Ricerca e soccorso in mare e Covid-19: domande e risposte

Ricerca e soccorso in mare e Covid-19: domande e risposte

Ci stiamo preparando a tornare nel Mediterraneo Centrale a bordo della Sea-Watch 4 per una nuova missione salvavita. Avremo sulla nave un team medico di 4 persone, che includono un medico e un’ostetrica, che fornirà assistenza medico-umanitaria e gestirà la clinica di bordo.

Ecco alcune domande e risposte sulla nuova missione e sulla gestione delle operazioni con le sfide poste dall’epidemia di Covid-19.

Operazioni in mare

Perché MSF sta tornando in mare?

Il Mediterraneo Centrale si conferma la rotta migratoria più letale al mondo con almeno 101 persone morte o scomparse soltanto nel mese di giugno, solo considerando quelle documentate. Non solo i governi europei fanno finta di non vedere, abbandonando le persone in mare per ore, giorni e anche settimane senza alcuna assistenza, ma si stanno anche organizzando attivamente per respingere persone vulnerabili in Libia. Dall’inizio di quest’anno quasi 6.000 persone sono state intercettate e riportate forzatamente in una spirale di torture, abusi e detenzione arbitraria, nell’ambito di accordi bilaterali finanziati dagli Stati europei.

Come viene gestita la nave Sea-Watch 4?

Sea-Watch è responsabile delle decisioni operative a bordo della nave e dell’attività di ricerca e soccorso, attraverso il capitano, il capo missione e altri 17 membri dello staff.

MSF è a bordo con un’equipe medica composta da quattro persone. Siamo responsabili di fornire assistenza medica e umanitaria alle persone soccorse durante le operazioni e a bordo, inclusa la gestione della clinica di bordo e tutte le cure mediche e ambulatoriali. Forniamo assistenza umanitaria, identificando le persone particolarmente vulnerabili, fornendo cibo e beni di prima necessità come coperte.

Dove conducete i vostri soccorsi?

Tutti i soccorsi avvengono in acque internazionali nel Mediterraneo centrale tra la Libia, Malta e l’Italia, dove si verificano la maggior parte dei naufragi. Pattugliamo normalmente tra le 24-40 miglia nautiche dalla costa libica.

Quali sono i bisogni medici primari delle persone che soccorrete?

Il nostro team medico fornisce cure salvavita di emergenza nella clinica a bordo della nave o, se necessario, attraverso evacuazioni mediche.

I nostri medici curano principalmente lesioni legate al viaggio su imbarcazioni precarie, come rischio di annegamento, ustioni da carburante, ipotermia e arti schiacciati. Curiamo anche gli effetti fisici delle precarie condizioni di vita a cui le persone sono soggette durante il viaggio per lasciare il proprio paese o nei centri di detenzione.

Questo include violenze, traumi o lesioni correlate, nonché malattie croniche, esacerbate da un accesso ridotto alle strutture sanitarie, ferite da proiettile, ferite infette da lesioni violente, complicazioni legate al diabete, alla malnutrizione, respiratorie, ecc. Vediamo anche un numero relativamente elevato di donne in gravidanza e bambini piccoli, per questo abbiamo un’ostetrica a bordo.

Cosa accade alle persone dopo che le avete soccorse?

Un salvataggio può essere considerato completo solo dopo che le persone sono state sbarcate in un luogo sicuro, come previsto dal diritto internazionale. UNHCR, Commissione europea e OIM identificano questo luogo con il porto sicuro più vicino.

Una volta arrivate in porto, le persone soccorse vengono affidate alle autorità sanitarie nazionali che le prendono in carico.

Perché prendete una posizione così dura contro le politiche migratorie europee?

MSF è un’organizzazione medico umanitaria, siamo indipendenti, neutrali e imparziali, e il nostro lavoro è basato sull’etica medica, le leggi umanitarie internazionali e i diritti umani. La nostra missione nel Mediterraneo è salvare vite, ma non possiamo stare in silenzio mentre le persone soffrono. La crisi nel Mediterraneo è il risultato di politiche inumane, che testimoniamo nei nostri progetti quotidianamente.

Queste morti e questa sofferenza possono essere evitate cambiando queste politiche. Ecco perché chiediamo ai Paesi dell’UE di abbandonare le loro attuali politiche di esclusione e criminalizzazione, perché nessun’altra vita venga inutilmente persa. Le persone che fuggono attraverso il Mediterraneo devono essere trattate umanamente, con dignità, rispettando i loro bisogni fondamentali.

