L’intollerabile tragedia di Gaza

L’intollerabile tragedia di Gaza

Con la fine del cessate il fuoco e la ripresa dell’offensiva dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, è ripresa la conta delle vittime civili, 53.822 al 22 maggio, di cui più di 15.000 bambini, e oltre 122.000 feriti. Gran parte delle infrastrutture civili sono state distrutte o seriamente danneggiate: il 92% delle unità abitative, più del 60% della rete stradale, l’89% delle scuole.

Dal 2 marzo, Israele ha bloccato l’accesso di aiuti – inclusi cibo, acqua e medicinali – all’interno della Striscia, con la motivazione che Hamas ne avrebbe controllato la distribuzione traendone un vantaggio militare. Il blocco è stato sospeso il 19 maggio, consentendo l’accesso, a oggi, di 105 camion di aiuti. Prima di ottobre 2023, entravano a Gaza 500 camion di aiuti al giorno.

Almeno 437 operatori umanitari sono stati uccisi a Gaza (429 palestinesi) e 219 giornalisti.

Il 5 maggio, il Primo ministro israeliano ha dichiarato che la popolazione di Gaza sarà evacuata con la forza a sud della Striscia, con l’obiettivo di mantenere il controllo definitivo nel resto della regione.

Fondi per gli interventi umanitari

Dei 4,07 miliardi di dollari necessari per affrontare i bisogni umanitari urgenti di tre milioni di persone a Gaza e in Cisgiordania, sono stati raccolti a oggi 634,1 milioni (15,6%).

Accesso alle cure

Il 55% degli ospedali presenti a Gaza (20 su 36) è ancora parzialmente funzionante, insieme a 7 ospedali da campo e 72 centri di cure primarie (56 dei quali funzionanti solo parzialmente). Oltre la metà delle strutture sanitarie funzionanti si trova in aree sottoposte a ordini di evacuazione. L’intera popolazione (2,1 milioni di persone) si trova in una fase di insicurezza alimentare acuta, di cui 470.000 persone nella fase 5 della Scala IPC (fame/carestia). 71.000 bambini e più di 17.000 madri avranno presto bisogno di cure urgenti a causa della malnutrizione.

Si stima che il numero di persone con disabilità sia di oltre 80.000: tra queste, 4.000 (con più di 900 bambini) hanno subito amputazioni. Nella Striscia si sono registrati 720 attacchi a strutture sanitarie (inclusi 186 a mezzi di trasporto) che hanno causato la morte di 917 persone. Dall’inizio della guerra sono rimasti uccisi più di 1.400 operatori sanitari.

Nuovo piano di distribuzione degli aiuti

Il governo israeliano ha annunciato l’affidamento della gestione degli aiuti all’interno della Striscia all’organizzazione non governativa “Gaza Humanitarian Foundation”, registrata in Svizzera lo scorso febbraio. La fondazione sarebbe la sola a essere autorizzata a operare a Gaza, andando a sostituire tutte le organizzazioni umanitarie già presenti, incluse quindici agenzie delle Nazioni Unite. Il cibo sarebbe distribuito in quattro centri, a ciascuno dei quali accederebbero 300.000 persone. I centri sarebbero tutti dislocati nel sud della Striscia e sarebbero presidiati da compagnie di sicurezza private. Il piano gode dell’appoggio dell’amministrazione statunitense. In una dichiarazione rilasciata il 4 maggio, l’“Humanitarian Country Team” operante nei Territori Palestinesi Occupati – riunisce le quindici agenzie delle Nazioni Unite e oltre duecento ONG – ha attaccato il piano messo a punto da Israele: “Avrà come conseguenza che le persone di ampie zone di Gaza non avranno accesso agli aiuti. Sembra pensato per rafforzare il controllo sui beni di prima necessità come tattica militare e per dare ulteriore impulso alle evacuazioni forzate”, costringendo tutta la popolazione a stabilirsi a sud per avere accesso ai nuovi centri di distribuzione.

