Guerra a Gaza: popolazione e soccorritori prigionieri di una trappola mortale

“Dobbiamo tornare al bombardamento di Grozny, capitale della Cecenia, da parte dell’esercito russo nel dicembre 1999 per trovare un tasso di mortalità così alto in un così breve lasso di tempo: almeno 260 morti a Grozny in cinque giorni, tra il 2 e il 7 dicembre 1999”

 

Gerusalemme, 16 gennaio 2009

Sono venuta a Gerusalemme per mantenere un contatto permanente con il team di Medici Senza Frontiere (MSF), che ora si trova a Gaza a causa dei gravi avvenimenti che stanno sconvolgendo la città. Il nostro team internazionale è arrivato a Gaza il 31 dicembre per supportare il team palestinese di MSF nel fornire assistenza medica alle vittime del conflitto. Mentre i combattimenti infuriano a Gaza City e colpiscono in maniera indiscriminata strutture civili e addirittura ospedali, aumenta la preoccupazione per la sicurezza delle nostre squadre di soccorso.Nelle ultime tre settimane l’offensiva israeliana nella striscia di Gaza avrebbe causato la morte di oltre mille palestinesi e il ferimento di molte migliaia di persone. Oltre il 30% dei morti dall’inizio delle incursioni terrestri sarebbe costituito da bambini e ragazzi al di sotto dei 16 anni. Il bilancio, diffuso dalle autorità sanitarie palestinesi, non è stato smentito dal governo israeliano.

Da parte israeliana, secondo l’esercito, sono stati uccisi 4 civili e dieci soldati Al di là di qualsiasi speculazione su quella che dovrebbe essere una “risposta proporzionata”, il rapporto di uno a cento tra le perdite sui due fronti segna l’immensa sproporzione che caratterizza questa guerra.

Nella storia di Medici Senza Frontiere, che da quasi quarant’anni interviene in situazioni di conflitto armato, si fatica a ricordare una tale ecatombe di civili in un lasso di tempo così breve. A Mogadiscio, in Somalia, nel Kivu Orientale, in Congo, in Sri Lanka e nemmeno nel Darfur, nessuna di queste guerre ha provocato così tanti morti in un periodo così ridotto. Dobbiamo tornare al bombardamento di Grozny, capitale della Cecenia, da parte dell’esercito russo nel dicembre 1999 per trovare un tasso di mortalità così alto in un così breve lasso di tempo: almeno 260 morti a Grozny in cinque giorni, tra il 2 e il 7 dicembre 1999.

Quando abbiamo ricevuto il premio Nobel per la pace, a Oslo, il 10 dicembre 1999, abbiamo lanciato un appello a Boris Eltsin perché ci desse l’autorizzazione per accedere ai feriti e soprattutto perché ponesse fine agli attacchi indiscriminati. Invano. Gli appelli delle Nazioni Unite e della Croce Rossa Internazionale non hanno sortito un effetto diverso a Gaza. L’attacco israeliano nella striscia è stato condotto con lo stesso cinismo e lo stesso disprezzo per i civili che i team di MSF hanno affrontato nelle guerre degli ultimi anni. Il bilancio è aggravato dal fatto che gli attacchi israeliani hanno colpito una popolazione che vive in cattività e che non può fuggire per mettersi in salvo. Il team di MSF lavora a fianco dei palestinesi negli ospedali sovraffollati dai feriti, ma molti di essi non possono ricevere le cure di cui avrebbero bisogno perché non riescono a raggiungere gli ospedali a causa dei bombardamenti, che non risparmiano nemmeno le ambulanze, gli ospedali né il personale sanitario.
La tregua quotidiana di tre ore al giorno introdotta lo scorso 7 gennaio, relativa alla sola Gaza city, si è rivelata del tutto insufficiente per organizzare l’evacuazione e il primo soccorso di tutti i feriti. In effetti, nelle periferie, i bombardamenti sono proseguiti in maniera incessante senza lasciare alcuna possibilità di fornire assistenza medica. Oggi la tregua dura dalle 12 alle 15. Nello stesso momento, però, la lotta infuria anche in alcune zone di Gaza city e uno dei suoi ospedali, Al-Qods, è stato bombardato. In questo contesto è necessario che le autorità israeliane pongano fine alla loro offensiva o che almeno trasformino radicalmente i loro metodi di combattimento affinché si riesca a raggiungere, portare in salvo e curare tutti i feriti. Oltre ai feriti, però, è l’intera popolazione di Gaza a soffrire e a vivere nel terrore, privata di ogni possibilità di fuga.

Finora le condizioni minime previste dalle Convenzioni di Ginevra non sono state soddisfatte. E’ evidente che, contrariamente a quanto afferma il governo israeliano, il modo di fare la guerra oggi a Gaza non rispetta le regole del diritto internazionale umanitario in caso di conflitto armato. Lasciar credere il contrario significa rafforzare la violenza con la menzogna.

Dottoressa Marie-Pierre Alliè, presidente della sezione francese di Medici Senza Frontiere.
 

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