Ricerca e soccorso durante la pandemia Covid-19

Trovandoci in un momento di pandemia globale, ci stiamo preparando alla possibilità che potremmo avere a che fare con casi di Covid-19 a bordo e stiamo prendendo tutte le precauzioni necessarie per mitigare i rischi associati a questo.

Lo sbarco di migranti positivi al Covid-19 in Italia, tuttavia, non deve rappresentare alcun allarme sociale. Arrivate a terra tutte le persone soccorse vengono affidate alle autorità sanitarie nazionali, sottoposte a tamponi e messe in quarantena, per questo al momento sono uno dei gruppi più controllati. 

Dai dati disponibili risulta che la percentuale delle persone sbarcate negli ultimi due mesi e risultate positive si attesta intorno all’1%, una percentuale trascurabile rispetto alla popolazione italiana attualmente positiva.

Più preoccupante è la stigmatizzazione e la disinformazione da parte di chi diffonde paure irrazionali, questa è la bomba che va disinnescata.

Cosa state facendo per mitigare il rischio di contagio a bordo?

Come organizzazione medico-umanitaria che opera a livello internazionale, MSF ha una significativa esperienza nel fornire cure mediche in contesti di emergenza dove contrastare la diffusione di malattie infettive è una preoccupazione o una priorità. A bordo della nave abbiamo sviluppato protocolli specifici ed estese misure di prevenzione e controllo delle infezioni.

Questi protocolli vengono periodicamente rivisti per garantire che siano aggiornati con le ultime raccomandazioni dell’OMS.

Indipendentemente dalla presenza di casi sospetti di Covid-19 a bordo, l’intero team di MSF e Sea-Watch sarà dotato di dispositivi di protezione individuale completa, tra cui mascherine e guanti chirurgici di livello ospedaliero. Anche alle persone soccorse verranno fornite mascherine. A tutti i membri dell’equipaggio e alle persone salvate verrà misurata la temperatura ogni giorno.

Oltre all’implementazione di rigorose pratiche di disinfezione e igiene, il personale medico di MSF si occuperà di garantire le necessarie pratiche igieniche per tutta la durata dell’operazione, promuovendo il lavaggio regolare e accurato delle mani e le corrette modalità per tossire o starnutire, secondo le raccomandazioni dell’OMS.

Cosa farete nell’eventualità di persone affette da Covid-19 a bordo?

In linea con le nostre procedure standard, quando le persone soccorse saranno a bordo, il team procederà alla loro valutazione medica. Chiunque abbia una temperatura corporea superiore ai 37,5°C verrà individuato per ricevere un follow up immediatamente dopo il soccorso.

Nell’eventualità di un caso sospetto, il paziente verrà isolato secondo i protocolli stabiliti. Il suo stato di salute verrà continuamente monitorato e nel frattempo aggiorneremo le autorità sanitarie competenti a cui affideremo le persone allo sbarco, per garantire che vengano implementate tutte le misure di protezione per supportare il paziente ed evitare altri contagi.

Avete formato anche lo staff non medicale sui protocolli di prevenzione Covid-19?

Abbiamo sviluppato e implementato protocolli specifici per la prevenzione e il controllo del Covid-19 a bordo della nave. Tutto lo staff, sia di MSF che di Sea-Watch, è preparato e formato su questi protocolli.

Vi aspettate di essere tenuti in quarantena a bordo in caso di soccorso?

Ci aspettiamo che vengano prese le misure appropriate per contenere l’epidemia di Covid-19, che può comportare la quarantena o il test delle persone salvate o dell’equipaggio allo sbarco.

Come abbiamo sempre fatto durante tutte le nostre operazioni di ricerca e salvataggio, continueremo a operare in conformità con le istruzioni delle autorità competenti, assumendo che le misure attuate saranno adeguate e scientifiche. Allo stesso tempo auspichiamo che non saremo oggetto univoco di misure che esulano dai protocolli stabiliti e da quelli adottati per altre navi.

Potete effettuare test per il Covid-19 a bordo?

Non abbiamo la capacità di effettuare test a bordo, dal momento che non ci sono ancora test diagnostici rapidi validati e raccomandati per uso clinico. In assenza di test diagnostici affidabili, il nostro team medico farà affidamento sulle proprie capacità cliniche per monitorare e identificare i casi sospetti.

Data la necessità di distanziamento fisico, limiterete il numero di persone che soccorrerete a bordo?

Per garantire una distanza fisica ottimale nel contesto della pandemia di Covid-19, proveremo a limitare il numero di persone a bordo al di sotto di quelle che normalmente accoglieremmo.

