La guerra e il conflitto in Iraq hanno determinato una delle più gravi crisi umanitarie a livello mondiale: ogni giorno si contano numerosi morti e feriti tra la popolazione civile. Il sistema sanitario iracheno non è più in grado di curare adeguatamente le vittime delle violenze.
Migliaia di medici hanno lasciato il paese e quelli che sono rimasti vengono spesso attaccati, arrestati o minacciati di rapimento o di morte. Anche gli attori umanitari sono stati presi di mira nel conflitto e di conseguenza la maggior parte delle agenzie umanitarie ha lasciato il paese.
MSF fornisce assistenza medica alla popolazione in diverse regioni dell’Iraq, operando anche da paesi confinanti come la Giordania. Sono stati avviati alcuni progetti negli ospedali presenti nel nord del paese, che è più sicuro, con l’obiettivo di portare assistenza chirurgica e sostegno psicologico ai pazienti provenienti dalle zone di conflitto.
Intervista a Volker I., capo missione in Iraq.
MSF ha lasciato l’Iraq nel 2004 a causa del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza. Cosa vi ha fatto decidere a ritornare?
L’Iraq è uno stato fortemente colpito dalla guerra. La violenza è fortissima in molte parti del paese ed è causata soprattutto da conflitti tra fazioni e rivolte contro i civili. Vi sono gravi conseguenze per la popolazione civile dal punto di vista umanitario: un alto numero di vittime civili e lo sfollamento massiccio della popolazione anche nella regione controllata dai curdi, che è più sicura. Molti medici e il personale sanitario lasciano il paese e così le infrastrutture sanitarie sono al collasso per l’alto numero di feriti di guerra. È sempre più difficoltoso per la popolazione accedere a un’assistenza medica adeguata. MSF ha osservato l’evolversi del conflitto e il deteriorarsi della situazione umanitaria fin dal 2004. Abbiamo sempre cercato nuove modalità per continuare ad assistere la popolazione irachena allo stremo, malgrado le pessime condizioni di sicurezza. Alla fine del 2006, abbiamo deciso di avviare alcuni progetti nella regione curda, relativamente sicura, che si trova nel nord del paese. Questi progetti sono mirati in particolare alla popolazione intrappolata nelle zone di conflitto.
In che modo i pazienti delle zone di conflitto accedono alle aree più sicure del paese nelle quali è presente MSF?
Questa è veramente una delle più grandi sfide di MSF nell’Iraq settentrionale. Per motivi di sicurezza non è possibile accedere ai feriti all’interno delle zone di guerra. Perciò dobbiamo trovare il modo di trasportare i feriti dalle zone di conflitto agli ospedali nei quali è presente MSF. Alcuni ospedali di riferimento nella regione controllata dai curdi vengono sostenuti da MSF con rifornimenti di scorte mediche e formazione svolta da specialisti internazionali. Attualmente stiamo lavorando a un sistema di trasferimento dei pazienti dalle zone di conflitto a questi ospedali. Per fare questo, e anche per sostenere gli ospedali presenti nelle zone di conflitto, dobbiamo stabilire una rete molto valida di “persone-chiave” provenienti dalle due parti. Questa rete è fondamentale per garantire la sicurezza dei trasferimenti negli ospedali dell’area relativamente sicura e anche per garantire che le scorte mediche arrivino negli ospedali. Ma questo è un problema delicato perché in Iraq il fatto di lavorare nel settore dell’erogazione di servizi primari come l’assistenza sanitaria comporta un rischio per la propria incolumità.
Quali sono le complicazioni mediche più frequenti nei pazienti?
A causa delle continue violenze, soprattutto esplosioni causate da autobombe o da ordigni diretti alla popolazione civile e attacchi di uomini armati, i feriti arrivano spesso con ferite molto gravi e complesse. La maggior parte degli ospedali presente nelle zone di guerra non è in grado di fornire loro cure adeguate. L’infrastruttura sanitaria è al collasso e quindi scarseggiano farmaci, attrezzature chirurgiche e materiali per le medicazioni, ecc. Molti feriti, che arrivano negli ospedali di riferimento presenti nella regione curda, sono stati curati in modo inadeguato negli ospedali delle zone di conflitto. Una delle complicazioni mediche che riscontriamo più frequentemente è l’ustione, causata dalle esplosioni ma spesso anche da attentati suicida. Le condizioni dei pazienti ustionati sono perlopiù molto gravi: presentano ustioni su oltre il 50% della superficie corporea. Due ospedali nella regione curda hanno dei centri ustionati che funzionano molto bene e MSF li sostiene facendo formazione di medici e infermieri, fornendo attrezzature ed effettuando interventi di chirurgia plastica per gli ustionati sotto la supervisione di specialisti internazionali. In uno dei centri ustionati viene anche fornito sostegno psicosociale e psichiatrico.
Che tipo di sostegno può fornire MSF all’interno del sistema sanitario iracheno?
MSF possiede i mezzi per portare negli ospedali di riferimento della regione curda gli specialisti che possono offrire ai medici locali una formazione medica specialistica, in particolare in campo chirurgico. Ma MSF sostiene anche gli ospedali e le strutture sanitarie in tutto l’Iraq inviando scorte mediche e facendo formazione del personale. A causa del collasso del sistema sanitario e della costante scarsità di farmaci e di materiali medici, spesso gli ospedali non sono in grado di fornire ai pazienti le cure giuste. MSF sostiene gli ospedali presenti nelle zone di conflitto inviando scorte adeguate, contribuendo in questo modo a salvare vite umane. C’è una solida rete di persone impegnate nel proprio lavoro che garantisce che i rifornimenti arrivino correttamente negli ospedali. Questa valida rete ci consente anche di effettuare valutazioni sulla situazione umanitaria nelle zone colpite dalla guerra.
