Siria

Ero in strada. Di solito quando avviene un attacco sparano a caso sulla folla.
Vecchi, donne, bambini…chiunque si muove è un bersaglio.
Sono stato ferito alla mano. Molte altre persone sono state ferite come me.
Non sono stato trasportato in un ospedale perché erano circondati dalle forze di sicurezza.
Negli ospedali oggi c’è più personale di sicurezza che personale medico.
Mi hanno portato in una casa dove medici e infermieri mi hanno bendato la mano.
Mi hanno detto che avevo bisogno di essere operato.
Perciò la mia famiglia mi ha mandato a Damasco dove la situazione era più calma.
Sono stato operato sotto una falsa identità perché sono ricercato dalle forze di sicurezza.
Di solito, anche nelle peggiori circostanze, mi avrebbero rimosso un dito o fatto solamente una fasciatura ma sapevano che venivo da XXX e hanno tagliato dal polso.
Nell’ospedale di Damasco, non hanno forse tutti i mezzi per curare una mano in modo appropriato?
Sì, perché si trattava di un ospedale pubblico e la situazione in quel momento a Damasco era tranquilla.
Avrebbero potuto curare la mia mano. È strano che abbiano deciso di amputarla.
Continuo a trovarlo strano e questo mi fa stare male.
Ho deciso di lasciare l’ospedale dopo un giorno. Sono rimasto a Damasco per dieci giorni.
Poi la mia famiglia mi ha chiamato per dirmi che sarei potuto andare in Giordania, perché molte persone della mia regione hanno trovato rifugio lì e qualcuno mi avrebbe potuto aiutare.

Uomo, 23 anni

 

Il 31 novembre sono stato ferito durante un attacco delle forze di sicurezza siriane. Erano in tanti e hanno circondato la città. I carri armati non smettevano di sparare. Ero lì come cameraman per realizzare delle riprese per il network di Al Jazeera e per altre emittenti libere. È stato un attacco terrificante. C’era un uomo che era ricercato dalla sicurezza. Hanno devastato la sua abitazione. Hanno sparato contro la sua casa, distrutto le finestre. Alla fine l’abitazione era stata devastata e hanno chiesto al padre dove si trovasse l’uomo. Io stavo filmando tutto questo dalla casa accanto. Mi sono mosso e un cecchino mi ha visto. Hanno provato a spararmi mirando alla testa. Sono stato colpito più volte sulla mano con proiettili esplosivi che mi hanno distrutto tre dita. Sono stato fortunato perché sono entrato in una casa dove una donna stava partorendo. Mi hanno nascosto nella stessa stanza dove si trovava la donna. Le forze di sicurezza mi stavano inseguendo e sono entrate nella casa. Tutti i presenti hanno cominciato a urlare e la donna a gridare sempre più forte “Cosa state facendo qui? C’è una donna che sta partorendo!”. Questo mi ha salvato la vita. Le forze di sicurezza se ne sono andate, ma il medico non ha potuto fare molto per la mia mano. Stavo sanguinando copiosamente. Hanno provato a fermare l’emorragia con delle bende. Il dolore era così forte che avrei preferito essere già morto. Chiedo a tutti coloro che si occupano di diritti umani di assicurarsi che possiamo ricevere almeno un’anestesia locale per evitare il dolore che ho sofferto. In Siria non puoi andare in ospedale. Se ci vai o ti amputano un arto oppure ti mettono in prigione, anche se sei ferito. Sono stato imprigionato due volte. In carcere ho visto persone con ferite in avanzato stato di decomposizione che non venivano mandate in ospedale. Una persona è morta proprio accanto a me e ho visto persone urinare sangue a causa di emorragie interne. E nessuna organizzazione medica come MSF è autorizzata a entrare nelle prigioni. Gli ospedali da campo vengono spostati ogni giorno. Diverse volte, le forze di sicurezza sono venute a portare via tutto o a bruciare tutte le attrezzature e le forniture mediche. Non ci sono ambulanze perché sono diventate un obiettivo delle forze di sicurezza che sparano al loro passaggio. E i medici più coraggiosi che decidono di agire vengono arrestati o le loro mogli vengono violentate per impedirgli di lavorare, o li mettono agli arresti domiciliari.

