Lampedusa ennesima tragedia in mare dopo la fuga dalla guerra in Libia

Lampedusa – Per quasi sei giorni e sei notti dispersi in alto mare senza cibo né acqua, mentre assistevano impotenti alla morte di alcuni compagni di viaggio a causa degli stenti. È la tragica esperienza raccontata da alcuni dei circa 370 migranti, prevalentemente di origine sub-sahariana, dispersi da venerdì scorso, quando avevano lasciato le coste libiche diretti Lampedusa, dove sono arrivati ieri sera.

Dopo una prima visita sul molo oltre una ventina di persone, tra cui molte donne, sono state portate al Poliambulatorio dell'isola perché in serie condizioni di salute. Durante le operazioni di soccorso è stato ritrovato un cadavere.

La maggior parte di queste persone erano disidratate o in ipotermia. Tra i pazienti visitati abbiamo riscontrato anche alcuni casi di addome acuto, oltre a numerosi casi di lesione dermatologica”, spiega Marco Testa, medico dell’équipe di MSF a Lampedusa, che ha partecipato alle prime operazioni di soccorso al molo.

Mentre li visitavamo molti di loro continuavano a ripetere che non pensavano che sarebbero sopravvissuti così tanto tempo in quelle condizioni”, racconta Majdi, mediatore culturale di MSF. Alcuni migranti, in evidente stato di shock, hanno raccontato agli operatori di MSF presenti allo sbarco di aver visto morire decine di persone a causa degli stenti e delle condizioni di un viaggio che è soltanto l'ultima tragica tappa di una fuga cominciata molto tempo prima nel loro Paese d'origine e che prosegue a causa del conflitto in corso in Libia.

"Ogni imbarcazione che arriva, ogni rifugiato che muore tragicamente in mare ci ricorda che c'è un conflitto in corso dall'altra parte del mare. Queste persone stanno cercando rifugio e protezione, a tutti i costi, spesso rischiando le loro vite", dichiara Francesca Zuccaro, Capo Missione di MSF per i progetti sull’immigrazione in Italia.

MSF ricorda a tutte le parti coinvolte nel conflitto e ai paesi vicini le proprie responsabilità, nel rispetto delle leggi internazionali, di tenere aperte le frontiere e di offrire soccorso e protezione a chi fugge dalla Libia.

 

A Lampedusa, MSF è presente con un team di medici, infermieri e mediatori culturali. Contribuisce ad effettuare la prima assistenza medica dei pazienti al molo e successivamente ne segue le condizioni mediche all'interno dei centri dell'isola. Tra febbraio e luglio, MSF ha assistito quasi 19mila persone fuggite dalla Libia.

Le attività di MSF a Lampedusa sono finanziate da donatori privati e l’organizzazione non riceve fondi istituzionali da parte del Governo italiano.

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