“Che il mondo sappia quello che sta succedendo qui”.
Leggi le testimonianze di alcuni pazienti ricoverati negli ospedali delle province settentrionali dell’Iraq.
Kamal è un ragazzo di 22 anni. È disteso su un letto del reparto di terapia intensiva, dove è stato operato alla gamba sinistra. Ha le braccia e il viso fortemente ustionati, mentre parla si copre le cicatrici con un asciugamano. “Sono di Baghdad. Faccio la guardia per una società di vigilanza. Circa due settimane fa viaggiavamo con un convoglio che trasportava delle merci dal nord verso Baghdad. Io stavo nella prima macchina, un pick up, e all’improvviso c’è stata un’esplosione. Sono svenuto. Poi ho ripreso conoscenza per qualche secondo e ho visto il guidatore steso vicino a me, morto. Anche gli altri due uomini che si trovavano nell’auto sono rimasti feriti. Ci hanno portato in questo ospedale. Ho diverse fratture alla gamba sinistra e ustioni sul viso, sulle braccia e sul fianco. Il 22% della mia superficie corporea è ustionato. Sono stato operato alla gamba. Tutto sommato sono contento, sono ancora vivo. Quando uscirò dall’ospedale continuerò a fare la guardia. La vita deve andare avanti!”.
Nello stesso reparto, un anziano sta seduto vicino al letto di un ragazzino. “Yousif è il figlio di mia nipote. Ha dodici anni. Due settimane fa a Baghdad i terroristi hanno attaccato la casa in cui c’era tutta la famiglia riunita. Hanno ammazzato il padre di Yousif e il suo fratellino di otto anni e anche la moglie incinta di suo zio e un altro zio. La casa è stata completamente distrutta, hanno perso tutte le loro cose. Yousif è stato colpito alla gamba, ha fratture multiple. Prima lo abbiamo portato in un ospedale di Baghdad ma non ci sentivamo al sicuro nemmeno lì quindi siamo venuti qui con una macchina privata. Lo hanno dovuto operare. Si rimetterà e potrà proseguire la sua vita, i suoi studi. Ma non torneremo mai a Baghdad. Il padre di Yousif era un uomo brillante, un ingegnere. Ho detto al ragazzo che suo padre era ancora vivo ma lui mi ha risposto: “Non raccontarmi bugie, zio, l’ho visto steso per terra. Lo so che è morto”.
È successo tutto sotto i suoi occhi. Il corpo del suo fratellino era crivellato dai proiettili. Lo hanno ucciso con la mitragliatrice. La madre di Yousif adesso è a Kirkuk, da quando c’è stato l’attacco ha problemi psicologici. Soffriva da molto tempo di reumatismi e ora non riesce più a muoversi. Per il momento non riceve né cure né “counselling”. Forse la prossima settimana la portiamo qui. Dobbiamo molto a questo ospedale e ai medici che ci stanno aiutando. Qui l’assistenza è molto buona.
Per favore fate in modo che il mondo sappia quello che sta succedendo qui!”.
Said, 30 anni, è un altro paziente del reparto. “Sono di una cittadina vicino Mosul. Cinque giorni fa ero per strada con mio cugino. All’improvviso ci siamo trovati in mezzo al fuoco delle mitragliatrici. Io sono stato colpito al fianco destro da diversi proiettili. Mi sentivo malissimo. Mio cugino, che non è rimasto colpito, mi ha portato in questo ospedale, dove sono stato operato. I medici mi hanno promesso che tra qualche giorno potrò andarmene a casa. Nella mia città ho un distributore di benzina ma adesso non ci voglio più lavorare. Quando sei per strada una bomba o una macchina possono esploderti vicino da un momento all’altro. Abbiamo sempre saputo che un giorno o l’altro ci sarebbe potuto succedere qualcosa del genere. Ce lo aspettavamo. Ho moglie e otto figli. Ho detto loro di restare a casa e di non venire a trovarmi. È troppo pericoloso camminare per strada. Sono sempre preoccupato per la mia famiglia. Ma che ci possiamo fare, questa è la nostra vita”.
Tutti i nomi dei pazienti sono stati cambiati.
MSF sta facendo tutto il possibile per portare assistenza medica al popolo iracheno e dal 2006 ha attuato una serie di progetti: dodici ospedali nell’Iraq centrale e settentrionale ricevono rifornimenti, tra cui farmaci e attrezzature mediche. In otto ospedali dell’Iraq centrale e settentrionale MSF fa formazione al personale medico e ad operatori di “counselling” psicologico. In tre ospedali dell’Iraq settentrionale è stato predisposto l’intervento diretto di équipe chirurgiche. In Giordania un progetto di chirurgia prevede chirurgia maxillo-facciale e ricostruttiva per i feriti di guerra iracheni. Sempre dalla Giordania, MSF rifornisce numerosi ospedali iracheni con farmaci e materiali medici ed ha avviato un progetto di formazione per il personale medico iracheno.