Lampedusa MSF costretta a sospendere le attività nell isola

MSF è stata la prima organizzazione umanitaria indipendente ad intervenire a Lampedusa nell’agosto nel 2002, laddove in un momento di particolare afflusso di migranti sull’isola, ha individuato la necessità di allestire un posto medico avanzato per il numero ingente di migranti che sbarcavano sull’isola in condizioni di salute precarie dovute alle proibitive condizioni di viaggio. MSF lavorava a Lampedusa sulla base di un Protocollo d’Intesa siglato con la Prefettura:nel corso degli ultimi anni MSF ha richiesto alla Regione Sicilia che la ASL di Palermo sostituisse la sua azione di soccorso. Questo non è avvenuto, la Prefettura non ha rinnovato il protocollo e MSF ha sospeso le proprie attività mediche sull’isola.

 

In cosa consisteva esattamente l’attività di MSF a Lampedusa?

MSF era presente sull’isola con un’equipe formata da medici, infermieri e mediatori culturali esperti di primo soccorso. Il team veniva allertato dalle autorità che svolgono pattugliamento e soccorso in mare, ed era pronto ad intervenire 24 ore su 24 per tutto l’anno sul molo con un posto medico avanzato. A volte però le imbarcazioni non vengono intercettate dai soccorritori e arrivano in qualunque punto dell’isola. In questo caso MSF raggiungeva i migranti in auto o in ambulanza per prestare i primi soccorsi.

MSF era responsabile del posto medico avanzato sul molo di Lampedusa, cosa vuol dire esattamente?

Un posto medico avanzato è un punto di primo soccorso dove operano medici e infermieri per il trattamento sanitario dei pazienti. Di solito viene localizzato ai margini dell’area di sicurezza che nel caso di Lampedusa è il molo. Può essere costituito da una tenda o da una clinica mobile, dove vengono accettati i feriti ed eseguite le prime valutazione cliniche. I pazienti vengono quindi stabilizzati per poi consentirne il trasporto verso il centro o nei casi più gravi verso il poliambulatorio. I migranti ricevono le prime cure e un codice di gravità che viene utilizzato dai medici del centro. Queste operazioni consentono di individuare coloro che necessitano di cure specifiche. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di persone che hanno effettuato giorni e giorni in mare in piccole imbarcazioni nella stessa posizione, in condizioni assolutamente precarie. Le patologie che infatti presentano sono generalmente legate alle difficili condizioni di viaggio: ustioni, disidratazioni, patologie osteo-muscolari e nei casi più estremi, soprattutto nel periodo invernale, shock ipotermici

 

Come è organizzato un posto medico avanzato?

Un posto medico avanzato è di solito diviso in un’area per la valutazione dei pazienti, una per la gestione delle urgenze assolute e una per la gestione delle urgenze relative.
Nel caso di Lampedusa i migranti sbarcati venivano valutati dal nostro personale e quindi indirizzati nell’area di destinazione. I casi più gravi venivano stabilizzati in una clinica mobile. A tutti i visitati veniva dato un codice. Questo consentiva la divisione delle vittime in classi di gravità in base alle lesioni riportate ed alle priorità di trattamento, quello che in gergo si chiama triage. Queste operazioni consentono poi agli altri medici del centro o del poliambulatorio, che prendevano in consegna i feriti, di avere un quadro clinico più chiaro che permette di intervenire in maniera tempestiva e precisa.

Nel caso di Lampedusa a volte si parla di maxiemergenza sanitaria, perché?

Secondo la definizione della Protezione Civile una maxiemergenza è un fatto improvviso che determina una richiesta sanitaria sproporzionata rispetto alle risorse dispiegabili sul campo. La sproporzione può avere estensione territoriale variabile e coinvolge direttamente anche le strutture sanitarie aggravando la discrepanza tra le risorse disponibili e il numero dei feriti. Lampedusa presenta tutte le caratteristiche di un’emergenza per l’asimmetria dell’offerta sanitaria rispetto al numero dei pazienti. Basti pensare ad uno dei tanti sbarchi con centinaia di migranti stipati nei barconi incluse donne e bambini.

 

A chi spetterebbe gestire questa situazione?

Secondo l’articolo 2 della legge 224 del 24 febbraio 92, le cosiddette maxiemergenze dovrebbero essere gestite dalle ASL competenti attraverso il 118. Il punto sul quale insistiamo è che i medici e gli infermieri che svolgono questa attività devono avere competenze simili a quelle del 118 o essere esperti di situazioni emergenziali. I nostri medici e i nostri infermieri sull’isola venivano reclutati in base a queste caratteristiche.
Nel caso di Lampedusa la ASL competente è quella Palermo 6 con cui avevamo siglato un Protocollo d’Intesa che stabiliva limiti e competenze dell’azione di soccorso di MSF. Nel momento in cui il Protocollo non è stato rinnovato, abbiamo deciso di interrompere le nostre attività.

 

Cosa chiede MSF?

Chiediamo che la ASL si assuma le proprie responsabilità e che allestisca un posto medico avanzato sul molo. Ove questo non dovesse realizzarsi, siamo pronti ad intervenire sostituendo ancora una volta la ASL stessa.
Certo è che non resteremo a Lampedusa per sempre, per questo abbiamo annunciato lo scorso anno di voler andar via, ma solo nel momento in cui la ASL si fosse impegnata a garantire un servizio di triage sul molo.
MSF ha prestato in passato attività di soccorso agli sbarchi sul porto di Pozzallo (provincia di Ragusa) con un posto medico avanzato che successivamente è passato alla ASL territoriale.
Inoltre il passaggio di consegne tra MSF e la ASL è già avvenuto svariate volte nella stessa Sicilia dove MSF ha aperto 16 Ambulatori STP (Straniero Temporaneamente Presente) dedicati ai migranti irregolarmente presenti, oggi gestiti dalle ASL. Non riusciamo a capire perché quello che viene fatto in tutta Italia a norma di legge, non possa essere fatto anche a Lampedusa.

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