Basta ipocrisia: gli immigrati che lavorano nei campi del Sud sono privati di qualunque diritto e tutela. Allarmanti le condizioni di salute

31 marzo 2005 – Condizioni di vita inaccettabili per un Paese civile, mancanza di qualsiasi forma di assistenza o tutela, esposizione a maltrattamenti e soprusi, condizioni di salute a dir poco precarie.

E’ il quadro che emerge da un Rapporto redatto dall’associazione umanitaria internazionale Medici Senza Frontiere (MSF) sui lavoratori stranieri impiegati stagionalmente nell’agricoltura nel Sud d’Italia, presentato oggi a Roma e intitolato "I frutti dell’ipocrisia. Storie di chi l’agricoltura la fa. Di nascosto."

Un esercito di uomini (e in qualche caso anche donne) giovani, scappati da guerre e miseria e arrivati in Italia alla ricerca di una vita più dignitosa. Questi lavoratori sono sempre più indispensabili per l’agricoltura del Sud, eppure restano "invisibili", ignorati e privati dei diritti più essenziali, in una sorta di ipocrisia collettiva che coinvolge il Governo, gli enti locali, le associazioni di produttori, i sindacati, le Asl, gli enti di tutela fino ai consumatori che acquistano primizie e ortaggi probabilmente ignari dei gravi soprusi che stanno dietro alla raccolta.

Durante tutta la stagione 2004 (da aprile a dicembre) un’équipe di MSF – un coordinatore, 2 sanitari, un operatore umanitario, 2 mediatori culturali- si è spostata con una clinica mobile attraverso le Regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia, Calabria) toccando le località in cui, di volta in volta in relazione alle colture, si concentrano gli stranieri in cerca di lavoro.

Nel corso del progetto MSF ha visitato e intervistato 770 persone (su un totale stimato di 12mila lavoratori stagionali immigrati impiegati in agricoltura nel Sud Italia). I risultati dell’inchiesta sono allarmanti: la grande maggioranza dei lavoratori incontrati vive in condizioni igieniche e alloggiative inaccettabili e non rispondenti agli standard minimi fissati dall’Alto commissariato ONU per i Rifugiati (Unhcr) per l’allestimento di campi profughi in zone di crisi:
il 40% delle persone visitate vive in edifici abbandonati; il 36% vive in spazi sovraffollati; più del 50% non dispone di acqua corrente nel posto in cui vive; il 30% non ha elettricità; il 43,2% non dispone di toilette; la maggior parte dei lavoratori immigrati riesce a mangiare solo una volta al giorno (per lo più la sera), anche nelle giornate in cui lavorano nei campi per 8-10 ore; il 48% dei lavoratori intervistati ha dichiarato di percepire 25 euro o meno per giornata di lavoro; molti riescono a trovare lavoro solo per 3 giorni a settimana e le loro entrate sono quindi molto ridotte; il 30% dei lavoratori deve pagare di tasca propria al caporale il trasporto fino al luogo di lavoro (in media 5 euro al giorno). E’ dunque naturale che il 53,7% dichiari di non riuscire a inviare alcuna somma di denaro nel Paese d’origine. Il 30% degli intervistati ha dichiarato di aver subito qualche forma di violenza, abuso, o maltrattamento negli ultimi 6 mesi in Italia. Nell’82,5% dei casi l’aggressore era un italiano.

Quasi a tutti gli immigrati che hanno richiesto una vista sono state effettivamente diagnosticate una o più patologie. Il 50,9% delle malattie diagnosticate sono di origine infettiva: soprattutto patologie dermatologiche (23,6%); parassiti intestinali e malattie del cavo orale (15,5% ciascuna); malattie respiratorie (14,3%, inclusi 12 casi di tubercolosi). Le malattie più gravi si riscontrano negli stranieri che vivono in Italia da più tempo (18-24 mesi). Il così detto "intervallo di benessere" (tempo che passa dall’arrivo in Italia all’insorgere della prima malattia) si sta sempre più accorciando. Il 10% degli stranieri necessitano di assistenza sanitaria dopo un mese dall’arrivo in Italia; il 39,7% manifesta questo bisogno dopo un periodo compreso tra 1 e 6 mesi.

L’accesso all’assistenza sanitaria pubblica sembra però un miraggio per questi lavoratori. La legge italiana prevede che tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti (compresi richiedenti asilo e rifugiati) beneficino di un’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) alle stesse condizioni degli italiani; gli stranieri irregolarmente presenti sul territorio, in caso di necessità di cure mediche, possono accedere alle strutture pubbliche con la garanzia dell’anonimato (e quindi senza correre il rischio di essere espulsi) grazie al rilascio di un codice numerico detto STP (straniero temporaneamente presente). Questi diritti restano solo sulla carta per la maggior parte degli stranieri impiegati in agricoltura: nonostante la legge, il 75% dei rifugiati, l’85,3% dei richiedenti asilo e l’88,6% degli stranieri irregolarmente presenti visitati da MSF non beneficiava di alcun tipo di assistenza sanitaria.

Il 23,4% dei lavoratori intervistati da MSF sono richiedenti asilo. Il 6,3% sono rifugiati; il 18,9% ha un permesso di soggiorno per motivi diversi dal "lavoro stagionale" (studio, lavoro di altro genere, famiglia, etc.); il 51,4% non ha alcun permesso di soggiorno valido. Nessuno degli stranieri visitati da MSF godeva del contratto di lavoro previsto dalla legge per gli stagionali impiegati in agricoltura.

"Tra poche settimane migliaia di lavoratori stranieri affolleranno di nuovo le campagne del Mezzogiorno – dice Andrea Accardi, coordinatore dello studio di MSF -. Non si può continuare a ignorare la situazione. Le istituzioni italiane dovranno immediatamente provvedere a garantire agli stranieri che lavorano nelle campagne le condizioni minime di accoglienza (alloggio decente, acqua potabile, cibo sufficiente, etc). Queste soluzioni di emergenza, se pur necessarie, non potranno in ogni caso essere considerate una risposta efficace a un problema strutturale che richiede un profondo ripensamento di meccanismi che regolano l’ingresso e la permanenza in Italia di lavoratori stagionali stranieri. Gli strumenti fin qui utilizzati hanno infatti dimostrato di essere fallimentari nel Sud e di produrre condizioni di sfruttamento e malattia inaccettabili".

"Le istituzioni e la società civile italiane non possono permettere che decine di migliaia di persone continuino ad ammalarsi mentre lavorano i nostri campi – aggiunge il responsabile dei progetti immigrazione di MSF in Italia, Loris De Filippi -. Non possiamo più accettare che malattie infettive facilmente prevenibili con condizioni di igiene adeguate colpiscano buona parte degli stranieri che raccolgono le primizie del Sud. Non possiamo far finta di non vedere questa moltitudine di esseri umani che arriva in Italia fuggendo da guerre e povertà e si trova ammalata dopo meno di 6 mesi trascorsi nel nostro Paese. Non possiamo tollerare che a questi lavoratori sia negato il più elementare diritto all’accesso alle cure".

Scarica la sintesi del Rapporto in PDF >>

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