MSF aumenta le attività mediche a Tripoli

MSF dispone ora di 14 persone a Tripoli, che verranno raggiunte da altri operatori umanitari nei giorni successivi.

Il 25 agosto, un’équipe medica di MSF ha salvato due pazienti in condizioni molto critiche, presenti all’ospedale Abu Salim, circondato da intensi combattimenti, e li ha trasferiti al Tripoli Medical Centre.

Quando siamo arrivati ad Abu Salim, abbiamo visto una scena scioccante: decine di cadaveri giacevano nell’ospedale“, racconta Jonathan Whittall, coordinatore dell’emergenza per MSF. “L’ospedale Abu Salim era stato completamente isolato a causa dei combattimenti nelle vicinanze e 22 pazienti erano bloccati all’interno, insieme a cinque medici. Siamo riusciti a evacuare i due pazienti più critici, che altrimenti sarebbero probabilmente morti. Più tardi, gli altri pazienti sono stati trasferiti in strutture più sicure.

Sebbene sia tornata la calma in diverse aree, intensi combattimenti sono ancora in corso vicino ad alcune strutture mediche, il che rende impossibile l’accesso da parte degli operatori sanitari e dei pazienti che necessitano di cure urgenti. Il personale sanitario libico è esausto, dopo aver trascorso tutta la scorsa settimana a lavorare 24 ore su 24 per far fronte all’enorme numero di pazienti. Le strutture mediche sono a corto di forniture mediche salvavita, apparecchiature, combustibile ed energia elettrica.

Il 26 agosto, un’équipe di MSF composta da otto operatori (due anestesisti, un chirurgo, due infermieri di sala operatoria, un infermiere di terapia intensiva, un infermiere, un medico di emergenza e un coordinatore d’emergenza) ha iniziato a supportare l’ospedale Matiga. Oltre 60 pazienti, compresi quelli tra feriti al fronte, hanno ricevuto cure mediche. MSF ha inoltre donato farmaci e forniture mediche salvavita, come anestetici, antibiotici, fasciature, e attrezzature chirurgiche.

MSF ha supportato con forniture mediche la clinica Brotherhood, dove il personale medico libico è stato travolto dal massiccio afflusso di feriti negli ultimi giorni.

Un’équipe medica di MSF sta valutando le esigenze mediche in altre strutture sanitarie di Tripoli, comprese quelle dedicate a donne e bambini, l’ospedale generale, e il Tripoli Medical Centre.

Oltre al numero elevato di feriti, le strutture mediche devono fare i conti anche con tutta una serie di altri casi di emergenza tradizionali“, spiega Paulo Reis, coordinatore medico di MSF. “Per esempio, una donna con un parto complicato può aver bisogno di un cesareo, un paziente con una malattia cronica deve continuare il suo trattamento. Non ci sono dunque solo le conseguenze dirette dei combattimenti a cui far fronte: le strutture mediche hanno bisogno del nostro sostegno“.

MSF sta inoltre cercando di inviare rifornimenti medici all’ospedale di Zwara, a ovest di Tripoli, dove sono in corso i combattimenti.

MSF dalla Tunisia ha inviato in Libia tre tonnellate di materiale di medicazione e altro materiale chirurgico di cui c’è estremo bisogno, compresi fissatori esterni. Inoltre, MSF via mare da Malta sta per inviare a Tripoli più di dieci tonnellate di materiale medico. Altre tre tonnellate di forniture mediche, farmaci e attrezzature sono state inviate nella capitale dall’èquipe di MSF presente a Misurata.

 

Da Tripoli, Jonathan Whittall, Capo missione di MSF, descrive la situazione sul campo.

Qual é la situazione attuale?

Al momento abbiamo a che fare con strutture mediche che erano al collasso già prima degli scontri di questa settimana. C’è carenza di organico, dato che gran parte del personale straniero che lavorava per il sistema sanitario libico è fuggito. Negli ospedali mancano scorte a causa delle sanzioni imposte al paese. Il sistema sanitario faceva quindi già fatica a far fronte all’elevato numero di feriti provenienti dai dintorni di Tripoli. Nelle scorse tre settimane, il personale medico si è concentrato quasi esclusivamente sulle emergenze e non è riuscito a far fronte, ad esempio, a malattie croniche o parti cesarei. Le cure semplicemente non erano disponibili. Se a ciò si aggiungono gli scontri scoppiati questa settimana a Tripoli – estremamente pesanti in alcune parti della città – si ha una situazione in cui ospedali già al collasso cercano di far fronte al massiccio afflusso di feriti, senza avere il supporto necessario in termini di personale e materiali medici.