Uomo, 29 anni

 

Sono stato ferito a dicembre e sono stato arrestato durante una manifestazione contro il presidente. Sono stato imprigionato e torturato per 15 giorni. L’ultimo giorno hanno messo una foto di Bashar Al Assad davanti a me e mi hanno detto di inginocchiarmi davanti a ‘Dio Bashar’. Gli ho risposto che io mi inginocchio solo davanti a Dio e ho strappato la foto. Sono impazziti come se avessi strappato la loro anima. Così mi hanno portato dal Colonnello, dopo avermi picchiato. Mi hanno legato le mani dietro la schiena e mi hanno portato dal Colonnello che mi ha insultato. Poi lui ha detto: “Non sai che a quelli che insultano il Presidente vengono tagliate le mani?” Mi ha preso a calci e sono caduto da in cima le scale. Poi mi hanno bendato, steso e legato le braccia come un crocifisso. Poi mi hanno appeso al soffitto insieme agli altri e ci hanno insultati e picchiati. Alcune persone avevano le unghie strappate. Altri erano stati frustati o avevano la schiena rotta. Hanno fatto stendere le persone su una tavola speciale e poi sollevavano i lati fino a quando le loro schiene non si rompevano. Usavano ogni metodo. Mi hanno rotto le dita dei piedi con un martello. Con lo scotch hanno attaccato alle mie mani un detonatore con esplosivo TNT. Il detonatore era attaccato a un lungo filo collegato a una batteria. Poi hanno inviato una scarica elettrica ed è esploso. Ho perso tre dita e due terzi delle altre due, insieme a quasi tutto il palmo della mia mano. Poi mi hanno portato in ospedale e mi hanno abbandonato come fossi un cane.
Il livello di assistenza non era buono e i medici erano molto pessimisti sulla possibilità di salvarmi la mano. Era totalmente deformata. Anche i medici che ho visto dopo non avevano gli strumenti per curare quel tipo di ferita. Per il dolore non sono riuscito a dormire per 25 giorni. Neanche i sonniferi riuscivano a fare qualcosa. All’ospedale avevano semplicemente bloccato l’emorragia. Poi un mio amico è arrivato e mi ha aiutato a fuggire dalla porta sul retro. Se le forze di sicurezza mi avessero visto mi avrebbero ucciso. Nella prigioni si faceva ampio ricorso alla tortura. C’erano 230 di noi stipati in una piccola stanza. C’erano anziani e medici tra noi. Ho chiesto a un medico come era arrivato lì. “Proprio come te, figliolo”, ha risposto.

Uomo, 34 anni

 

Sono stato ferito 8 mesi fa. Stavamo facendo una dimostrazione pacifica per chiedere riforme. Hanno cominciato a sparare gas lacrimogeni e delle schegge mi hanno ferito al petto. Sono state le forze di sicurezza siriane a farlo. Poi hanno sparato con proiettili veri, così dei ragazzi mi hanno portato in una moschea: avevo bisogno di un’operazione, ma non potevo andare all’ospedale perché era pieno di uomini della sicurezza. Per curarmi hanno così usato materiali di base come bende e antibiotici. Le forze di sicurezza stavano circondando l’ospedale e chiunque ci andasse veniva imprigionato. L’impatto della scheggia mi ha colpito al petto dove c’è abbondante tessuto, ma che doveva comunque essere rimossa secondo il medico. Sono andato avanti senza trattamento per sette mesi. E sono stato anche detenuto, attorno al 27° o al 28° giorno di Ramadan. Sono uscito dopo la festa di Eid. Torturato? Sì. Mi hanno preso all’una di notte e mi hanno picchiato fino alle 4 del mattino. Ci hanno anche legato le mani e incatenato, hanno usato delle fruste, ci hanno presi a calci e insultato. Non c’era alcuna possibilità di essere curati durante la detenzione e praticamente eravamo senza cibo. C’erano 60 persone nella stessa stanza, alcuni dormivano in piedi, altri seduti. Quelli che venivano chiamati per nome andavano fuori ma non so dove. Dopo una o due ore tornavano, esausti per le percosse e le torture. Ci hanno messo in un cortile e ci hanno fatto togliere i vestiti, ci hanno bagnato con l’acqua e poi da lontano o in cima a una sedia hanno mandato delle scariche elettriche sul pavimento: siamo rimasti tutti folgorati. Hanno usato anche una sedia per percuotere le persone sulla schiena. Quelli che sono stati feriti o a cui hanno rotto le ossa non sono stati curati. E hanno dovuto resistere fino al momento del rilascio.

