Balcani, l’UE rafforzi controlli contro violenze sui migranti

Balcani, l’UE rafforzi controlli contro violenze sui migranti

Nei Balcani, al confine serbo con l’Ungheria e la Bulgaria, migranti e richiedenti asilo continuano a subire trattamenti inumani e degradanti per mano delle autorità frontaliere.

Chiediamo all’UE un maggiore controllo sulle violenze perpetrate ai confini europei.

Le lesioni fisiche che vediamo e le testimonianze di brutalità che ascoltiamo dai nostri pazienti sono la prova del continuo uso intenzionale della violenza per dissuadere le persone dal chiedere asilo in Europa” Duccio Staderini Capomissione di MSF nei Balcani occidentali

Il 16 marzo, il commissario europeo per gli affari interni, Ylva Johansson, e il nuovo direttore di Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) hanno visitato il confine tra Horgos, in Serbia, e Roszke, in Ungheria, dove si verificano regolarmente i violenti respingimenti da parte delle autorità di frontiera.

Durante la visita, Johansson ha elogiato il lavoro fatto per frenare la “migrazione illegale” verso l’Europa, nonostante le persone continuino a subire trattamenti inumani e degradanti.

I rappresentanti dell’UE hanno intenzionalmente deciso di chiudere un occhio sull’uso eccessivo della violenza di cui siamo testimoni alle frontiere esterne europee. Questa visita mostra il vero volto dell’impegno dell’UE nei Balcani occidentali: più fondi per la sicurezza, una maggiore presenza di FRONTEX e un aumento dei rimpatri e della sorveglianza”. Duccio Staderini Capomissione di MSF nei Balcani occidentali

La confisca e la distruzione di effetti personali, la detenzione illegale in celle di isolamento, l’utilizzo di spray al peperoncino e gas lacrimogeni, percosse con manganelli, rami o aggressioni da parte di cani sono solo alcune delle forme di trattamenti disumani delle autorità di frontiera denunciate dalle persone che abbiamo curato.

L’intervento di MSF al confine

Al confine tra Serbia e Ungheria, da gennaio 2021 a oggi, i nostri team hanno curato 498 persone per lesioni da trauma, tra cui contusioni, ematomi e fratture causate dalle violenze commesse dalle autorità frontaliere. Dal 2022, abbiamo effettuato 7.826 visite mediche nel nord della Serbia.

Dall’inizio del 2023, siamo presenti anche al confine tra la Serbia e la Bulgaria, a Pirot, dove abbiamo trattato 1.944 pazienti che presentavano problemi legati soprattutto alle dure condizioni del viaggio come vesciche e lesioni cutanee, congelamento, lacerazioni e infezioni ai piedi, ferite infette, febbre e sintomi generali di stanchezza.

Attraversare il confine dalla Bulgaria alla Serbia comporta una camminata di tre o quattro giorni su sentieri di montagna boscosi. Le persone che compiono questo viaggio spesso non hanno cibo, acqua e riparo e devono affrontare condizioni climatiche difficili.

Inoltre, spesso durante i respingimenti verso la Turchia, le autorità bulgare confiscano loro oggetti personali come telefoni, denaro, e li lasciano a piedi calzi e senza vestiti. A febbraio, due persone, tra cui un bambino, sono morte di freddo lungo questo percorso.

Gli Stati membri dell’UE continuano a dare priorità alla protezione dei confini rispetto alla protezione e al benessere delle persone. Tutto questo deve finire”. Duccio StaderiniCapomissione di MSF nei Balcani occidentali

Le testimonianze delle persone incontrate dai nostri team

Clinica mobile MSF con pazienti in fila in attesa di cure a Pirot Serbia

Ho viaggiato per 8 giorni, di cui 3 senza cibo né acqua mentre attraversavo il confine tra la Turchia e la Bulgaria su una montagna innevata. Quando i militari ci hanno visto hanno sparato in aria. Prendono i tuoi effetti personali, ti strappano i vestiti e ti mandano via in mutande”. Racconto di un uomo marocchino al team MSF

Ho partorito mio figlio Youssef all’ospedale di Szeged, dopo che la polizia ha chiamato l’ambulanza. Dopo soli 6 giorni, però, sono venuti a prendermi e mi hanno portato fuori dall’ospedale. Io ho chiesto se potevo chiedere asilo ma non c’era un mediatore e non ho capito bene cosa mi hanno detto. Ci hanno respinto in Serbia e ora sono qui con mio figlio appena nato e non so cos’altro fare”. Racconto di una donna siriana entrata in travaglio mentre attraversava la foresta e respinta in Serbia dall’Ungheria con il figlio di 6 giorni

Mi hanno tolto le scarpe e il giacchetto, mi hanno legato i polsi con un cavo di plastica, mi hanno spinto la faccia a terra e mi hanno picchiato con dei bastoni sulla gamba… Ogni volta che giravo il viso, mi picchiavano ancor di più. Mi hanno colpito sulle gambe e sul petto e un uomo mi ha calpestato. Mi hanno preso le scarpe, la giacca, il telefono e i soldi. Non hanno detto nulla, ma hanno continuato a picchiarmi e a ridere, e questo suono continua a risuonare nella mia testa. Poi ci hanno messo dentro un furgone, ci hanno portato per circa 20 km verso Sofia e ci hanno lasciato in una foresta. Faceva molto freddo, io tremavo. Non sono riuscito a dormire per 4 giorni”. Racconto di un uomo proveniente dal Marocco

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