Ciclone Idai: il racconto del nostro capoprogetto

Ciclone Idai: il racconto del nostro capoprogetto

La nostra équipe d’emergenza ha raggiungo la città di Beira, travolta dal ciclone Idai il 14 marzo. Abbiamo dovuto interrompere le nostre attività regolari nell’area ma abbiamo inviato un team specializzato per valutare la situazione e garantire cure e assistenza alla popolazione colpita.

Il capoprogetto di MSF a Beira, Gabriele Santi, ci spiega cosa sta succedendo

La prima cosa che vedi quando arrivi è distruzione e acqua ovunque. Dicono che la situazione fuori città potrebbe essere addirittura peggiore, ma nel breve tempo trascorso dal nostro arrivo ci siamo concentrati per cercare di comprendere la situazione e i bisogni in città, perché ci vivono circa 500.000 persone e la maggior parte delle case è danneggiata o distrutta.

La rete idrica è fuori servizio e ci sono vaste zone dove le persone fanno molta fatica a trovare una fonte di acqua pulita, soprattutto nei quartieri più poveri e densamente popolati.

La vita continua, in un modo o nell’altro. Le persone tornano al lavoro e cominciano a cercare cibo, ma ci sono alberi sradicati ovunque sparsi al suolo, vedi persone che cercano di riparare le loro case, di coprire il buco dove prima c’era un tetto. Sta ancora piovendo forte. Ci vorrà molto tempo prima che tutta l’acqua si ritiri. 

È difficile in questa fase avere un quadro chiaro dei bisogni medici delle persone. È difficile anche solo raggiungere le strutture sanitarie, perché le strade, o addirittura le strutture stesse, sono distrutte. Al momento questa è la nostra maggiore sfida. Ed è una sfida anche per il Ministero della Salute, che sta cercando di riabilitare il sistema sanitario nel più rapido tempo possibile.

Le malattie diffuse dall’acqua sono motivo di preoccupazione. Le persone stanno utilizzando acqua di pozzo non sterilizzata, difficilmente è acqua pulita e sicura da bere. Le famiglie con più soldi possono ancora comprare acqua in bottiglia, ma non tutti possono permetterselo.

Anche le malattie respiratorie ci preoccupano. Sta ancora piovendo, direttamente nelle case, e la polmonite può diventare un problema. Molte persone si sono radunate nelle scuole o nelle chiese, dove le malattie respiratorie possono diffondersi facilmente.

Oltre a tutto questo, c’è il problema di come curare le persone che si ammalano, dato l’alto numero di strutture sanitarie danneggiate o distrutte. 

Ma ancora, è davvero troppo presto per avere un quadro chiaro della portata dei bisogni medici. Inizieremo ad affrontare i bisogni principali che vediamo, e capiremo meglio, giorno per giorno, dove la nostra assistenza può avere il maggiore impatto ed estenderemo la nostra risposta di conseguenza”.

In Mozambico MSF lavora a Maputo, dove fornisce assistenza ai pazienti sieropositivi che necessitano di terapie antiretrovirali e ai pazienti affetti da tubercolosi multiresistente ai farmaci. Nel 2016 è iniziato un nuovo programma che si concentra sul trattamento dell’Epatite C.

In Malawi MSF lavora dal 1986 per migliorare l’assistenza ai pazienti affetti da HIV, in particolare tra gli adolescenti e altri gruppi vulnerabili, affiancando il personale sanitario nell’ospedale di Nsanje e in 14 centri sanitari del distretto, oltre che nel “corridoio transnazionale lungo le rotte di trasporto” tra il Malawi e il Mozambico. Nel distretto di Chiradzulu, MSF sta sviluppando anche un progetto completo per la prevenzione ed il trattamento precoce del tumore cervicale.

Dal 2000, MSF ha avviato progetti in Zimbabwe in collaborazione con il Ministero della Salute, fornendo trattamenti per HIV, TB, malattie croniche e salute mentale. Nel 2017 ha assistito 1.400 pazienti per violenza sessuale e condotto 1.500 sedute individuali di salute mentale.

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