Martina Paesani

Martina Paesani

Infermiera MSF

Essere operatore MSF per dare un contributo concreto

Martina Paesani

Martina Paesani

Infermiera MSF
Essere operatore MSF per dare un contributo concreto

La mia seconda missione con MSF come infermiera strumentista si è svolta in Siria.

È da marzo 2011 che mi domando se sia giusto lasciare che questo eccidio continui senza suscitare il benché minimo interesse. Ed ecco che mi ritrovo al telefono con MSF, con la gola secca, tante paure e la necessità di tenerne da parte la giusta dose e metterla nello zaino per partire.

Le persone che ho conosciuto durante la missione sono incredibili: si tratta per lo più di personale non sanitario, persone che non hanno la pretesa di salvare il mondo ma hanno la ferrea volontà di aiutarsi a vicenda.

L’Italia in cui vivo spesso non mi ricorda quanto siano importanti le gioie semplici dell’umanità, non mi ricorda come sia necessario sentire che qualcuno creda in noi, non mi ricorda l’importanza di avere qualcuno accanto con cui ridere o piangere.

In Siria, il solo sapere che qualcuno è disposto a farlo e che è capace di uscire dalla propria zona di comfort per dare delle cure, mi dona speranza.

Questa è la missione di MSF: dare un contributo concreto e prendersi cura delle vittime della guerra affinché sappiano di non essere sole. Cerchiamo di fare la differenza per le persone con cui lavoriamo e la comunità che ci circonda.

Durante la mia esperienza ho potuto capire meglio anche cosa significhi fare chirurgia di guerra e fornire trattamenti salvavita. Anche una semplice medicazione di ferite superficiali causate da un mortaio, in un contesto come quello della Siria, può fare la differenza tra la vita e la morte.

Ho conosciuto tanti colleghi e le loro storie. Amani, Mahmoud, Tehani hanno perso i fratelli. A Rouba hanno ucciso il figlio appena partorito in ospedale. Il giovane Malik, fino a due anni fa sui banchi dell’università di medicina, non avrebbe mai sognato di assistere a casi così disparati. Il dr. Rami che ha lasciato il proprio cuore ad Aleppo e tutti gli infermieri e assistenti della nostra missione. Ognuno di loro profugo in terra natìa, scappato e scampato alla violenza.

Ho capito che la mia presenza è stata un piccolissimo tributo al popolo siriano, e la loro estrema gratitudine mi insegnato un’umanità a cui non era più abituata.

In Siria c’è un esercito di mani libere da pistole e mortai, in quelle mani prende vita il significato di pace e non violenza. Sono persone capaci di vivere all’incrocio di fuochi, rischiando di rimanere bruciati, cercano di vivere la propria vita diventando loro malgrado testimonianza e ricerca di una risoluzione a mani alzate del conflitto. Queste persone mi hanno fatto capire il significato del logo con il kalashnikov barrato di MSF.

Voglio conservare ogni singolo ricordo di questa missione. E ripartirei, ogni giorno.

 

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