Perù: MSF pubblica le Lecciones Apprendidas .

 

Per quanti sono stati dimenticati prima di morire.
Detenuto affetto da HIV, prigione di Lurigancho.

Dopo cinque anni di lavoro nella prigione di Lurigancho, Medici Senza Frontiere (MSF), con la pubblicazione del libro “Lecciones Apprendidas: un’esperienza di lavoro multidisciplinare su Malattie Sessualmente Trasmissibili e HIV/AIDS nella prigione di Lima, Perù”, trasferisce alle autorità locali il progetto in uno dei carceri più grandi dell’America Latina. Oggi l’Istituto Penitenziario Nazionale possiede infatti le capacità e le risorse economiche per portare avanti il programma. Per tutto il 2006 MSF continuerà comunque ad offrire il proprio supporto e a monitorare la situazione all’interno del carcere di Lurigancho. Il libro è stato pubblicato in inglese ( Lessons Learned ) e in spagnolo ( Leccciones Apprendidas ).

Oggi a Lurigancho vivono oltre 8.500 persone in una struttura costuita per 1.500. Alla fine degli anni ’90 MSF ha ricevuto l’autorizzazione per visitare la prigione e realizzare uno studio sull’incidenza di Tubercolosi (TB) e Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST), virus dell’HIV incluso, tra i prigionieri. I risultati dello studio hanno spinto MSF ad avviare un programma per il controllo delle MST e dell’HIV/AIDS nella prigione di Lurigancho.

All’interno della prigione il rischio di contrarre il virus dell’HIV è da cinque a sette volte più alto che nelle strade di Lima. Durante i giorni di visita, una media di 4mila persone entrano nella struttura. Tra di loro vi sono parenti, amici e venditori che, con i loro contatti, contribuiscono a diffondere malattie infettive tra la popolazione detenuta.

A partire dal 2000 MSF, in collaborazione con l’Istituto Penitenziario Nazionale, ha sviluppato un progetto all’interno di Lurigancho. L’approccio multidisciplinare del progetto per il controllo delle MST e dell’HIV/AIDS ha permesso di migliorare la qualità delle cure mediche e il trattamento per le persone già affette da HIV/AIDS. È stato inoltre possibile formare operatori professionali di altre discipline (psicologi, assistenti sociali ed educatori), fornire un supporto speciale ai gruppi più vulnerabili e in generale dimostrare che è possibile offrire cure adeguate e un approccio medico globale alle persone affette da HIV/AIDS in contesti complessi come quello del carcere.

“Lavorare in una prigione è stata un’esperienza unica e una sfida nuova nella prevenzione dell’AIDS” afferma Piero Gandini, capo missione di MSF in Perù. “Durante questi cinque anni, le attività sono state diverse, con molte discussioni, successi e imprevisti. Nel libro “Lecciones Apprendidas” abbiamo cercato di raccogliere le informazioni più rilevanti e la memoria storica del progetto”.

Lurigancho ha al suo interno un’organizzazione molto particolare: si tratta di una prigione maschile destinata a criminali condannati per reati quali furto aggravato, omicidio, possesso illegale di armi da fuoco, stupro e traffico di droga. I prigionieri che entrano per la prima volta in carcere spesso vengono sistemati in celle con prigionieri di lunga data. Negli anni la prigione si è trasformata in una grande comunità auto gestita che funziona come una piccola città con i suoi quartieri, la sua cultura, i suoi servizi e la sua economia. I detenuti eleggono i propri rappresentanti, chiamati delegati.

La situazione sanitaria all’interno della prigione rimane critica. Comportamenti a rischio tra i detenuti sono molto comuni e includono rapporti sessuali non protetti, tatuaggi effettuati senza materiale sterile, abuso di stupefacenti e violenze sessuali. Inoltre discriminazioni e stigmatizzazioni rendono molto difficile la vita dei detenuti affetti da HIV/AIDS.

“Nella cella ti discriminano fin dallo sguardo, ti guardano come se fossi morto o se li stessi insultando” racconta un prigioniero malato di AIDS. “Davanti a tutti gridano “Hey uomo-aids, vai a fare la fila per ricevere la tua razione di medicine!” Ti umiliano, per questo i detenuti malati non lasciano mai le loro celle, neppure per ricevere la razione alimentare, hanno troppa paura. Altri abbandonano le celle per vivere nei corridoi o all’aria aperta. È dura ma credono sia meglio così non si ricordano continuamente che sono malati…” .

Il livello di cure mediche per i detenuti affetti da HIV/AIDS è ancora insufficiente. Nel mese di ottobre 2005 erano 97 le persone affette da HIV/AIDS seguite dal team medico di MSF. Oggi diciassette detenuti hanno iniziato il trattamento antiretrovirale. Tuttavia maggiori sforzi devono essere fatti per aumentare questo numero e per migliorare la qualità del trattamento per l’HIV/AIDS nella clinica della prigione.

“Presentiamo le nostre lezioni apprese, con i nostri errori e successi, sperando che saranno utili a tutti gli operatori sanitari impegnati nel lavoro in prigione” conclude Gandini. “Oggi, quando stiamo terminando un periodo del progetto, vogliamo condividere la nostra esperienza e contribuire al dibattito mondiale sulla lotta all’AIDS e alle MST in contesti complessi come quelli del carcere”.

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