Kunduz Afghanistan settentrionale: dove la chirurgia fa la differenza

Ali*, 14 anni, stava giocando con gli amici nei campi alla periferia di Kunduz, Afghanistan settentrionale. “Sembrava una batteria. L’abbiamo raccolta, abbiamo collegato i due fili che spuntavano lì sopra e quella cosa ci è scoppiata in faccia.” I genitori di Ali l’hanno subito portato all’ospedale che Medici Senza Frontiere ha aperto nel 2011 nella città di Kunduz. Alcuni frammenti dell’ordigno gli si erano conficcati nel viso ed era ferito alle mani e alle braccia.

Probabilmente si è trattato di un detonatore abbandonato sul campo,” ha detto Martin John Jarmin, chirurgo di MSF. “Suo fratello ha perso la vista, ma Ali ha avuto fortuna e si riprenderà.”

Nell’agosto 2011, MSF ha aperto un ospedale chirurgico nell’Afghanistan settentrionale, nella provincia di Kunduz. Unico presidio chirurgico di tutto il nord, l’ospedale è dotato di pronto soccorso, due sale operatorie e un’unità di cura intensiva, per un totale di 70 posti letto distribuiti su quattro reparti.

Prima che l’ospedale venisse aperto, per trovare cure adeguate i feriti gravi erano costretti ad affrontare lunghi e pericolosi viaggi da questa regione fino a Kabul o verso il Pakistan oppure potevano farsi visitare in costose cliniche private. Di conseguenza, pochi riuscivano a ricevere il trattamento di cui avevano bisogno.

L’ospedale risponde a bisogni finora inascoltati,” spiega Silvia Dallatomasina, coordinatore medico di MSF a Kunduz. “La maggior parte dei nostri pazienti è di Kunduz, ma ne arrivano parecchi anche dalle province limitrofe, e perfino da Herat, lungo il confine con l’Iran.”

A meno di un anno dalla sua apertura, l’ospedale di MSF ha già preso in cura più di 3.700 pazienti. Anche se vive un periodo di relativa quiete, l’Afghanistan settentrionale è ancora percorso dalla violenza: non è più guerra in campo aperto, ma un conflitto strisciante. Dalla sua apertura, l’ospedale di MSF accoglie soprattutto vittime di “traumi generici”: incidenti d’auto, violenza domestica e sparatorie tra civili. Ogni tanto il conflitto si riaccende con il suo inevitabile corollario di feriti. Negli ultimi mesi Kunduz è stata sottoposta a diversi bombardamenti che hanno causato un forte afflusso di pazienti con ferite multiple all’ospedale. Il 25 febbraio, una protesta attorno al compound delle Nazioni Unite è degenerata in violenti scontri e, nel giro di pochissime ore, ai cancelli dell’ospedale c’erano più di 50 persone gravemente ferite. Il personale dell’ospedale di MSF è composto da 20 operatori internazionali e 300 locali. Dal giorno della sua apertura sono state effettuate più di 1.500 operazioni chirurgiche.

L’assistenza traumatologica consiste anche nel monitoraggio dopo l’intervento chirurgico, attraverso la riabilitazione fisica. Nel reparto di riabilitazione, la fisioterapista Berangere Ghoy (che lavora per Handicap International, un’organizzazione che collabora con MSF nell’ospedale) sta aiutando Abdallah a portare a termine i suoi esercizi quotidiani.

Abdallah è stato investito e si è rotto una gamba, nella provincia di Badakshan, Afghanistan orientale,” ha detto Berangere. “Per fortuna siamo riusciti a non amputargliela. É un ragazzo davvero coraggioso: il dolore l’ha tormentato per oltre un mese ma lui niente, neanche un lamento”.

(* I nomi dei pazienti sono stati modificati per proteggerne la privacy)

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