La crisi alimentare mondiale.

Riportiamo l’editoriale del New York Times sulla crisi alimentare mondiale e la risposta di Nicolas de Torrente, Direttore esecutivo della sezione americana di Medici Senza Frontiere.

New York Times
10 aprile 2008
Editoriale

 

La crisi alimentare mondiale
La maggioranza degli americani dà il cibo per scontato. Negli Stati Uniti persino il quinto delle famiglie più povere della popolazione spende per alimentarsi solo il 16% del proprio budget. In molti altri paesi il cibo non è così scontato. Una famiglia nigeriana spende per mangiare il 73% del proprio budget, una vietnamita il 65% e un’indonesiana il 50%. E questo significa che si trovano in difficoltà.
Lo scorso anno la spesa per le importazioni alimentari nei Paesi in via di sviluppo è aumentata del 25% a fronte di un aumento dei prezzi alimentari senza precedenti. Negli ultimi due anni il prezzo del mais è raddoppiato mentre il frumento ha raggiunto il prezzo più alto degli ultimi 28 anni. Questi aumenti hanno già provocato tensioni sociali, da Haiti all’Egitto. Molti paesi hanno imposto controlli sui prezzi alimentari o tasse sulle esportazioni agricole.
La scorsa settimana il presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick ha lanciato un monito affermando che 33 nazioni sono a rischio di conflitti sociali a causa dell’aumento dei prezzi alimentari. “Per i paesi nei quali la spesa alimentare costituisce da metà a tre quarti della spesa al consumo, non vi sono margini di sopravvivenza” ha dichiarato.
È improbabile un calo dei prezzi a breve termine. La FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, sostiene che quest’anno le scorte di cereali a livello mondiale saranno le più basse dal 1982.
Gli Stati Uniti e gli altri paesi sviluppati devono prendere posizione. L’aumento dei prezzi alimentari è in parte dovuto a forze incontrollabili quali l’aumento dei costi energetici e la crescita della classe media in Cina e in India. Questo ha incrementato la domanda di proteine animali, che richiede grandi quantità di cereali.
Tuttavia i paesi ricchi aggravano questa situazione finanziando la produzione di biocarburanti. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, la produzione di etanolo derivato dal mais negli Stati Uniti ha contribuito perlomeno all’aumento del 50% della domanda di mais a livello mondiale negli ultimi tre anni. Ciò ha fatto salire il prezzo del mais. È aumentato il prezzo dei mangimi e anche quello di altre colture, soprattutto semi di soia, perché gli agricoltori sono passati a coltivare il mais, secondo quanto riferito dal Dipartimento per l’Agricoltura.
Washington concede ai raffinatori di etanolo una sovvenzione di 51 centesimi di dollaro per gallone e applica una tariffa di 54 centesimi per gallone sulle importazioni. Nell’Unione Europea, molti paesi esentano i biocarburanti da alcune tasse sulla benzina e applicano una tariffa media pari a oltre 70 centesimi di dollaro a gallone sull’etanolo di importazione. Vi sono diverse ragioni per porre fine a questi interventi. Nel migliore dei casi, l’etanolo derivato dal mais comporta solo una piccola riduzione dei gas serra rispetto alla benzina e in più la situazione potrebbe peggiorare se la produzione di etanolo derivato dal mais portasse ad aumentare le coltivazioni a scapito di foreste e pascoli. L’aumento dei prezzi alimentari è un valido motivo per bocciare i finanziamenti all’etanolo.
Nel lungo periodo, la produttività agricola nei Paesi in via di sviluppo deve aumentare. Zoellick ha proposto che i paesi ricchi finanzino una sorta di “rivoluzione verde” per aumentare la produttività agricola e i raccolti in Africa. Ma l’aumento dei prezzi alimentari richiede un’azione immediata da parte delle nazioni sviluppate. Il mese scorso, il World Food Program ha affermato che l’aumento del costo dei cereali ha determinato un buco di oltre 500 milioni di dollari nel budget destinato alle milioni di vittime della fame nel mondo.
Purtroppo le nazioni industrializzate non sono generose. Lo scorso anno gli aiuti esteri da parte dei paesi ricchi hanno registrato una flessione dell’8.4% rispetto al 2006. Per i prossimi tre anni le nazioni sviluppate dovrebbero aumentare del 35% i loro budget per gli aiuti umanitari solo per far fronte agli impegni presi nel 2005.
Questi paesi non devono perdere di vista tale obiettivo. La crescita continua della classe media in Cina e in India, la spinta verso i carburanti rinnovabili e il previsto danno alla produzione agricola causato dal riscaldamento globale indicano che verosimilmente i prezzi alimentari resteranno alti. Milioni di persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, potrebbero aver bisogno di aiuti per scongiurare la malnutrizione. Le politiche energetiche dei paesi ricchi hanno creato il problema. Ora questi paesi devono contribuire a risolverlo.
Si ringrazia l’editore per la gentile concessione

 

New York Times

14 aprile 2008

Prevenire la malnutrizione, per il bene dei bambini

Al direttore:

Re: “La crisi alimentare mondiale” (editoriale del 10 aprile)

Quello che andrebbe anche evidenziato è l’effetto devastante che l’aumento dei prezzi alimentari mondiali avrà sui bambini e sui neonati più vulnerabili.

Superata la fase dell’allattamento esclusivo al seno, per i bambini la qualità del cibo non è meno importante della quantità. Per garantire la salute e la crescita dei bambini dai 6 ai 24 mesi è necessario fornire loro energia sotto forma di cereali, grassi e nutrienti essenziali specifici che si trovano nelle proteine di origine animale, come il latte.

Nelle cosiddette “zone calde della malnutrizione” come il Sahel, l’Africa orientale e l’Asia meridionale, dove ogni anno si verificano gran parte dei decessi per malnutrizione (cinque milioni nel mondo), le famiglie povere già lottano, spesso senza successo, per dare ai loro figli un’alimentazione variata.

Come lei sottolinea, è fondamentale rafforzare la capacità del World Food Program di effettuare distribuzioni alimentari generali e altri interventi a fronte della crescente crisi alimentare mondiale. Tuttavia aumentare la quantità di aiuti alimentari non è sufficiente. Contrastare e invertire l’alto tasso di decessi per malnutrizione nei giovani deve essere una priorità assoluta.

Gli alimenti ad alto valore nutrizionale “pronti all’uso” ed altri elementi nutritivi adeguati ai bisogni specifici dei bambini più piccoli possono avere effetti significativi . L’inserimento di questi nutrimenti all’interno degli aiuti alimentari esistenti può comportare un aumento della spesa globale per gli aiuti alimentari, tuttavia se il mondo vuole realmente contenere questa crescente crisi, non può considerarla un lusso.

 

 

Nicolas de Torrente
Direttore esecutivo
Medici Senza Frontiere USA

 

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