Claudia Lodesani

Claudia Lodesani

Presidente MSF

Global Compact, salvare vite umane non è un crimine

Claudia Lodesani

Claudia Lodesani

Presidente MSF
Global Compact, salvare vite umane non è un crimine

Le settimane che hanno preceduto il vertice di Marrakech sul Global Compact sono state caratterizzate da giorni particolarmente bui per la sorte dei migranti e rifugiati in tutto il mondo.

MSF si trovava costretta a chiudere le attività della nave Aquarius, a causa di una campagna avviata dal governo italiano e supportata da altri stati europei per delegittimare, diffamare e ostacolare le organizzazioni umanitarie nel Mediterraneo, 15 persone morivano di sete e fame a bordo di una barca al largo delle coste libiche.

Contenziosi legali e blocchi amministrativi hanno svuotato il Mediterraneo di soccorritori e testimoni, non di morti. I governi europei sono doppiamente colpevoli: da un lato non sono riusciti a mettere in piedi un sistema dedicato di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, dall’altro hanno sistematicamente sabotato i tentativi altrui di salvare vite umane.

Sono colpevoli quanto ipocriti perché, pur avendo riconosciuto che nessuna persona soccorsa in mare dovrebbe essere costretta a tornare in Libia, addestrano ed equipaggiano la Guardia costiera libica il cui mandato è quello di riportare forzatamente indietro le persone intercettate in mare. E così, in aperta violazione del diritto internazionale, sono ormai oltre 14.000 le persone respinte che sono tornate nell’inferno dei centri di detenzione dove i diritti umani fondamentali sono inesistenti. MSF lavora da anni in alcuni centri di detenzione, dove assicura l’assistenza medica e servizi igienico-sanitari ed è testimone delle drammatiche condizioni abitative cui sono costrette queste persone.

Migranti e rifugiati sono il bersaglio di politiche disumane in tutto il mondo. In America centrale MSF assiste le persone in fuga da violenze in Honduras, Guatemala ed El Salvador che finiscono per entrare in un vortice di abusi in Messico, dove restano bloccate a causa di spietate politiche di controllo alle frontiere statunitensi.

Poi c’è il modello australiano dove più che di asilo dovremmo parlare di esilio forzato. Il 60% dei nostri pazienti a Nauru ha avuto pensieri suicidi, il 30% ha tentato di uccidersi, compresi bambini di 9 anni. Nonostante ciò il governo locale ha cacciato le équipe di MSF sull’isola con un preavviso di 24 ore perché eravamo diventati testimoni scomodi. E in Europa, a Lesbo in Grecia, un quarto dei bambini che frequentano le nostre terapie di gruppo ha avuto episodi di autolesionismo, ha tentato il suicidio o ha pensato di togliersi la vita. I nostri psichiatri e psicologi che lavorano al di fuori del campo di Moria parlano di un’emergenza senza precedenti, ma è stato fatto ben poco per alleviare queste sofferenze.

Sono decine di milioni le persone in movimento in tutto il mondo e non scompariranno se decidiamo di non fare nulla. Le migrazioni non sono un fenomeno che gli stati possono gestire da soli. Al di là dello stupore di non vedere l’Italia a Marrakech e di quali e quanti stati sigleranno il Global Compact, tutti dovranno comunque attenersi a leggi nazionali, regionali e internazionali.

Le persone non possono essere trattate come merci, ovunque si trovino e indipendentemente dal motivo per cui abbiano deciso di lasciare il proprio luogo di origine. Chi fugge ha bisogno di protezione, sempre. Eppure, ogni giorno vediamo come i diritti dei più vulnerabili vengano negati, come i sistemi di protezione vengano ridotti e migliaia di uomini, donne e bambini vengano gettati nell’assoluta marginalità da politiche che anziché rispondere ai bisogni umanitari, li creano e li amplificano. Ogni giorno i nostri medici, infermieri, psicologici, mediatori culturali sono sopraffatti dalla portata della violenza che vedono inflitta sulla pelle di migranti e rifugiati.

Proprio in queste ore a Roma vediamo sgomberati gli abitanti dell’ex Penicillina senza che sia stata prevista una soluzione alternativa per tutti. Questa è una decisione che getterà migranti e rifugiati in ulteriore precarietà e renderà il loro accesso alle cure mediche ancora più difficile.

È ora di mettere fine alle politiche che aumentano le sofferenze di milioni di persone. La nostra esperienza dimostra come le politiche di deterrenza non saranno mai efficaci perché le persone continueranno a fuggire dalla guerra e dalle violenze per sopravvivere. Gli unici a trarne vantaggio sono i trafficanti e i criminali, ma il dito viene puntato sui più vulnerabili e su chi li soccorre. Entrambi vengono criminalizzati e disumanizzati, molto spesso migranti e rifugiati vengono raffigurati come una sorta di virus, da temere e contenere.

Salvare vite umane non è un crimine. L’efficacia del Global Compact si misurerà sulla sua capacità di mettere al centro le persone. È necessario un patto che sia in grado di affrontare la grande sofferenza che le attuali politiche hanno creato. Non possiamo non vedere la violenza subita dalle popolazioni in fuga. Dobbiamo continuare a combattere per politiche umane.

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