Darfur bombardamenti aerei e attacchi contro i villaggi spingono migliaia di persone alla fuga

Dall’8 al 10 febbraio le forze armate sudanesi, assistite da milizie, hanno lanciato una vasta offensiva nel Darfur nord-occidentale. Questa offensiva militare, una delle più violente degli ultimi anni, ha provocato un immediato sfollamento della popolazione e l’interruzione forzata di tutte le attività mediche a Seleia, dove Medici Senza Frontiere (MSF) gestiva un centro di salute dal 2006.

Le nostre equipe presenti in Ciad, al di là del confine, confermano che almeno 7mila nuovi rifugiati, inclusi operatori sudanesi di MSF, hanno raggiunto la zona di Birak dopo essere fuggiti dalle città di Abu Suruj, Sirba e Seleia, attualmente svuotate dei loro abitanti. E questa è solo una minima parte della popolazione direttamente colpita dall’offensiva che si stima sia intorno alle 50mila persone.

Secondo i racconti dei rifugiati, gli attacchi sono iniziati l’8 febbraio, con bombardamenti di velivoli militari ed elicotteri da combattimento. Le testimonianze dei rifugiati descrivono l’orrore della violenza che hanno dovuto subire. “Abbiamo visto i soldati circondare la nostra città e poi iniziare a saccheggiare le nostre case e dare loro fuoco”, ha raccontato uno degli abitanti di Seleia giunto nella regione di Birak. Anche la sede di MSF è stata attaccata e saccheggiata, nonostante il fatto che molte donne e bambini avessero cercato rifugio nella struttura medica. Inoltre, la popolazione sfollata racconta di essere stata attaccata nuovamente, minacciata e rapinata dalle milizie lungo la strada, mentre fuggivano verso il Ciad durante la notte.

I rifugiati in Ciad si sono radunati attorno ai villaggi, sotto gli alberi e non hanno nulla se non gli abiti che indossavano al momento della fuga. Le equipe di MSF hanno subito iniziato a curare i feriti che necessitavano di cure urgenti. Le priorità immediate sono fornire acqua potabile e distribuire coperte, poiché la regione è particolarmente fredda e ventosa, e avviare consultazioni mediche.

“MSF è estremamente preoccupata per la sorte delle persone rimaste indietro”, dichiara Huub Verhagen, responsabile delle operazioni di MSF in Ciad e in Sudan. “Molte famiglie sono state separate durante l’attacco e non abbiamo notizie di quanti rimasti in Darfur”.

L’accesso alla regione a nord di El Geneina è stato sistematicamente rifiutato al nostro personale internazionale in Sudan da metà dicembre 2007, nonostante le notizie di un peggioramento della situazione umanitaria e la necessità di effettuare una rapida valutazione dei bisogni sanitari in seguito ai recenti attacchi. MSF chiede a tutti i belligeranti un accesso libero e incondizionato alla popolazione che necessita di assistenza d’emergenza immediata.

Medici Senza Frontiere è presente su entrambi i lati del confine tra Ciad e Darfur (Sudan) dal 2004 e fornisce assistenza alle popolazioni vittime del conflitto. In Darfur, MSF è presente con 120 operatori internazionali e 1800 operatori sudanesi, in Ciad con 80 operatori internazionali e mille operatori ciadiani.
 

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