Sudan, attacchi in Darfur: 99 feriti nelle strutture supportate da MSF

Sudan, attacchi in Darfur: 99 feriti nelle strutture supportate da MSF

In Sudan, la nostra équipe supporta strutture sanitarie in Darfur settentrionale, centrale e meridionale. Qui, solo nella giornata di ieri, sono arrivati 99 feriti, tra cui donne e bambini, in seguito a una serie di attacchi da parte delle Forze di Supporto Rapido (RSF) e delle Forze Armate Sudanesi (SAF). Quattro persone sono arrivate già morte.

A Tawila, nel Darfur settentrionale, i nostri team hanno assistito 50 feriti solo ieri.

Da metà agosto, oltre 650 feriti, riusciti a fuggire da El Fasher, sono arrivati all’ospedale supportato dalla nostra équipe, situato a 60 chilometri dalla città assediata.

Si tratta di una parte minima delle vittime: i sopravvissuti hanno raccontato di aver visto molti cadaveri lungo le strade e di aver dovuto abbandonare i malati e i feriti più gravi, che non sarebbero sopravvissuti al viaggio fino a Tawila.

Alcune persone hanno camminato per 60 chilometri a piedi, sanguinando per le ferite da arma da fuoco e causate dalle violenze, e loro sono i pochi fortunati che sono sopravvissuti agli orrori di El Fasher e al viaggio per fuggire. Arrivano esausti, distrutti e in condizioni di sofferenza estrema”. Sylvain Penicaud coordinatore del progetto MSF a Tawila

Una popolazione in trappola

Le persone raccontano anche che la vita a El Fasher e nelle aree circostanti è diventata insostenibile.

La RSF e i suoi alleati hanno assediato e bombardato la città per più di un anno, tenendo intrappolate centinaia di migliaia di persone, praticamente senza cibo, medicine, acqua o aiuti umanitari.

Chi cerca di scappare da El Fasher rischia di essere ucciso, torturato, violentato e di subire altre forme di violenza lungo la strada per Tawila, che ora ospita 800.000 sfollati interni.

La guerra in Sudan è già nel suo terzo anno, e la popolazione subisce violenze incessanti senza avere alcun posto dove fuggire.

Il 10 settembre, alcuni droni hanno colpito diverse località del Darfur, ferendo centinaia di persone.

Anche le comunità lontane dal fronte non sono al sicuro, poiché gli attacchi si intensificano simultaneamente in tutta la regione.

Uno di questi attacchi, è stato sferrato con dei droni dalle SAF a soli 4 chilometri dall’ospedale universitario di Zalingei, supportato dai nostri team, nel Darfur centrale.

Si tratta del primo dal mese di febbraio.

Dal nostro ospedale, i nostri team hanno sentito l’attacco con i droni. Pochi istanti dopo, in pieno giorno, abbiamo ricevuto un afflusso di massa di feriti, tra cui 6 donne e 4 bambini. Nessuno è al sicuro”. M. Taher 

Lo stesso giorno, a Nyala, nel Darfur meridionale, 2 droni delle SAF hanno colpito la città. L’ospedale universitario di Nyala, da noi supportato, ha accolto 12 pazienti; 4 persone, tra cui un bambino, sono arrivate già morte.

Si è trattato dell’ottavo attacco mortale con droni sulla città in soli 11 giorni, dopo quelli del 30 agosto e dell’1 e 3 settembre, quando l’ospedale ha curato 44 feriti.

La situazione è insostenibile

La situazione nel Darfur rimane grave: le strutture sanitarie sono sottoposte a una pressione estrema e faticano a far fronte al numero massiccio di pazienti, c’è una grave carenza di forniture e la minaccia di ulteriori attacchi è costante.

Questi attacchi simultanei sono avvenuti appena un giorno dopo che, il 9 settembre, i raid aerei delle RSF hanno colpito Khartoum, la capitale sudanese.

All’ospedale di Al-Nao di Omdurman, supportato dalla nostra équipe, 2 persone sono arrivate con ferite da schegge.

Gli stessi attacchi aerei hanno distrutto una centrale elettrica, causando un blackout in alcune parti della città e costringendo gli ospedali pediatrici Al-Nao e Al-Buluk, da noi supportati, a fare affidamento su generatori o fonti di energia elettrica inaffidabili.

Senza una fornitura di elettricità stabile, le apparecchiature mediche salvavita e l’aria condizionata smettono di funzionare, esponendo i bambini prematuri e gravemente malati al pericolo di surriscaldamento, infezioni e causando malfunzionamenti delle apparecchiature.

Chiediamo a tutte le parti in conflitto di proteggere i civili, il personale medico e le strutture sanitarie e di garantire un accesso sicuro e senza ostacoli agli aiuti umanitari, a cominciare da El Fasher e dalle altre zone assediate. La situazione umanitaria sta precipitando e il mondo non può continuare a distogliere lo sguardo”. Marwan Taher capomissione MSF in Darfur