Maria Cristina Manca

Maria Cristina Manca

Antropologo MSF

In questa crisi, non dobbiamo dimenticare nessuno

Maria Cristina Manca

Maria Cristina Manca

Antropologo MSF
In questa crisi, non dobbiamo dimenticare nessuno

Dopo l’epidemia di Ebola nel 2014 o quella più recente di morbillo in Congo che ha colpito 335.000 persone e ucciso 6400, in maggiore parte bambini di meno di 5 anni, lavoro oggi in Italia per l’emergenza Covid-19 come antropologa.

Ho un obiettivo principale: la protezione delle persone più vulnerabili.

In un’epidemia, un virus non sceglie le sue vittime, colpisce tutte e tutti. Per combatterlo, non dobbiamo dimenticare nessuno. È un dovere morale, un diritto umano e anche una questione di salute pubblica.

Alcune persone però vivono in condizioni precarie nelle quali è molto più difficile di proteggersi. Oggi mi occupo di loro, per non aggiungere una vulnerabilità nella loro vita che è già abbastanza difficile.

Ho visitato la sede della Caritas locale per formare i volontari in prima linea contro il virus. “Come possono fare le persone che non hanno accesso all’acqua a lavarsi le mani?“ è una delle domande che fanno spesso.

Si sentono dimenticati, un po’ persi nei processi che devono seguire per loro stessi e soprattutto per le persone vulnerabili che assistono ogni giorno.

All’inizio dell’incontro, ho chiesto ai volontari presenti perché avessero tutti la mascherina, una domanda che non si aspettavano. Ho spiegato che la mascherina serve a proteggere gli altri in casi di dubbi sulla propria condizione, non se stessi. È importante che vengano rispetatte le distanze di sicurezza.

Una misura facile da rispettare, per altre raccomandazioni, come quella di isolare una persona che presenta sintomi, sarà molto più complesso. Ecco perché dobbiamo fare tutto il possibile per non fare entrare il virus nelle strutture di accoglienza.

La prossima tappa sarà quella di formare persone che a loro volta potranno sensibilizzare altri. L’ho imparato durante l’epidemia di Ebola: la promozione della salute è fondamentale. Un’epidemia non si vince in ospedale ma fuori, coinvolgendo tutti.

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