Sono stato in missione per 9 mesi a Bangui, in Repubblica Centrafricana, come Responsabile della Base MSF. Con energia e professionalità mi sono impegnato per garantire la sicurezza e una buona qualità di vita allo staff, a chi decide di investire il proprio tempo e le proprie capacità per aiutare gli altri.
Nonostante questo, dall’esperienza con MSF mi porto anche tante soddisfazioni come la certezza di aver garantito a medici, infermieri, ostetriche e psicologi dei nostri progetti le migliori condizioni possibili in cui lavorare e la sicurezza per permettere loro di arrivare laddove c’era maggiormente bisogno del loro intervento. L’ho fatto nell’ombra affinché potessero essere in grado di concentrarsi sulle loro attività senza preoccuparsi di tutto quel che stava attorno e che le potevano rendere potenzialmente molto difficili.
A Bangui, MSF ha due maternità in uno dei quartieri caldi della città, dove si sono registrati i dati più preoccupanti in quanto a violenza contro la popolazione civile e, in generale, una situazione di sicurezza particolarmente instabile considerata la presenza di numerosi gruppi armati. Una delle due maternità si trova in una zona particolarmente sensibile e, proprio per questo, è ancora più importante per la popolazione.
In contesti come questo, può capitare che episodi di violenza, dentro e fuori la struttura di MSF, mettano a rischio la possibilità per il nostro staff di continuare le attività. In questi casi, tutte le persone che come me sono in qualche modo implicate nella gestione della sicurezza devono lavorare ancora di più per seguire i movimenti, monitorare la situazione, assicurarsi che, nell’emergenza, tutto possa svolgersi nel modo migliore.
In generale, lavorare per MSF significa avere un impatto sulla vita di coloro che si ritrovano per diverse ragioni, spesso a causa dell’uomo stesso e non per loro scelta, a vivere in paesi che non sono in grado di garantire i servizi minimi per la salute delle persone. Partire con questa organizzazione era un sogno e un traguardo professionale. Sono stato spinto dalla voglia di poter esser parte di un grande gruppo che opera laddove non tutti possono arrivare e dalla voglia di poter essere testimone di aspetti della nostra attualità troppo spesso dimenticati.
Per questi motivi partirei di nuovo e a chi è intenzionato a farlo consiglio non sottovalutare mai l’aspetto professionale di quello che viene richiesto di fare in missione, ma essere anche pronti ad emozionarsi quotidianamente ricordandosi che a volte un sorriso può essere la più semplice delle cose, ma soprattutto la più grande fonte di energia.