Cristian Reynders

Cristian Reynders

Coordinatore di progetto MSF

Oggi a Idlib c’è una “crisi di umanità”

Cristian Reynders

Cristian Reynders

Coordinatore di progetto MSF
Oggi a Idlib c’è una “crisi di umanità”

Provate a immaginare: la giornata sta finendo, inizia a fare buio. Sei in un posto in cui ti senti al sicuro; a casa tua. Stai preparando la cena, prendendo un tè, guardando i bambini giocare, oppure stai giocando con loro.  All’improvviso tutto viene avvolto dalle fiamme. Senti un rumore fortissimo. E tutto crolla.

Le persone sono passate da una situazione tranquilla in cui in cui si stavano godendo un tardo pomeriggio o l’inizio di una serata a una situazione di disperazione, di fine, di morte di quelli che ami, dei tuoi figli, dei tuoi cari. Senza alcun preavviso. Questo è quello che è successo ieri.

E adesso provate a immaginare anche questo: sei un medico. Non hai tutta l’attrezzatura che ti servirebbe. L’ospedale in cui lavori non è in ottime condizioni. E arrivano decine di persone, ferite, sanguinanti, con arti a pezzi, gambe amputate, braccia amputate e bisogna salvarli, a volte senza anestesia.

E tu devi aiutarli, sapendo che, forse, la prossima bomba potrebbe colpire te. E potresti essere tu il prossimo, mentre stai svolgendo il tuo dovere di medico.

Questo è quello che è successo ieri.

Abbiamo avuto contatti con lo staff medico che supportiamo a Idlib. Le loro voci erano rotte dall’emozione… riuscivano a malapena a parlare. Si sforzavano di andare avanti, di continuare a sperare. Cercavano di mantenere la calma e pensare “cosa possiamo fare per salvare queste persone?”.

Parliamo di più di 150 feriti, tutti in una volta.

L’orrore di questa storia è che ad oggi ci sono 3 milioni di persone intrappolate, senza un posto sicuro. Nella popolazione c’è disperazione e una sensazione di completo abbandono.

Quando scoppia una crisi umanitaria, noi di MSF sappiamo come rispondere. Non importa quanto questa crisi sia grande, rispondere è il nostro lavoro. Lo stiamo facendo. Stiamo supportando gli ospedali, cercando di fornire loro tutto il necessario: materiali e attrezzature per interventi chirurgici, per il pronto soccorso.

Ma cosa possiamo fare quando sono gli stessi ospedali a essere bombardati? Possiamo solo assistere come spettatori? Oggi a Idlib stiamo affrontando una crisi di umanità.

Ci sono Stati che hanno firmato convenzioni al fine di evitare questa situazione, per proteggere le strutture mediche, per proteggere vite umane, per fare in modo che chi commette queste atrocità sia ritenuto responsabile. Dove è il rispetto del diritto internazionale umanitario?

Siamo impotenti. L’unica cosa che possiamo fare è farci sentire e cercare di mobilitare quelli che si sono assunti queste responsabilità. Hanno un’enorme responsabilità nelle loro mani: salvare vite.

A Idlib è l’unica cosa in cui continuano a sperare; che si preservi la vita umana. Ma le loro speranze diminuiscono di minuto in minuto, di giorno in giorno.

Continuiamo a offrigli tutto il supporto che possiamo. Solo nelle ultime tre, quattro settimane abbiamo effettuato un totale di cinque donazioni di attrezzature mediche, chirurgiche, di pronto soccorso e materiale medico sanitario. In questo momento stiamo preparando un’ulteriore donazione per sostenere i medici nell’adempimento dei loro doveri – doveri salvavita – verso la popolazione. Questo è quello che abbiamo fatto e che continuiamo a fare.

Ma quando una bomba cade su un ospedale, non importa quanti farmaci o attrezzature forniamo. Come possiamo rassicurare i medici che tutto andrà bene, quando ieri le bombe sono cadute a 100 metri dagli ospedali?

Questa è la realtà di oggi a Idlib.

* Riflessioni personali di Cristian Reynders, Coordinatore delle operazioni per la Siria nord-occidentale. Registrate il 26 febbraio 2020.

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