Uomo, 24 anni

 

Abbiamo lasciato il nostro villaggio per andare in città. Era la mia prima dimostrazione. Una volta arrivati ci siamo sorpresi. Ci aspettavamo una manifestazione “normale” con acqua, gas lacrimogeni, etc. Per disperderci hanno sparato con le mitragliatrici: pallottole vere… C’erano anche cecchini, non si può descrivere. Sono stato colpito alla spalla, mentre ero con un altro dimostrante che avevo salvato. Ci siamo nascosti in un edificio, aspettando che si calmasse la situazione. La zona è stata bombardata per due ore. Ho provato ad aiutare un altro ferito ma si è rifiutato. Qualcuno gli aveva detto che i feriti venivano uccisi all’interno dell’ospedale. Non potevamo fare altro che bendargli la ferita con un pezzo di tessuto che mi aveva dato una donna. Il medico del villaggio è pro-regime e si rifiuta di curare i feriti. Nell’ospedale del mio villaggio mi hanno fornito solo le prime cure perché nessuno vuole restare in ospedale. Ci entri un giorno e quello dopo “loro” arrivano e ti prendono. Bisogna arrangiarsi con ciò che si trova nelle farmacie: medicine, disinfettanti etc. Ricordo in particolare la scena di un uomo col volto coperto che colpiva coi piedi una persona ferita. “Chi? Uno di ”loro”, quelli della sicurezza, con l’equipaggiamento militare. A giudicare dalla sua uniforme, era un ufficiale. Alla fine, l’ufficiale ha fatto fuori l’uomo ferito. Ho assistito a questa scena con i miei occhi.

Anziano  

 

Sono un medico siriano. Ho curato i feriti nel mio paese.
Al principio, quando sono iniziate le manifestazioni, indirizzavamo i feriti agli ospedali pubblici ma poi abbiamo saputo che, durante le manifestazioni, venivano torturati o lasciati senza cure. Molti addirittura uccisi.
I medici lavorano in condizioni precarie di sicurezza e in condizioni sanitarie difficili.
Si improvvisano ospedali di una o due camere vicino alle zone delle manifestazioni.
Inoltre, c’è molta pressione e difficoltà nel raggiungere determinate zone.
Anche i medici che curano i feriti vengono perseguitati dalle forze di sicurezza.
La sicurezza è ciò che più preoccupa i medici.
È dura. Il rischio di venire arrestati è alto.
Nonostante questo rischio, molti medici rischiano la propria vita per tenere fede al giuramento fatto. È difficile trovare materiale sanitario sterile. A causa dei mezzi limitati a disposizione e dell’alto numero dei feriti, dobbiamo utilizzare pratiche mediche di base.
Siamo costretti a usare materiali sanitari e a effettuare procedure mediche che si discostano da quelle che utilizzeremmo di solito, in condizioni di sicurezza.
Attivisti e dimostranti non hanno nessun supporto medico. Non ci sono ambulanze e i feriti vengono trasportati da amici o da altri manifestanti.
Se riceviamo un ferito grave che deve essere ricoverato, abbiamo due possibilità: lasciarlo morire o mandarlo in ospedale senza sapere cosa gli succederà.
Molti ospedali sono posti sotto una stretta sorveglianza appena le forze di sicurezza vengono a sapere che sta per arrivare un ferito da una delle aree delle manifestazioni.

Testimonianza medico siriano

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