Maria Carla Giugliano

Maria Carla Giugliano

Comunicazione MSF

Non sono numeri. Sulla Bourbon Argos viaggiano dolore e sogni

Maria Carla Giugliano

Maria Carla Giugliano

Comunicazione MSF
Non sono numeri. Sulla Bourbon Argos viaggiano dolore e sogni

Nelson ha gli occhi grandi. Si stringe nella felpa che abbiamo distribuito a tutti dopo i salvataggi in mare, avvenuti al largo delle coste libiche. Schiacciati nei gommoni, sono saliti a bordo della Bourbon Argos di MSF, uno per volta, senza scarpe, senza più nulla.

Nelson ha lasciato il suo Paese, la Sierra Leone, per cercare un futuro migliore, mai si sarebbe immaginato che in Libia ci fosse stato l’inferno ad aspettarlo. Ha 23 anni, mi riempie di domande sull’Italia, sull’Europa, vuole sapere tutto, “per fare le scelte giuste” – dice. Quanta inquietudine leggo in quello sguardo intenso e fiero.

Precious ha 19 anni, viene dalla Nigeria. Non si allontana dalle sue amiche neanche un attimo. Vengono dallo stesso villaggio, hanno fatto il viaggio insieme e sognano insieme un’Europa che dia loro l’opportunità di un buon lavoro e di potere aiutare le famiglie a casa. “Sister, per diventare una cake designer è meglio Roma o Milano?” mi chiede Precious.

Anche Cosmas è nigeriano, 26 anni. Vuole a tutti i costi ricambiare la nostra ospitalità. Si offre volontario per aiutarci a tenere pulito il ponte della Argos…non gli sfugge nessuna cartaccia. “Ho pensato che Dio avesse ascoltato le mie preghiere, quando ho visto la vostra nave. Ora – dice Cosmas – non mi importa quale Paese dell’Europa mi ospiterà. Voglio dimenticare la violenza che ho ricevuto in Libia. Voglio solo un lavoro che sia onesto, come sono onesto io”.

Ali Ibrahim ha 51 anni, forse è l’ospite più vecchio a bordo. E’ scappato dalla Siria dopo che suo figlio è morto in un bombardamento. Ha una camicia ben stirata di colore azzurro come i suoi occhi. Quando passa vicino, si sente il suo profumo di colonia.

Rabiathou non smette di sorridere e strappare sorrisi a tutti gli ospiti, ora che è a bordo. Piangeva disperata quando da quel gommone l’abbiamo tirata su nella culla di protezione. Ha un anno e viaggia con mamma, papà e fratello di qualche anno più grande di lei. Hanno lasciato il Burkina Faso, quando la famiglia ha perso il pezzo di terra che coltivava. “Abbiamo affrontato questo viaggio – dice suo padre – perché voglio che i miei figli possano andare a scuola”.

Prima dell’alba di venerdì 4 novembre dopo diverse operazioni di salvataggio che ci hanno impegnato per 10 ore, hanno viaggiato con noi sulla Bourbon Argos, dal largo delle coste libiche al porto di Catania, 868 persone, tra cui 741 uomini, 119 donne e 8 bambini.

Non sono numeri. Sono Nelson, Precious, Cosmas, Rabiathou, Ali Ibrahim. Sono persone che portano dentro dolore, sogni e speranze.

Allo sbarco a Catania non faccio in tempo a salutare Nelson. Ora è di spalle mentre, appena giù dalla nave, viene sottoposto a screening sanitario e poi alla procedura di identificazione. È disorientato. Non sa bene dove andare ma procede. A testa alta. Riesce ad avere un portamento fiero anche con quelle ciabattine rosa distribuite dai volontari, troppo piccole per lui.

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