Il 25 maggio, Jake Wood ha annunciato le sue dimissioni dalla carica di direttore esecutivo della “Gaza Humanitarian Foundation”: “È chiaro come non sia possibile attuare questo piano rispettando rigorosamente i principi umanitari di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza”. Il 19 maggio è stata diffusa una dichiarazione congiunta da parte di ventisette attori istituzionali tra cui l’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione europea e i ministri degli esteri – tra gli altri – di Australia, Nuova Zelanda, Canada, Giappone, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito. “Come donatori umanitari, abbiamo due richieste per il governo di Israele: consentire immediatamente la piena ripresa degli aiuti a Gaza e permettere alle Nazioni Unite e alle organizzazioni umanitarie di operare in modo indipendente e imparziale per salvare vite umane e ridurre le sofferenze. Siamo fermamente convinti che l’immediato ritorno al cessate il fuoco e l’attuazione di una soluzione a due Stati siano l’unico modo per portare pace e sicurezza a israeliani e palestinesi e garantire una stabilità a lungo termine per l’intera regione”.

Nuove regole per la registrazione delle ONG internazionali

Israele ha introdotto nuove regole per la registrazione delle ONG internazionali impegnate nei Territori Occupati. Le organizzazioni già registrate possono rischiare la cancellazione, mentre le nuove candidature rischiano di essere rigettate, sulla base di addebiti come la “delegittimazione di Israele”, l’appoggio ad accuse di violazioni del diritto internazionale commesse dallo Stato israeliano, il sostegno a boicottaggi contro lo stesso Paese.

Il 6 maggio, cinquantacinque organizzazioni internazionali e locali che operano in Israele e nei Territori occupati hanno chiesto alla comunità internazionale di opporsi con urgenza alle misure di registrazione israeliane: “Queste nuove regole segnano una grave escalation delle restrizioni allo spazio umanitario e civile e rischiano di creare un pericoloso precedente: condizionare la registrazione delle ONG all’allineamento politico e ideologico con Israele: significa minare la neutralità, l’imparzialità e l’indipendenza degli attori umanitari”.

Proteggere il Diritto Internazionale Umanitario

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha lanciato un’iniziativa globale in sostegno del Diritto Internazionale Umanitario. Attraverso il coinvolgimento diretto di sei Stati – Francia, Cina, Brasile, Giordania, Sudafrica, Kazakistan – e di esperti del settore, l’obiettivo è di condurre un’analisi, comprensiva di raccomandazioni concrete, sui modi per prevenire le violazioni del DIU, promuovere una maggiore protezione dei civili, garantire la salvaguardia dei servizi sanitari e del personale medico, proteggere il personale umanitario. MSF parteciperà all’iniziativa.

Si tende a dimenticare che il DIU è un autentico dono. È stato sottoscritto da più di centottanta Stati: un autentico miracolo. Se venisse richiesto oggi agli Stati di aderire alle quattro Convenzioni di Ginevra, quanti lo farebbero? Dopo la Seconda Guerra Mondiale c’era un clima favorevole, tutti i Paesi esprimevano con convinzione dichiarazioni come ‘Mai più massacri’, ‘Mai più campi di concentramento’, ‘Mai più guerre in Europa’. Mai come oggi, quel ‘Mai più’ è messo in discussione, a Gaza, ma anche in Sudan, in Yemen, persino in Europa dove abbiamo una guerra aperta. Mai come in questo momento abbiamo bisogno del DIU. Sono stanca di sentir dire che non serve a nulla, che è un guscio vuoto, perché nessuno lo rispetta. Il problema non è il DIU, ma gli Stati che non rispettano e non fanno rispettare ciò che hanno sottoscritto. Il DIU non ha bisogno di essere cambiato, bisogna che lo diciamo forte e chiaro: ha bisogno di essere protetto. Il più possibile”. Claude Maon Dipartimento Legale Internazionale, MSF

 

Questo articolo è parte della newsletter “Per Principio”, sui temi dell’azione umanitaria