Nord di Gaza: neonati prematuri lottano per la sopravvivenza

Nord di Gaza: neonati prematuri lottano per la sopravvivenza

Dall’ospedale materno-infantile di Al-Helou, Joanne Perry, dottoressa MSF, racconta la sua esperienza all’interno dell’unità di terapia intensiva neonatale.

Nel nord di Gaza donne incinte gravemente malnutrite e anemiche

La scorsa settimana siamo arrivati a dover mettere 5 neonati nella stessa incubatrice. Inizialmente erano in 2, per necessità di spazio, nonostante si trattasse di una situazione già di per sé inaccettabile e scioccante da vedere. Poi da 2 sono diventati 3, fino ad arrivare a 5 neonati in una sola incubatrice. A causa degli attacchi agli ospedali non ne abbiamo a sufficienza: oggi nel nord di Gaza rimangono solo 36 incubatrici, rispetto alle 126 disponibili prima di ottobre 2023. Quando più neonati condividono un’incubatrice, il rischio di infezioni aumenta enormemente. Il loro sistema immunitario, in particolare dei neonati prematuri, non è ancora sviluppato”. Joanne Perrydottoressa MSF

A Gaza i neonati prematuri lottano per la sopravvivenza. Il nostro staff medico è costretto a lavorare senza le attrezzature essenziali come ecografi, incubatrici, forniture mediche e perfino il latte artificiale scarseggia.

Per supportare il loro sviluppo neurologico utilizziamo coperte arrotolate o altri materiali morbidi per ricreare uno spazio accogliente tutt’attorno al bambino, simulando l’ambiente protettivo dell’utero: questa tecnica si chiama ‘nesting’. Aiuta a stabilizzare la postura del neonato, riduce i movimenti eccessivi degli arti e favorisce la stabilità fisiologica e comportamentale. Una delle cause del così alto numero di nascite premature è il peggioramento delle condizioni di salute delle madri. È la mia terza volta a Gaza in un anno, ma stavolta la situazione è diversa: le donne incinte sono gravemente sottopeso e soffrono di anemia severa. Questi fattori possono causare serie complicazioni in gravidanza, tra cui il parto prematuro. A ciò si aggiunge che molte di loro vivono in condizioni terribili: rifugi sovraffollati o tende, spesso senza accesso all’acqua pulita per lavarsi. Molte non ricevono cure prenatali perché le strutture sanitarie funzionano a intermittenza e la popolazione è continuamente costretta a spostarsi. Questo significa che le gravidanze a rischio spesso non vengono rilevate finché non si presentano complicazioni, che spesso si scoprono troppo tardi. Assistiamo a nascite premature e curiamo bambini con problemi di salute che, con un minimo monitoraggio, si sarebbero potuti prevenire. Anche solo diagnosticare in tempo una polmonite o un’anomalia cardiaca permetterebbe di intervenire in tempo con i farmaci giusti. Ma nell’unità di terapia intensiva neonatale non abbiamo né ecografi, né macchinari per radiografie, e spesso nemmeno i test del sangue più basilari”. J. P.

Continua la dottoressa MSF Joan Perry:

Lo staff medico dell’ospedale Al-Helou si trova ad affrontare continue sfide quotidiane. Il problema più grave rimane la mancanza di carburante, dal momento che tutti gli ospedali di Gaza dipendono da generatori a diesel. La carenza di carburante provoca continue interruzioni di corrente che, per i neonati che dipendono dall’ossigeno, possono essere fatali. Ad esempio, una delle scorse notti abbiamo perso un neonato che avrebbe potuto sopravvivere, ma l’ossigeno è venuto a mancare a causa di un blackout e il piccolo non ce l’ha fatta. Anche la carenza di forniture essenziali è critica. Abbiamo talmente poche risorse che dobbiamo allungare i tempi tra un cambio di pannolino e l’altro, col rischio di provocare irritazioni. Il latte artificiale è sempre sul punto di esaurirsi. Nel nostro ospedale promuoviamo l’allattamento al seno e ne siamo orgogliosi, ma in queste condizioni molte madri non riescono a restare con i propri bambini per nutrirli a intervalli di poche ore: spesso devono occuparsi del resto della famiglia, o non hanno soldi per i trasporti e sono costrette a camminare per ore. È straziante. Avere un bambino dovrebbe essere un momento di grande gioia e speranza, ma, per tante famiglie a Gaza, oggi non lo è più, e diventa un momento sovrastato da forte stress e paura. Nonostante questa situazione e le risorse sempre più limitate, il team di MSF continua a lavorare senza sosta per assicurare a questi neonati le migliori cure possibili”. J.P.