Oussama Omrane

Oussama Omrane

Promotori della salute/Antropologi MSF
Lettera da Walikale

Ormai sono tre settimane che sono qui, in questo immenso, maestoso Congo. Mi trovo nel progetto di Walikale, nella provincia del Nord Kivu, come promotore della salute.

Condivido il mio tempo tra l’ufficio e le visite nei diversi villaggi che fanno parte della zona del nostro territorio d’intervento (in collaborazione con le autorità sanitarie congolesi).

Conosco la Repubblica Democratica del Congo. La conosco calcisticamente con la sua nazionale chiamata “I Leopardi” e con i suoi giocatori sparsi in diversi club europei! La conosco perché mi ricordo i fatti di cronaca dovuti alla guerra civile degli anni ’90. La conosco perché negli anni dell’università mi parlarono di Patrice Lumumba.

In realtà, credevo di conoscere la Repubblica Democratica del Congo, ma essendo qui ho realizzato che non conoscevo proprio niente! Per conoscere le cose bisogna viverle con i propri occhi, bisogna stare lì e io adesso sto imparando, giorno dopo giorno, a conoscere questo paese.

Il mio compito principale è quello di realizzare le strategie necessarie per la promozione della salute seguendo gli obiettivi del progetto. Tra i compiti possiamo citare: informare e responsabilizzare le comunità affinché acquisiscano il controllo della propria salute, migliorare il ricorso ai servizi di assistenza sanitaria, monitorare la situazione sanitaria nella comunità, e soprattutto prevenire… La prevenzione è la chiave della cura!

Fino ad oggi ho visitato alcuni villaggi. La bellezza della natura che circonda questi villaggi lascia senza fiato. Una bellezza selvaggia e pura! Eppure i paesaggi tra i diversi villaggi si uniscono nelle medesime condizioni di vita. Una vita dura a dir poco! La vita da queste parti è divisa tra i vari campi e le capanne che pullulano nei villaggi. Ogni mattina centinaia di uomini e donne camminano lungo la strada con i loro machete, strumento necessario per raccogliere la frutta.

I bambini più fortunati vanno a scuola mentre gli altri seguono le orme dei genitori e vanno nei campi. Per un espatriato può sembrare strano vedere un bambino con un machete più alto di lui camminare lungo i percorsi che varcano la fitta giungla nella densa nebbia delle prime ore del mattino, invece per la gente del posto è solo una semplicissima realtà.

Nonostante queste condizioni di vita, nonostante la sfortuna socio-economico-sanitaria in cui vivono queste persone ho notato che il popolo congolese è un popolo fiero e orgoglioso. Gente molto legata alla propria terra ma soprattutto gente che non perde un attimo per non sorridere e essere di buon umore. I sorrisi dei bambini incontrati fino ad ora saranno uno dei tesori più belli da custodire e da portare a casa. Li senti correre dietro di te chiamandoti “Muzungu” (uomo bianco) in mezzo a delle risate che non hanno prezzo, oppure li vedi sorridere mentre ti salutano in swahili, francese o in un timido inglese provando a cantarti la canzone di MSF:

MSF tuko sur na weye…
MSF tuko sur na weye…
Intanuza na wa toto kwa bure…
Inatunza na wa maman kwa bure…

(MSF, siamo sicuri di te. MSF siamo sicuri di te… Curi gratuitamente i bimbi, curi gratuitamente le mamme…).

Le nostre sfide sono tante, vanno dal paludismo, il vero flagello di questo territorio, alle infezioni sessualmente trasmissibili passando dalla malnutrizione e l’igiene.

Ogni volta che visitiamo i villaggi, gli ambulatori o l’ospedale generale ricordiamo l’importanza dell’igiene personale e collettiva. Cambiare e migliorare i comportamenti non si fa tra l’alba e il tramonto. Occorrono tempi lunghi, ma quando vediamo qualche passo in avanti siamo contenti, sappiamo di essere sulla strada giusta.

La nostra squadra IEC (Informazione, Educazione e Comunicazione) è composta da educatori e sensibilizzatori locali. Ho trovato una bel gruppo composto da ragazzi entusiasti ma soprattutto motivati e aperti a nuove idee. I miei colleghi amano quello che fanno, vanno fino in fondo nella realizzazione dei propri obiettivi e compiti. A volte devono andare a cercare qualche bambino assente dal programma di malnutrizione. Lo vanno a stanare anche a casa per capire il perché della sua assenza! Con loro non si scherza sulle cose serie!

Con questa squadra mi sono trovato a mio agio già dai primi giorni. In contesti come questi, il lavoro degli operatori umanitari non può andare avanti senza la collaborazione dello staff nazionale. Sono convinto che siano la base del progetto, sono loro che conoscono il territorio più di chiunque, sono loro che conoscono la mentalità, usi e costumi del popolo locale, ma soprattutto sono loro che fanno da ponte tra gli espatriati e le persone del posto!

Tutto sommato mi trovo bene in questo meraviglioso paese. Mi sono adattato velocemente e questo mi ha permesso di poter focalizzare la mia attenzione sul lavoro. La strada è ancora lunga ma sono fiducioso. Piano piano realizzeremo i nostri obiettivi. I congolesi meritano tutto il bene del mondo!

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