Rohingya: in fuga dal genocidio verso il Bangladesh

Rohingya: in fuga dal genocidio verso il Bangladesh

Chi sono i Rohingya e perché vengono perseguitati.

I Rohingya sono un gruppo etnico musulmano originario dello stato di Rakhine, in Myanmar. Da decenni subiscono discriminazioni sistematiche e violenze. Privati della cittadinanza dal 1982, non hanno diritti politici né civili e sono considerati “stranieri” nel proprio Paese. Sono costretti a vivere ai margini della società con accesso limitato a istruzione, lavoro e cure mediche.

La persecuzione dei Rohingya ha radici etniche e religiose: la comunità buddista maggioritaria e le autorità del Myanmar li considerano immigrati irregolari, nonostante siano presenti nella regione da generazioni.

Il genocidio dei Rohingya e la fuga 

Nel 2017, una violenta campagna militare ha distrutto centinaia di villaggi, causando migliaia di morti e costringendo centinaia di migliaia di persone a fuggire verso il Bangladesh. Molti sopravvissuti hanno subito violenze estreme, torture e stupri, rendendo impossibile un ritorno sicuro.

Oggi oltre un milione di Rohingya vive nei campi di rifugiati di Cox’s Bazar, il più grande insediamento profughi al mondo. La maggior parte di loro è fuggita dalle atrocità del 2017, riconosciute a livello internazionale come un genocidio, ma la crisi continua, con nuovi arrivi e condizioni di vita sempre più difficili.

La vita nei campi di Cox’s Bazar

Otto anni dopo le prime ondate di fuga, oltre 1,2 milioni di Rohingya vivono ancora nei campi di Cox’s Bazar, in Bangladesh, spesso in condizioni di estrema precarietà. Tra di loro ci sono oltre 150.000 persone arrivate dal gennaio 2024, costrette a lasciare le loro case a causa dei nuovi scontri armati in Myanmar.

Le condizioni di vita nei campi dei Rohingya sono estremamente dure:

  • le tende e le strutture provvisorie offrono una protezione minima da monsoni e inondazioni;

  • le malattie infettive si diffondono rapidamente in ambienti sovraffollati;

  • l’accesso ad acqua potabile, cibo, servizi igienici e istruzione è fortemente limitato;

  • generazioni di bambini crescono senza poter frequentare scuole riconosciute, perdendo così opportunità essenziali per il loro futuro;

  • malattie febbrili di origine sconosciuta, focolai di epatite C, dengue e chikungunya, unite alla scarsità di risorse, rendono la quotidianità sempre più instabile e fragile.

La dipendenza quasi totale dagli aiuti umanitari, unita alle opportunità limitate di lavoro legale, contribuisce a un senso di stallo e disperazione, soprattutto tra i giovani e le famiglie più vulnerabili.

Molti rifugiati sono costretti a ricorrere a strategie di sopravvivenza precarie, come la vendita di beni di prima necessità o il lavoro informale rischioso, pur di assicurarsi cibo, medicine o altri beni essenziali per vivere.

La pressione psicologica è enorme: la costante incertezza sul futuro, la difficoltà nell’accesso a cure mediche adeguate e la mancanza di istruzione contribuiscono a creare un clima di angoscia e frustrazione tra adulti e bambini. Nonostante tutto, la comunità Rohingya cerca di mantenere un senso di normalità attraverso reti di supporto reciproco e piccole iniziative comunitarie, ma le sfide rimangono enormi e quotidiane.

Quali progetti ha MSF a Cox’s Bazar

Noi di Medici Senza Frontiere siamo una delle organizzazioni umanitarie più presenti nei campi di Cox’s Bazar, dove forniamo assistenza medica essenziale a decine di migliaia di persone:

Gestiamo 10 ospedali e centri sanitari offrendo una gamma completa di servizi:

  • Dal pronto soccorso alla pediatria, dall’ostetricia al trattamento di malattie croniche come il diabete o l’ipertensione;
  • Offriamo anche cure psicologiche, fondamentali per aiutare i pazienti ad affrontare i traumi legati alle violenze subite.

La pressione sulle nostre strutture è costante e in continua crescita: nel giugno 2025, il numero di pazienti che si sono recati nei nostri pronto soccorso dei campi 14 e 15 è stato superiore del 140% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segnalando una pressione senza precedenti sulle cliniche.

Alcuni pazienti arrivano molto presto al mattino e attendono ore prima di essere visitati, mentre altri provano a recarsi in clinica di notte, quando le code sono leggermente più brevi. Per gestire questo carico e ridurre parte della pressione sul personale, MSF ha dovuto concentrare l’assistenza sui casi più gravi o critici, riducendo temporaneamente il numero di visite per i cosiddetti “casi verdi”, ossia pazienti con malattie meno urgenti.

La situazione è ulteriormente aggravata dall’aumento stagionale di malattie trasmissibili come dengue e chikungunya, oltre alla crescente incidenza di malattie non trasmissibili (MNT) come il diabete, che mette a dura prova la disponibilità di farmaci e la capacità di fornire cure continuative di qualità. Le strutture sanitarie, ormai al limite, faticano a soddisfare le esigenze di una popolazione vulnerabile e in continua crescita, costringendo i rifugiati a lunghe attese per ricevere assistenza.

Continuiamo a garantire cure mediche imparziali e senza discriminazioni, ma sappiamo bene che senza un sostegno internazionale più solido e un impegno concreto per la protezione dei diritti dei Rohingya, la crisi rischia di peggiorare ulteriormente.

Come aiutare i Rohingya dall’Italia 

In un contesto così drammatico, il tuo sostegno a Medici Senza Frontiere ci permette di fornire cure mediche, assistenza e protezione a chi ha perso tutto. Ogni contributo ci aiuta a mantenere viva la speranza e a restituire dignità a migliaia di uomini, donne e bambini Rohingya costretti a sopravvivere ai margini del mondo.

È fondamentale che nei campi vengano mantenuti i servizi essenziali e che i Rohingya, costretti a dipendere quasi interamente dagli aiuti umanitari, ricevano il sostegno di cui hanno bisogno. Man mano che le nostre cliniche diventano più affollate, stiamo facendo del nostro meglio per adattarci, ma non è una soluzione sostenibile. Pooja Iyer Coordinatrice nazionale in Bangladesh.

Ogni giorno, le nostre équipe lavorano instancabilmente per garantire cure mediche fratuite e di qualità, anche in condizioni estremamente difficili. Tuttavia, senza un sostegno costante, mantenere attivi gli ospedali, assicurare la fornitura di farmaci e rispondere alle emergenze sanitarie stagionali diventa sempre più complesso.
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