Tuttavia, l’obiettivo principale della nostra missione è salvare vite. In caso di emergenza, è nostra responsabilità salvare prima possibile le persone che necessitano di assistenza. Sarà il comandante della nave, come garante della massima tutela della sicurezza e del benessere delle persone a bordo, che deciderà se un salvataggio può essere completato o meno senza che rappresenti un rischio per la nave, per il suo equipaggio o per le persone che sono già state salvate.

Credete sia responsabile continuare i soccorsi in mare mentre l’Europa sta affrontando un’emergenza sanitaria?

Come organizzazione medico umanitaria impegnata contro la pandemia in Europa e nel resto mondo, capiamo bene le difficili sfide imposte dal Covid-19. Ma salvaguardare il benessere delle persone a terra e rispondere al dovere di salvare vite in mare non sono principi che si escludono a vicenda.

Purtroppo, questa emergenza sanitaria non ha fermato altre crisi umanitarie già in corso. Al contrario le ha esacerbate e sta colpendo in modo diretto e indiretto anche le popolazioni sfollate.

Il Covid-19 ha aggravato l’impatto del conflitto in Libia su un sistema sanitario già al collasso, mentre l’opzione di vie legali e sicure per le persone intrappolate nel Paese è stata quasi del tutto abbandonata.

Per molti l’unica possibilità resta quella di tentare la traversata del mare. Come organizzazione medica il nostro dovere è quello di salvare vite e fornire cure mediche a tutte le persone che ne sono escluse.

Le recenti misure governative per scoraggiare o bloccare le attività salvavita nel Mediterraneo sono presentate come misure di salute pubblica, ma in realtà sono una cinica riproposta della fallimentare e pericolosa politica migratoria europea.

Intervento MSF per contrastare l’epidemia di Covid-19

Che supporto sta dando MSF nella risposta all’epidemia di Covid-19 in Europa?

Nei paesi europei, i sistemi sanitari hanno faticato a fornire cure intensive a tutte le persone che ne avevano bisogno. Le persone a più alto rischio di decesso per Covid-19 sono gli anziani e le persone con patologie pre-esistenti come ipertensione, diabete, malattie cardiache, obesità, ma anche malattie potenzialmente infettive come l’HIV o la tubercolosi (TB).

Nei luoghi in cui sono disponibili terapie intensive di alto livello, come in Italia, Belgio o Francia, Spagna, Portogallo o Svizzera, oltre a supportare alcuni ospedali ci siamo concentrati sull’assistenza e la prevenzione tra le persone più vulnerabili, come gli anziani nelle case di cura, i migranti, i senzatetto o i detenuti.

Che supporto sta dando MSF nella risposta all’epidemia in Italia?

A partire da marzo 2020 MSF Italia ha supportato la risposta delle autorità nazionali contro l’epidemia di Covid-19 lavorando in Lombardia, Lazio, Marche, in alcune carceri del nord Italia e in Sicilia dove abbiamo supportato il servizio di sorveglianza epidemiologica.

Per maggiori informazioni sull’intervento in Italia e nel mondo>>

Che supporto sta dando MSF nella risposta all’epidemia in Libia?

Le nostre attività in Libia sono state condizionate dalle restrizioni imposte dall’emergenza Covid-19 mentre nel paese i bisogni umanitari aumentavano a causa delle misure anti Covid.

A Tripoli, continuiamo a fornire assistenza medica e umanitaria a migranti e rifugiati in un centro di detenzione, mentre altre strutture sono state evacuate o chiuse. Con coprifuoco e lockdown che riducono ulteriormente l’accesso, già estremamente limitato, di migranti e rifugiati ai servizi di base, abbiamo partecipato alla distribuzione di cibo a Tripoli che ha visto coinvolte altre organizzazioni e abbiamo offerto assistenza medica e umanitaria a migranti e rifugiati che vivono in contesti urbani.

Oltre a Tripoli, continuiamo a lavorare in quattro centri di detenzione (Khoms, Zliten, Zintan, Zuwara), forniamo primo soccorso alle persone sbarcate in Libia (principalmente a Misurata e Khoms), assistenza sanitaria di base e il trasferimento di migranti e rifugiati a Bani Walid. Inoltre, un programma TB è attivo sia a Misurata che a Tripoli.

Abbiamo organizzato corsi di formazione sul Covid-19 allo staff medico di tutti i progetti. Dato che il numero di persone rinchiuse nei centri di detenzione ufficiali è salito a oltre 2.300 negli ultimi due mesi con un numero maggiore di persone trasferite dopo gli sbarchi da parte della Guardia Costiera Libica, stiamo rafforzando il più possibile le misure di prevenzione e controllo delle infezioni in questi centri, dove le condizioni di vita sono disastrose e disumane.

 

 

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