Ricostruire vite una alla volta giorno dopo giorno…

Questo è stato l’ultimo giorno della vita che conosceva ma solo il primo dei due giorni trascorsi sotto le macerie della casa di famiglia distrutta a Jacmel, a sud del paese.
Le gambe di Jean-Rosemay sono rimaste schiacciate sotto le macerie e, dal momento del suo salvataggio, è stata curata da un equipe di chirurghi e medici di MSF all’ospedale di Jacmel.
Il reparto di terapia intensiva, come d’altronde il resto dell’ospedale, è stato danneggiato dalla violenza del terremoto ed è stato sistemato in uno dei numerosi tendoni allestiti nel cortile dell’ospedale. Le due file di letti sono affollate da superstiti di ogni età. Ad alcuni sono state amputate braccia o gambe, altri hanno riportato fratture ed alcuni, come Jean Rosemay, lottano per non perdere un arto.

Ogni 2 giorni viene portata in barella in sala operatoria per pulire le ferite profonde e rifare la fasciatura. Questa prassi regolare è una vera e propria battaglia contro ulteriori infezioni che costituiscono parte della lotta più grande per salvarle la gamba. La terapia è dolorosa dato che i chirurghi devono pulire la ferita in profondità nel muscolo. Anche se sotto anestesia, ogni volta che è in sala operatoria canta. È il suo modo per alleviare lo stress.

“La forza e la capacità di recupero di Jean-Rosemay mi sorprendono” dice Nicole Dennis, infermiera di MSF. “In realtà, questa determinazione è condivisa dalla maggior parte dei pazienti di questo reparto. Hanno attraversato momenti davvero difficili eppure hanno un atteggiamento incredibile. Ho visto un uomo di 30 anni a cui è stato amputato il braccio destro, che quando si è svegliato si sentiva completamente perso. La mattina successiva mi ha detto “Ce la posso fare”.

I pazienti sembrano darsi forza l’un l’altro. Alcuni trovano una motivazione nei pazienti più giovani del reparto. Claudia è una bambina di due anni e mezzo rimasta orfana a causa del terremoto e a cui è stata amputata la gamba destra sotto il ginocchio. È decisa a ritornare a camminare e continua a riprovarci. Quando si siede sul letto, copre la gamba amputata con una coperta, come se fosse un imprevisto temporaneo da nascondere.

Ma la capacità di recupero ha i propri limiti e le lacrime iniziano a scorrere quando i supersiti ricordano il momento che ha cambiato la loro vita per sempre. Fare i conti con le ferite più grandi, la perdita delle persone care e la perdita di quasi tutto il resto è una sfida enorme. Il fatto di non sapere che cosa succederà dopo rende tutto più difficile.

Il personale medico per il supporto psicologico sta iniziando ad operare nell’ospedale con i pazienti vittime di traumi. Quest’assistenza sarà cruciale per aiutarli ad affrontare lo shock che il disastro, la perdita di membri della famiglia e, in alcuni casi, la nuova invalidità hanno causato loro.


“Lasciare L’ospedale è tutto fuorché tornare a casa”
Qualche letto più avanti, Odette, 56 anni, ha subito l’amputazione del braccio fino alla spalla. I chirurghi di MSF hanno trapiantato un pezzo di pelle dalla coscia per coprire il moncone. Come se il dolore fisico e psicologico dell’esperienza non fosse già abbastanza difficile da affrontare, lei deve anche affrontare la dura prospettiva di vita dopo l’ospedale. Quando le sue condizioni le permetteranno di essere dimessa, dovrà adattarsi alla sua nuova vita in un posto non familiare – una tenda, la strada, chissà..

Lasciare l’ospedale è di solito un momento da festeggiare, ma oggi ad Haiti significa spesso tornare da nessuno, in nessun posto e con un incredibile trauma psicologico. Significa vivere per la strada o in un campo e lottare per ottenere anche le cose più basilari come l’acqua, il sapone o il cibo, per non parlare di un rifugio adeguato. Lasciare l’ospedale è tutto fuorché tornare a casa.

Lo staff di Medici senza Frontiere lavora sodo per fornire l’assistenza di base alle famiglie che hanno perso tutto nel terremoto. Solo a Jacmel, MSF ha distribuito kit igienici e alimentari a circa 1.800 famiglie. È cominciata una corsa contro il tempo visto che la stagione delle piogge è imminente. Deve essere fatto molto di più per dare un rifugio alle persone prima dell’arrivo del mese di aprile.

Nessuno potrà restituire a Odette il braccio, nessuno potrà ridare a Jean Rosemay la madre e le sorelle ma la vita dei sopravvissuti può essere ricostruita. Il recupero fisico e mentale ha bisogno di tempo per molti haitiani, ma come dice Nicole “un giorno alla volta, tutto si sistemerà”. 

 

Leggi il dossier sulle attività di MSF a Haiti >>
 

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