Mauritania: gravissima epidemia di colera a Nouakchott.

Quando MSF è arrivata, 10 pazienti erano già ricoverati nel centro colera, costruito in fretta e furia a Riyad, poco a sud della capitale. Ma, essendo i rifornimenti d’acqua già infetti, in un solo giorno sono arrivati 137 nuovi pazienti. E’ più probabile che la situazione peggiori anziché migliorare.

In Mauritania, le autorità sanitarie locali e Medici Senza Frontiere (MSF) hanno già accolto, nei centri per il trattamento del colera, oltre 1000 pazienti. Anche se non tutti riportavano i sintomi della malattia, la grande maggioranza era infetta e l’alto numero di casi illustra quanto sia seria l’epidemia in corso.

La situazione è peggiorata poiché la malattia, ad alto livello di contagio batteriologico, ha attaccato i quartieri periferici e degradati della capitale, Nouakchott. Il primo centro di trattamento di colera, ora chiuso, era posizionato proprio a sud della città. Il centro attuale è situato nelle zone degradate in cui la malattia è ora più diffusa. Con molte persone in fila insieme, molta sporcizia tutt’intorno e un difficile rifornimento di acqua, il controllo dell’epidemia è estremamente complesso.

“Il primo caso di colera nell’area della capitale è stato scoperto in un ospedale di Nouakchott, ha detto Theresa de Magelhaes Vilhena, membro del team d’emergenza di MSF. “Quando siamo arrivati alla fine di luglio per un accertamento riguardo l’emergenza nutrizionale in Mauritania, abbiamo trovato 10 pazienti nel centro colera costruito in fretta a Riyad, appena a sud della capitale. Con nessuna tettoia che potesse riparare dal sole, i pazienti sgomitavano alla ricerca di un po’ d’ombra. La gente camminava avanti e indietro… la sabbia sul terreno si mescolava al vomito dei pazienti e le latrine erano piene. Era una situazione disastrosa, e le autorità sanitarie provinciali hanno accettato la nostra offerta di aiuto”

MSF ha costruito rifugi, servizi igienici, rubinetti e drenaggi e ha impiegato alcune persone dello staff per le attività di pulizia. Nei giorni successivi, la frequenza è stata di due pazienti al giorno, ma un improvviso picco di ammissione ha fatto nascere il sospetto che le fonti di acqua fossero contaminate: solo domenica 7 agosto, sono arrivati 137 nuovi pazienti. La grande maggioranza veniva dai bassifondi di El Mina, dove vivono oltre 100mila persone.

“Il rifornimento di acqua, quando si ha a che fare con una malattia che si propaga usando come vettore l’acqua, è l’aspetto più delicato di ogni intervento per arginare e ridurre la propagazione del colera”, ha detto De Magelhaes Vilhena. “L’acqua viene trasportata attraverso un sistema di tubi ai serbatoi centrali. Lì i venditori di acqua la raccolgono in recipienti per l’olio da 200 litri e poi escono con i loro asini per venderla porta a porta. L’area intorno al punto di rifornimento è umida e sporca. I tubi di gomma, che i venditori di acqua usano per tappare i recipienti, penzolano dai contenitori e vengono trascinati nel fango tutto il giorno. Quelli che non possono acquistare l’acqua dai venditori vanno direttamente ai magazzini centrali e lì la comprano a prezzi più modici e la trasportano con i propri secchi”.

Ci sono centinaia di venditori di acqua e sarebbe impossibile fare in modo che tutti, e abbastanza rapidamente, si riforniscano solo di acqua potabile. Invece, i team di educatori hanno iniziato ad andare porta a porta a El Mina, per informare le persone su come evitare infezioni e fare in modo quindi che il colera non possa propagarsi ulteriormente.

Nel frattempo, le autorità hanno aperto un secondo centro, questa volta nelle zone più degradate, che ha rapidamente raggiunto la sua massima capacità di accoglienza dei malati. MSF ha ampliato il suo team di volontari internazionali e, grazie a uno staff con maggiore esperienza, per ciò che riguarda la potabilizzazione dell’acqua e la logistica, De Magelhaes Vilhena può finalmente concentrarsi sugli aspetti medici e epidemiologici degli interventi. La conclusione cui è arrivata è che la situazione epidemiologica sta peggiorando anziché migliorare.

 

Picchi di colera dopo la pioggia.
“I picchi che si sono verificati dopo il primo, quello registrato il 7 agosto, sono da considerare in relazione con le piogge”, ha detto De Magelhaes Vilhena. “E’ molto chiaro: piove approsivativamente una volta alla settimana e due giorni dopo arrivano nuovi pazienti. Ci si aspetta che le piogge continuino per altro tempo. Inoltre, ora vediamo arrivare nuova gente anche dai quartieri vicini, in particolare da Sebhka and Arafat”.

“Sappiamo inoltre per esperienza che un tasso d’attacco (m isura la proporzione di popolazione toccata da un’epidemia fino al momento dato) dell’uno per cento, cioè il fatto che uno su un centinaio di persone nelle aree colpite diventa infetto, tende a marcare l’altezza dell’epidemia di colera. In El Mina quel tasso è ora allo 0.6 per cento. Quindi, sì, ci aspettiamo che il peggio debba ancora arrivare.”

Molte organizzazioni stanno ora lavorando insieme a MSF per combattere la malattia. Un’organizzazione locale, AMAMI, sta fornendo cibo alle famiglie delle persone colpite dalla malattia. Le organizzazioni internazionali e la Mezza Luna Rossa della Mauritania stanno organizzando campagne di sensibilizzazione per la popolazione. Gli operatori locali vengono ai centri ogni mattina per informarsi sui loghi di provenienza dei nuovi pazienti, in modo da poter andare in quei posti e disinfettare le loro case.

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