Preoccupa la situazione degli afghani in Iran.

Molti afghani che vivono in Iran da anni, alcuni addirittura da decenni, non hanno intenzione di tornare a casa. Mentre gli afghani continuano a rifugiarsi in Iran, le autorità iraniane stanno organizzando il loro rimpatrio forzato.
Intervista a Jean-Guy Vataux, Responsabile di progetto di MSF in Iran, al suo ritorno da Zahedan.

Ci può spiegare cosa sta facendo MSF a Zahedan?
Oggi l’Iran ospita sul suo territorio 900.000 rifugiati afghani regolari e oltre un milione e mezzo di afghani privi di stato giuridico, e questo dato non può essere verificato. La maggioranza dei rifugiati è arrivata in Iran nei primi anni ottanta, in fuga dalla guerra con l’URSS. Oggi gli afghani continuano ad arrivare soprattutto per ragioni economiche, come la siccità che ha colpito diverse province dell’Afghanistan. Nel 2001 abbiamo iniziato a fornire assistenza sanitaria gratuita agli immigrati afghani che non avevano accesso all’assistenza medica e abbiamo anche aiutato concretamente i nuovi arrivati a sistemarsi. Attualmente lavoriamo in 3 centri sanitari che si trovano nei quartieri poveri di Zahedan, capitale della provincia del Sistan Baluchistan. Abbiamo inoltre predisposto un sistema di trasferimento per i pazienti che necessitano di cure ospedaliere o specialistiche. Un’èquipe mobile va alla ricerca dei nuovi arrivati che necessitano di aiuti perché sono i più vulnerabili sotto il profilo medico, sociale ed economico. Si ritiene che in questa città, situata vicino al confine tra Pakistan e Afghanistan, un terzo dei 600.000 abitanti sia di origine afghana.

Come fa l’Iran ad “assorbire” questo flusso migratorio?
Da diversi anni le autorità affrontano il problema della massiccia immigrazione nel paese. Inizialmente hanno favorito il ritorno volontario al paese di origine ma successivamente hanno adottato una politica più aggressiva con l’accompagnamento al confine. Nel 2007 oltre 350.000 immigrati illegali afghani sono stati costretti a ritornare al proprio paese dove la situazione economica e le condizioni di sicurezza restano difficili. Negli ultimi 5 mesi, non meno di 150.000 persone, in prevalenza uomini, sono state rimandate in Afghanistan. Zahedan è stata dichiarata “zona proibita” agli stranieri, come anche le regioni al confine con l’Afghanistan. Le autorità iraniane proibiscono l’accesso agli stranieri in queste zone del paese appellandosi all’insicurezza, a sospette attività terroristiche e traffici di ogni genere. Per continuare a beneficiare del proprio stato giuridico, gli immigrati legali devono rinnovare il permesso di soggiorno e poi spostarsi in altre aree del paese prive di strutture in grado di provvedere ai loro bisogni. Anche se ufficialmente le autorità accordano il rinnovo, sono molto prudenti riguardo a questa operazione e non forniscono i mezzi necessari per portarla a termine. Temiamo che, per poter restare a Zahedan o in altre province proibite, molti rifugiati legali afghani cedano all’illegalità che li espone a raid e al rimpatrio forzato. Recentemente le autorità hanno annunciato una massiccia operazione di espulsione ma si sono impegnate a non applicarla nei casi di pazienti affetti da malattie croniche che sono in cura presso di noi.

Vi sono altri organismi che forniscono aiuti a queste popolazioni?
Si sarebbe portati a pensare di sì, considerando che l’Iran “assorbe” gran parte dei rifugiati afghani: 900.000 rifugiati ufficialmente riconosciuti senza contare quelli illegali che sono molto più numerosi. Tuttavia le autorità iraniane gestiscono quasi interamente da sole il flusso di immigrati. A fronte dei 20 milioni di dollari di aiuti per la ricostruzione dell’Afghanistan, promessi da agenzie internazionali di finanziamento, i rifugiati afghani ricevono ancora pochissimi aiuti. Mentre le autorità iraniane affermano di spendere 6 dollari al giorno per ogni rifugiato afghano, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati (UNHCR) spende la stessa cifra in un anno. Va anche detto che l’UNHCR è più che soddisfatta degli sforzi irrisori da parte delle ambasciate messicane, sudafricane, italiane e norvegesi che cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica organizzando concerti benefici o raccolte di indumenti! C’è un contrasto stridente: da una parte un mucchio di soldi per ricostruire un paese e dall’altra quasi niente per aiutare la popolazione di questo paese. Quanto alle autorità afghane, non fanno che disapprovare timidamente il giro di vite della politica iraniana dell’immigrazione perché sono incapaci di gestire il massiccio ritorno di rifugiati. In questo pasticcio politico ed economico, sono in pochi ad essere realmente interessati al destino degli immigrati afghani.

 

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