Aleppo Est: “Non so come, ma proverò a lasciare la mia casa”

Lungo la strada per incontrare i suoi amici per un caffè Abu Ahmed, 27 anni, tecnico di computer, è stato ferito da una bomba a grappolo. Quattro settimane più tardi la sua frattura ossea non era ancora guarita. La sua unica speranza è un’operazione chirurgica ortopedica specialistica in Turchia, ma è intrappolato ad Aleppo Est. Costretto a letto, adesso guarda con disperazione il suo quartiere cadere in macerie sotto la nuova ondata di bombardamenti aerei.

Un mese fa, come ogni mattina, stavo per incontrare i miei amici per un caffè. Loro erano in ritardo così, quando il raid è iniziato, mi trovavo da solo, in piedi, accanto alla casa dei miei vicini. Ho sentito un missile venire verso di me ma non l’ho visto. Ho iniziato a correre verso un edificio nelle vicinanze, ma non sono stato abbastanza veloce.

Era una bomba a grappolo. Alcune delle bombe sono esplose colpendo con forza gli edifici circostanti. Un frammento ha perforato la mia gamba.

Sdraiato a terra, scioccato, sentivo di aver perso parte del mio corpo. I vicini hanno iniziato a venirmi incontro, ma nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi, poiché avevano paura delle bombe inesplose disseminate tutte intorno. Così hanno aspettato cinque minuti per essere sicuri che l’areo si fosse allontanato.

Hanno provato a sollevarmi, sentivo così tanto dolore da riuscire solo a gridare. Hanno chiamato l’ambulanza che fortunatamente è arrivata. Il tragitto verso l’ospedale più vicino sarebbe durato solo un paio di minuti, quel giorno l’autista ha dovuto fare un percorso differente visto che molte strade erano bloccate dai detriti e dai corpi a causa del raid.

All’ospedale mi hanno fatto i raggi X sulla gamba, dopo mi hanno portato in sala operatoria. Lo scoppio mi aveva lussato la gamba e frantumato il femore. Ho chiesto al dottore se fosse stato necessario amputarla, ma mi ha risposto di no. Sono stato trasferito in una stanza molto piccola, danneggiata dal bombardamento aereo. Mancavano le serrande e il vetro e le persone entravano e uscivano di continuo. Dalle finestre aperte potevo sentire gli aerei da guerra volare intorno. Avevo paura essere bersagliato di nuovo. Dopo un’ora ho chiesto di essere portato a casa.

Una volta a casa, ho cercato di riposare, ma è stato impossibile. Inoltre, gli antibiotici e gli antidolorifici non stavano facendo effetto. Potevo ancora sentire gli aerei e i missili che esplodevano tutto intorno, quella notte i raid non sono mai smessi.

Dopo sette giorni, il dolore non mi faceva ancora dormire. Non sarei potuto tornare in ospedale perché non c’erano ambulanze e se fossi riuscito ad arrivare lì, non avrei avuto la certezza di vedere un medico. Dopo 16 giorni la mia gamba ha cominciato a gonfiarsi. Faceva così male da non riuscire nemmeno a coprirla con la coperta.

Trovare una macchina che mi portasse di nuovo in ospedale è stato un inferno. Ci sono poche auto private funzionanti a causa della mancanza di petrolio. Ho chiamato un’ambulanza dicendo: “Arriverò strisciando, se devo”. Alla fine sono riuscito a raggiungere l’ospedale. Il medico mi ha fatto fare un altro test ai raggi X, dicendomi di tornare il mese successivo.

Un amico ha mandato i miei raggi X a un chirurgo ortopedico fuori Aleppo Est ma è tornato indietro con cattive notizie: l’operazione era stata inefficace e avevo bisogno di essere operato di nuovo, ma la possibilità che i medici locali potessero farlo era minima. Avevo bisogno di un chirurgo specialistico al di là del confine, in Turchia.

Sono rimasto a letto un mese intero, senza muovermi, per lasciare che le mie ossa guarissero. In quel periodo ho chiesto ai miei amici di setacciare tutte le farmacie locali per avere gli antidolorifici, che costano cinque volte più del solito. Ma è stato tutto inutile.

Se non fossimo sotto assedio, sarebbe tutto diverso. Sarei potuto uscire da Aleppo, farmi visitare da un altro medico, andare in Turchia per essere curato. Cercherò di curarmi con gli antidolorifici finché le strade non si apriranno di nuovo. La maggior parte della mia famiglia si trova in Turchia, ma io sono rimasto ad Aleppo Est per restare con i miei amici. Mia sorella è tornata per una visita, ma il giorno in cui è arrivata la sua casa è stata bombardata e adesso anche lei è intrappolata ad Aleppo Est.

Mi manca il mio quartiere, le sue strade, devo guardare le fotografie per ricordarmi il loro aspetto.

Durante i bombardamenti, rimango nella mia stanza. Non riesco a dormire. Tutte le porte sono rotte e l’edificio accanto al mio è stato distrutto. Le strade sono chiuse.

Non so come, ma cercherò di uscire di casa.

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