Libia le attività di MSF in ambito chirurgico a Misurata

Da quando le forze ribelli hanno riconquistato la città, le imbarcazioni hanno ripreso le forniture regolari di beni da Bengasi, capitale delle forze di opposizione, mentre i negozi hanno riaperto.

Dopo quasi tre mesi di assedio, i combattimenti sono cessati nel centro di Misurata. La linea del fronte si è spostata fuori dalla città. Nonostante la situazione sia cambiata da quando la prima équipe di Medici Senza Frontiere (MSF) è arrivata, lo scorso 18 aprile, i bombardamenti continuano nelle vicinanze, causando dozzine di vittime. Il 10 giugno, violenti scontri ad ovest della città hanno provocato 150 feriti, di cui 50 hanno riportato gravi lesioni.

Il giorno dopo l’offensiva, l’équipe chirurgica di MSF che lavora presso l’ospedale Kasr Ahmed, ha curato 33 pazienti provenienti da Dafnya, sulla linea del fronte occidentale. Altri feriti sono stati assistiti presso l’ospedale Al Hikma, la struttura traumatologica della città, e presso l’ospedale Abbad. I mesi di assedio hanno distrutto diversi edifici, inclusa la farmacia centrale che è ora un cumulo di macerie. Ciononostante, la città ha ancora strutture mediche operanti.

Ci sono bisogni medici molto specifici: il sistema di ricovero dei pazienti attraverso le ambulanze, ad esempio, è male organizzato e i feriti vengono spesso portati in ospedale in automobile, senza un’assistenza medica adeguata.

Per affrontare il problema, MSF ha iniziato a lavorare con le équipe mediche libiche nei presidi sanitari vicini alle linee del fronte per stabilizzare i feriti prima del trasferimento in ospedale. All’atto pratico, questo richiede un potenziamento delle apparecchiature mediche nei presidi sanitari, la formazione del personale su come stabilizzare i feriti e l’equipaggiamento delle ambulanze e dei presidi con radio trasmettitori.

Il 10 giugno, 26 feriti stabilizzati nel punto sanitario avanzato di Dafnya, sono stati trasferiti direttamente all’ospedale Kasr Ahmed. L’équipe di MSF li ha curati ed operati in loco, vicino a Misurata. Come in altri contesti di guerra, l’équipe di MSF ha prima organizzato dei corsi di formazione su questo tipo di chirurgia post traumatica.

“Ho provveduto alla formazione del personale locale sulla chirurgia post traumatica perché non aveva molta esperienza nel settore”, spiega David Nott, chirurgo di MSF. Durante le pause per il pranzo, attraverso informazioni approfondite e materiale video, questo chirurgo di MSF ha spiegato come gestire i pazienti e organizzare il trattamento chirurgico a circa 40 tra chirurghi, medici, infermieri, anestesisti e studenti di medicina dell’ospedale Kasr Ahmed. Le lezioni sono durate tre settimane, la durata della missione.

Oltre alla chirurgia post traumatica, MSF effettua operazioni chirurgiche di revisione e innesti di pelle a pazienti che sono stati curati durante l’assedio, in particolare nell’ospedale di Abbad. MSF gestisce anche le emergenze chirurgiche dell’ospedale Kasr Ahmed. Aumentare la capacità di questa struttura è una delle sfide maggiori perché molti dei residenti della città hanno cercato rifugio in questo quartiere, meno esposto ai combattimenti.

MSF sta affrontando numerose sfide nel portare avanti queste attività. Innanzitutto, l’unica via di rifornimento affidabile è il mare. Le strade incrociano le linee del fronte e sono dunque impraticabili. Le squadre di soccorso, insieme ai materiali medici e logistici sono perciò trasferiti attraverso navi che partono da Malta. Il viaggio dura quasi 36 ore.

C’è anche carenza di personale infermieristico. “Molti infermieri e igienisti erano di nazionalità straniera, provenienti da Filippine, Pakistan, Egitto e altri paesi”, racconta Fouad Ismael, capo missione di MSF a Misurata. “Hanno abbandonato il paese quando è iniziata la guerra”. Studenti di medicina volontari stanno operando come infermieri dopo aver ricevuto da MSF una formazione base sulle cure infermieristiche.

L’assedio di Misurata e gli incessanti bombardamenti hanno anche forgiato un forte senso di solidarietà tra la popolazione. “Un giorno dovevamo scaricare un’intera nave di merci e se ne sono occupati dei volontari”, prosegue Fouad Ismael. “Hanno trovato i container per noi e hanno lavorato molto rapidamente. Volevano tutti partecipare allo sforzo umanitario”.

 

 

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