A Momodu che ha combattuto l’Ebola con i colori

Incontro con MSF

A Monrovia ho lavorato ad Elwa 3,  uno dei più grandi centri MSF per il trattamento dell’Ebola, una macchina enorme che non si ferma mai. Essendo infermiera, ho passato la maggior parte del tempo, nella “nursing station”, che si trova nella zona a basso rischio di contrarre il virus. Qui c’è una finestra da cui mi piace affacciarmi molte volte durante il giorno: è la finestra che separa chi cura da chi è malato, la finestra che separa il mio viso scoperto e il mio sorriso dalla maschera ingombrante che devo indossare. È da questa finestra che un giorno vedo Momodu: 10 anni, sguardo triste ed espressione maliconica, ormai solo al mondo che con fatica trascina i suoi piedi per raggiungere una sedia e stare insieme agli altri bambini.

Il mio collega, il dott. Dan, medico statunitense, mi spiega che Momodu  è arrivato già da qualche giorno. Ha perso la sua famiglia e appena giunto era molto debole, tanto da non riuscire ad alzarsi dal letto. Ma sta reagendo grazie alle attenzioni dei pazienti più forti che lo aiutano a bere e a mangiare e grazie al nostro supporto.

Prima di partire, nel mio zaino, oltre al parmigiano, ai tarallucci e alla cioccolata, avevo messo anche diversi blocchi di carta per disegnare e tanti colori: gessetti, pennarelli, matite e colori a cera. Ne regalo alcuni a Momodu, sperando che disegno e  colori  possano ridargli un po’ di allegria.

Il giorno dopo, appena entrata nella “zona ad alto rischio”, vado prima di tutto da Momodu  per salutarlo. Sta seduto come sempre con gli altri bambini; gli chiedo se ha disegnato o scritto qualcosa. Si alza dalla sua sedia e, tenendosi con una mano i pantaloni troppo grandi per la sua misura, mi chiede di seguirlo. Arrivati al suo letto, prende il blocco da disegno e mi mostra quello che ha creato in 24 ore. Rimango stupita: la bandiera liberiana, la sua casa, la sua famiglia, automobili, aerei! Disegni con un significato profondo e una tecnica impeccabile per un bambino di 10 anni.

Momodu continua a disegnare tutti i giorni. Insieme decidiamo di appendere i disegni, così che tutti gli altri pazienti possano vederli, apprezzarli e ricevere un po’ di buonumore dai colori. Il mio collega Dan, però, ha un’idea ancora più geniale: “Dalla nostra finestra facciamo delle foto ai disegni; le facciamo ingrandire, plastificare e le esponiamo anche nell’altra parte del mondo, la zona a basso rischio”.

Il disegno diventa l’attività preminente di Momodu durante la sua permanenza nel nostro Centro e probabilmente anche ciò che l’ha distratto da tanto dolore e sofferenza. E finalmente un giorno Momodo guarisce: il suo test è negativo per la nostra e la sua immensa gioia. Il giorno della dimissione di Momodu è stato uno dei momenti più emozionanti della mia missione a Monrovia. Lo abbiamo accolto dall’altra parte della finestra con applausi, grida di gioia e regali. Tra i regali anche i suoi disegni plastificati.

Quando Momodu si è avviato insieme alla nostra assistente sociale verso l’uscita, ho provato una sorta di tenerezza di fronte a quelle spalle così piccole che, però, erano riuscite a sopportare una fatica e un dolore così grande. Facciamo tutti il tifo per lui e ci auguriamo che possa avere un futuro in un paese come la Liberia dove i bambini attualmente non possono andare a scuola. Buona fortuna Momodu da parte di tutti noi.

Alessia, infermiera MSF 

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