibo, generi non alimentari, lavoro e di un’assistenza sanitaria appropriata. Inoltre, nel corso degli ultimi anni, circa 2 milioni di iracheni hanno abbandonato il paese rifugiandosi principalmente in Giordania e Siria. Circa 14.000 famiglie sono fuggite in Kurdistan nel corso del 2006.

Si parla molto della guerra dal punto di vista militare ma non altrettanto dal punto di vista della crisi umanitaria. Sotto il profilo umanitario cos’è che rende questa crisi particolarmente impegnativa? Gli attori umanitari che fanno assistenza medica come MSF possono lavorare in totale indipendenza e imparzialità o questa è solo un’illusione?

Fino a pochi mesi fa la crisi umanitaria in Iraq è passata perlopiù sotto silenzio, e questo in parte è dovuto all’approccio allo sviluppo adottato fino a poco tempo fa in Iraq dai governi donatori e dalle agenzie ONU, sebbene vaste aree del paese fossero interessate da un aspro conflitto. Ma l’ostacolo principale è rappresentato dalle condizioni di insicurezza che impediscono alle organizzazioni umanitarie di accedere a vaste zone dell’Iraq e quindi è estremamente difficile effettuare adeguate valutazioni dei bisogni umanitari e ancora più difficile è affrontare i bisogni umanitari che vengono individuati. L’accettazione dell’organizzazione e del suo lavoro è il principio fondamentale adottato da MSF nella sua politica di riduzione dei rischi in gran parte dei paesi nei quali è presente. Ma nel corso degli ultimi anni è stato ampiamente dimostrato che il concetto di assistenza umanitaria imparziale, neutrale e indipendente non viene più riconosciuto né rispettato da una serie di gruppi armati coinvolti nel conflitto in Iraq. Ne consegue che MSF può operare soltanto nelle zone limitrofe alle aree colpite dal conflitto.

Il caos imperante e gli alti livelli di insicurezza in Iraq creano un clima nel quale anche i medici sono vittime del conflitto e ciò mette sotto forte pressione le infrastrutture mediche. Qual è il ruolo potenziale di MSF nell’allentare in parte questa pressione?

Molti medici e anche il personale paramedico hanno abbandonato il paese a causa del clima generale di insicurezza o perché il personale medico è stato preso di mira in modo particolare, per ragioni politiche o criminali. Le strutture ospedaliere devono spesso far fronte a carenze di farmaci essenziali e di base perché il sistema nazionale di distribuzione è praticamente crollato per vari motivi: mancanza di sicurezza, accuse di corruzione, politicizzazione dell’assistenza sanitaria e un Ministero della Sanità inefficiente. MSF fornisce forniture sanitarie di emergenza a varie strutture ospedaliere che accolgono un numero molto alto di feriti di guerra. Tenendoci sempre in contatto con i responsabili ospedalieri e con lo staff medico vogliamo anche esprimere la nostra solidarietà allo staff medico iracheno che sta continuando a lavorare in condizioni difficilissime.

Inoltre MSF lavorerà in due ospedali d’emergenza nell’area più sicura dell’Iraq, dove sarà presente anche staff internazionale di MSF, per facilitare l’accesso dei feriti di guerra nelle strutture ospedaliere, rafforzando il sistema di trasferimento, fornendo scorte di medicinali e training nonché sviluppando piani per essere preparati all’emergenza. In Iraq i pazienti percorrono grandi distanze alla ricerca di cure mediche perché non si sentono sicuri nella loro zona di origine e/o perché le strutture ospedaliere non sono più funzionanti.

Come descriverebbe il valore aggiunto di un intervento di MSF? I risultati valgono il rischio corso dai team, in particolare da quello dello staff medico iracheno?

Per il momento i rischi per il nostro staff sono limitati perché il nostro approccio prevede di restare, in generale, al confine delle aree interessate dalle violenze. Naturalmente cerchiamo di fare il possibile prendendo le necessarie precauzioni per ridurre i rischi per i nostri contatti e per i colleghi iracheni che affrontano tutti i giorni gravi rischi per il lavoro che fanno e per il contesto in cui vivono.

Avere contatti con una organizzazione internazionale come MSF può avere delle conseguenze e aumentare ulteriormente i rischi per la sicurezza. Ma fintanto che nelle strutture ospedaliere è presente uno staff medico coraggioso e dedicato che fornisce una assistenza medica e chirurgica che salva vite umane, MSF può certamente essere d’aiuto garantendo che lo staff abbia le scorte di medicinali necessarie per poter lavorare in condizioni accettabili.

 

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* UN Assistance Mission for Iraq.

**Rapporto sui diritti umani dell’UNAMI (novembre-dicembre ’06) (ciò implicherebbe una percentuale altissima di decessi a fronte del numero di feriti). Nell’ottobre del 2006 alcuni ricercatori hanno pubblicato i risultati di uno studio sulla mortalità retrospettiva che evidenziano che il tasso di mortalità è passato dal 5.5/1.000 (95% intervallo di confidenza 4.3 – 7.1) del periodo precedente all’invasione USA, al 13.3/1.000/annuo (95% intervallo di confidenza 10.9 – 16.1) del periodo successivo all’invasione. Un’estrapolazione del dato relativo all’aumentato tasso di mortalità in tutto l’Iraq indica, secondo i ricercatori, che sono morti circa 651.000 iracheni in più rispetto alla mortalità precedente all’invasione USA e circa 601.000 decessi di questa mortalità in eccesso sono stati causati da atti di violenza.

***Informazioni disponibili sul <a href=”http://www.iraqbodyc

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