Mozambico: una crisi invisibile

Mozambico: una crisi invisibile

Nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, è in corso un conflitto poco noto ma non per questo meno letale, che ha provocato abusi e sofferenze.

Dal 2018, circa 730.000 persone sono state costrette a fuggire a causa del conflitto e dei numerosi attacchi da parte di gruppi armati nei villaggi della regione, ricca di risorse.

Negli ultimi mesi, le autorità statali e di altri paesi alleati nella regione hanno lanciato offensive per riprendere il controllo delle aree da cui la gente è fuggita. Alcune delle aree riconquistate sono state preparate o sono in fase di preparazione per il ritorno degli sfollati. Le violenze stanno diminuendo ma ci sono ancora diversi focolai di conflitto che continuano a costringere la gente a fuggire.

Città fantasma

Lo scorso marzo abbiamo aperto un progetto a Mueda per offrire assistenza medica e umanitaria a circa 12.000 persone sfollate. Da lì, con le nostre cliniche mobili ci spostiamo nei distretti di Mueda, Nangade, Muidumbe e Mocímboa, dove vivono circa 50.000 sfollati e dove il sistema sanitario è stato duramente colpito dal conflitto: alcune strutture sono state attaccate e il personale medico è andato via.

Molte aree sono ora come città fantasma da quando la gente è fuggita. In altri luoghi i centri sanitari pubblici sono funzionanti e c’è un ritorno alla normalità poiché alcune persone stanno gradualmente tornando.

Violenze improvvise, situazione instabile

Le violenze, però, continuano e provocano movimenti improvvisi – a volte basta una voce per scatenare la disperazione. Gli scontri sono così imprevedibili che la gente è costretta a partire con i soli vestiti che ha addosso.

La situazione è estremamente instabile, con persone che si muovono in diverse direzioni sia per fuggire dalla violenza che per tornare a casa. Il nostro team deve essere reattivo perché è importante accompagnarli per garantire un minimo di servizi sanitari e umanitari durante la loro fuga, lo spostamento e il ritorno”. Paulo Milanesio Coordinatore del progetto MSF a Mueda

Quali sono i bisogni delle persone sfollate

In vaste aree del nord nessuna o poche organizzazioni umanitarie sono presenti. Questo ci costringe a diversificare le nostre attività. Quando incontriamo un gruppo di sfollati in queste zone, spesso hanno molto poco, quindi forniamo anche acqua potabile, cibo o a materiali per costruire un riparo. Abbiamo persino dovuto comprare vestiti e scarpe.

Ci sono persone che hanno vissuto nella boscaglia per mesi, alcuni anche più di un anno. Arrivano in un pessimo stato. Di solito sono persone anziane malnutrite, anemiche e con i vestiti praticamente distrutti. Se hanno malattie croniche come la tubercolosi o l’HIV, che è molto diffusa in Mozambico, sono in cattive condizioni perché hanno interrotto il loro trattamento. Vediamo anche molti problemi respiratori e di ipertensione.

Ho cercato rifugio nella foresta e ci ho passato più di un anno. La vita nella foresta era una sofferenza. Tutto ciò che mangiavamo era manioca secca e foglie di manioca”. Testimonianza di una persona sfollata

Oltre a queste complesse condizioni mediche, le persone soffrono anche di problemi psicologici. Quasi tutte le famiglie hanno subito un trauma.

Sono stati testimoni o hanno subito violenza, hanno perso la casa o non hanno più notizie dei loro parenti. Tutte queste esperienze hanno avuto un effetto molto negativo sulla loro salute mentale. Spesso incontriamo anche bambini orfani, che hanno visto morire i loro genitori o che sono stati rapiti da gruppi armati, così come genitori che non sanno dove siano i loro figli.

Come rispondiamo all’emergenza

Il lavoro è enorme. A Mueda, forniamo supporto tecnico all’ospedale locale, gestiamo un centro di salute nel campo sfollati e vari punti di distribuzione dell’acqua, dato che la mancanza di accesso all’acqua potabile è peggiorata notevolmente.

Abbiamo una équipe di ostetriche per monitorare le donne incinte e ambulanze pronte per trasferire i casi gravi all’ospedale. Facciamo attività di promozione della salute e, ora che la stagione delle piogge si avvicina, molto lavoro per prevenire la diffusione di malattie come il colera e la malaria. Forniamo anche supporto psicologico attraverso il nostro team di salute mentale.

Fuori da Mueda, gestiamo cliniche mobili in varie località dove distribuiamo kit di aiuti. Offriamo due tipi di kit: uno che chiamiamo kit di transito, che è più leggero e comprende cibo e utensili di base per le persone in fuga. L’altro è per coloro che si sono stabiliti, che è molto più completo, e permette alle persone di costruire un rifugio (include teloni, cibo per diverse settimane e altri oggetti)

Sosteniamo anche una rete di 70 operatori sanitari comunitari che fanno parte del Ministero della Salute. Il lavoro è fondamentale poiché lavorano nelle zone rurali assicurando l’accesso alle cure per malattie comuni come la malaria, la diarrea o identificando i casi di malnutrizione.

Sono il primo anello della nostra catena perché ci permettono di essere in stretto contatto con le comunità. Grazie a loro, sappiamo quasi immediatamente quando si verificano movimenti improvvisi di persone, e quindi possiamo essere pronti a rispondere entro 24 ore, se la sicurezza lo permette.

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