Gli ospedali che siete riusciti a visitare riescono a curare tutti ?

Quasi tutti gli ospedali della città stanno ricevendo feriti e devono supplire al fatto che non tutte le strutture sono accessibili a causa dei combattimenti. Ora che la situazione è leggermente più calma, gli ospedali stanno curando anche i pazienti che in primo momento non erano riusciti a recarsi presso i servizi sanitari. Non si tratta solo di feriti recenti ma anche di persone che, nonostante le ferite, erano troppo spaventate per girare per le strade. Gli ospedali che ho visitato da quando sono iniziati gli scontri sono abbastanza caotici: spesso medici e infermieri non riescono a raggiungere il posto di lavoro perché vivono in zone pericolose oppure non riescono ad attraversare la città da un capo all’altro. C’è carenza di personale ma ci sono molti volontari che intervengono per dare una mano come possono e ciò crea molta confusione.

Gli ospedali sono pieni di feriti – soprattutto da armi da fuoco – non solo nel pronto soccorso ma in tutti i reparti. Vicino a una delle strutture, alcune abitazioni sono state riconvertite in reparti ospedalieri. Ho visitato una casa improvvisata a corsia dove, per fare un esempio, i pazienti giacciono al suolo e sui tavoli ma non ci sono abbastanza infermieri per assisterli. In un’altra struttura c’era gente in fila fuori dall’ospedale in attesa di entrare nel pronto soccorso.

Oltre ai combattimenti, che cosa ostacola la fornitura di assistenza medica?

Le ambulanze hanno problemi a circolare perché c’è un’enorme carenza di carburante a Tripoli e al momento non è possibile farlo venire dalla Tunisia. Si tratta di un grosso problema perché l’elettricità è intermittente perciò negli ospedali si stanno usando i generatori ma le riserve di carburante sono limitate.

Che cosa sta facendo MSF per rispondere a questa emergenza?

La situazione sanitaria richiede una risposta molto rapida, perciò in questi giorni abbiamo mandato altro personale e nuove scorte e altre ne arriveranno nei prossimi giorni. Inizieremo a supportare le strutture mediche immediatamente. Ci sono ancora combattimenti in alcune parti della città e ciò avrà purtroppo delle conseguenze sulla capacità di cura.

Le strutture sono al collasso ma ciò non significa che siano impossibilitate a operare: il personale sta curando i feriti e rispondendo ai bisogni della comunità ma, come è logico, sta affrontando enormi sfide. Non si tratta dunque di competenza o volontà ma di necessità di avere un sostegno per poter meglio rispondere ai bisogni più urgenti.

C’è stata una diminuzione d’intensità dei combattimenti?

Ora sì. Alcuni giorni fa non sarei riuscito nemmeno a parlare al telefono a causa dei continui bombardamenti e spari. Il fatto di poter parlare senza dovermi nascondere dietro un muro è già un progresso.

Tuttavia la situazione è molto instabile ed evolve rapidamente. Non riesco nemmeno a spiegare i cambiamenti avvenuti a Tripoli in soli quattro giorni. È stato tutto molto rapido, lo scoppio degli scontri prima e ora i cambiamenti che stanno avvenendo. Dobbiamo rimanere estremamente vigili per capire come evolverà la situazione nei prossimi giorni.

Abbiamo saputo che in uno degli ospedali che non siamo riusciti a visitare a causa degli scontri, la situazione è molto critica e i feriti non riescono a raggiungere la struttura a causa dei combattimenti in corso nei dintorni. È fondamentale che nei prossimi giorni tutti gli ospedali siano accessibili ai pazienti. Il personale sanitario deve essere in grado di raggiungere le strutture, che devono essere rispettate come luoghi neutrali dai combattenti di ogni fazione.

 


 

L’organizzazione internazionale medico-umanitaria Medici Senza Frontiere è presente in Libia dal 25 febbraio. MSF continua a lavorare a Bengasi, Misurata, Yefren, Zawiyah, Zintan e Zlitan. Per assicurare l’indipendenza delle proprie attività nel paese, MSF dipende unicamente da donazioni private e non accetta finanziamenti da parte di nessun governo o agenzia internazionale e da nessuna entità politica o militare.

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