Repubblica Centrafricana aumenta la violenza.

 

Da metà dello scorso anno la violenza è aumentata e cresciuta drammaticamente di intensità nelle regioni settentrionali della Repubblica Centrafricana, con gravi conseguenze per i civili che si sono trovati in mezzo al fuoco incrociato di diversi gruppi armati. Più di recente, la provincia nord-orientale di Vakaga è stata anch’essa colpita da una spirale di violenza. Medici Senza Frontiere (MSF) è stata la prima organizzazione internazionale di soccorso a intervenire in questa remota regione al confine con il Ciad e con il Darfur (Sudan). Intervista col capo missione di MSF in Repubblica Centrafricana, Heinz Henghuber.

 

In che modo è evoluta la situazione alla fine del 2006?

Alla fine di ottobre, un gruppo armato di nuova costituzione ha iniziato a prendere il controllo di diverse città chiave nella provincia di Vakaga. A dicembre il governo ha annunciato di avere ripreso il controllo della zona. Il problema è che nessuno aveva alcuna informazione sulla situazione umanitaria. I tentativi da parte delle organizzazioni umanitarie di valutare i bisogni della popolazione nella regione sono stati bloccati dal governo per oltre un mese. Solo a metà dicembre MSF ha ottenuto il permesso di avere accesso alla popolazione civile.

 

Qual è l’attuale situazione umanitaria?

I civili a Vakaga sono intrappolati nel mezzo del conflitto, poiché vengono sospettati di sostenere l’una o l’altra parte. La violenza tra i gruppi armati si è tramutata in interi villaggi saccheggiati e bruciati. Abbiamo scoperto oltre 200 case bruciate. La gente teme le rappresaglie da parte dell’uno o dell’altro gruppo armato. La maggioranza della popolazione è stata obbligata ad abbandonare i propri villaggi e tra le 10mila e le 15mila persone si nascondono nei boschi, dove tentano di sopravvivere in condizioni di estrema miseria.

La maggioranza della popolazione – si stima tra le 35mila e le 55mila persone in tutta la provincia – non ha alcun accesso a nessun tipo di assistenza sanitaria. I centri di salute sono abbandonati, molti dei pochi operatori sanitari hanno abbandonato la regione, e le poche scorte mediche che in tempi normali sarebbero state spedite a Vakaga non hanno raggiunto la gran parte delle province da quando sono iniziati i combattimenti.

 

Come sta intervenendo MSF?

Come prima risposta a breve termine, un’equipe medica mobile si reca in una mezza dozzina di località nella capitale provinciale Birao e nei suoi dintorni, e sta curando fino a 100 pazienti al giorno. Il principale problema sanitario è rappresentato dalla malaria, che è particolarmente endemica dal momento che la stagione delle piogge dura fino a dieci mesi in questa regione. Ma l’equipe incontra anche casi di infezioni respiratorie acute e malattie diarroiche, sintomo delle pessime condizioni in cui le persone sono costrette a vivere. Abbiamo inoltre distribuito generi di prima necessità alle persone sfollate: coperte, dato che la notte fa abbastanza freddo, zanzariere impregnate di repellente per aiutare le persone a proteggersi dalla malaria, teli di plastica e sapone per migliorare le condizioni di vita e l’igiene di quanti vivono nei boschi.

Oltre all’assistenza a Birao e nei dintorni, stiamo attualmente estendendo le nostre attività nella zona di Gordil, a circa 200 km – 10 ore di auto – a ovest. Generi di prima necessità vengono distribuiti alla popolazione che si nasconde nei boschi di questa regione, e un’equipe mobile cura quanti necessitano di assistenza medica.

 

Vakaga è in parte controllata dal governo, in parte dai ribelli. Quali sono le implicazioni per la popolazione e per il lavoro di MSF?

Come ho detto, le persone sono intrappolate in mezzo al conflitto. Anche se non prendono le parti di nessuno possono essere sospettate di essere pro-governo o pro-ribelli. In un certo senso, MSF corre lo stesso rischio. È molto difficile persuadere tutti che non siamo né da una parte, né dall’altra, e continuare a essere percepiti come neutrali, il che costituisce il fondamento della nostra azione di accesso alla popolazione bisognosa. Non possiamo fare il nostro lavoro in sicurezza se questo non viene compreso.

Il nostro personale, di conseguenza, ripete continuamente a tutte le parti in causa – capi villaggio, rappresentanti dei gruppi armati, rappresentanti del governo, popolazione locale – che MSF assiste prima di tutto i più vulnerabili, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, religiosa o etnica, e che aiutiamo le persone unicamente sulla base dei loro bisogni sanitari. Alla fine, è la nostra azione neutrale e imparziale che conta. Di conseguenza, un buon programma medico è la nostra migliore protezione.

Nel corso del 2006, le principali edizioni (mezzogiorno e sera) dei telegiornali Rai (Tg1, Tg2, Tg3) e Mediaset (Tg4, Tg5 e Studio Aperto) non hanno dedicato nemmeno una notizia alla situazione nella Repubblica Centrafricana.

 

 

Per saperne di più, leggi il rapporto di MSF sulle crisi umanitarie dimenticate da quotidiani, periodici e telegiornali italiani nel 2006.

 

 

 

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