Il coraggio di una madre

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Mimi è stata soccorsa da una delle nostre navi nel Mediterraneo e ci ha raccontato la sua storia. Mimi è etiope e suo marito eritreo. Ha 42 anni ed è madre di Makdas, 12 anni, e Marina, 6 anni (nella foto).

È stata soccorsa dalla nave Aquarius lo scorso agosto insieme a oltre 400 persone stipate in un vecchio barcone di legno. L’acqua entrava dallo scafo della barca mentre il salvataggio era in corso. Le operazioni di soccorso sono durate oltre sei ore e molte persone erano bloccate nello scafo della barca.

“Ho quattro figlie e sono tutte nate in Sudan. Due di loro sono scomparse. Non so dove siano. Un giorno sono andate a scuola in Sudan e non sono più tornate. Non ho più avuto loro notizie. Le persone dicono che siano state rapite.

Non ho pagato per il viaggio. Un uomo eritreo in Sudan ha pagato il viaggio per noi. Ha capito la nostra sofferenza e ci ha voluto aiutare. Mio marito ha dato la sua benedizione.

In Libia io e le mie figlie non siamo state picchiate ma ho visto donne incinte malmenate senza alcuna pietà. Sapevo che il viaggio sarebbe stato difficile, ma non così difficile. Vivere o morire ho lasciato decidere a Dio. La morte è solo una, mentre la vita può essere così amara che a volte è meglio morire.

Eravamo sul ponte superiore del barcone. Nel corso delle prime prime ore abbiamo pensato di morire. Il motore si è spento e la gente ha cominciato a gridare e ad essere molto spaventata. Due pescatori libici sono venuti per cercare di aiutarci, ma non potevano fare niente. Ho ringraziato Dio quando ho visto la barca di salvataggio. Ero così felice.

Mentre eravamo in Libia hanno rapito mia figlia Makdas per 2 mesi. La polizia libica l’ha trovata in strada. Le avevano coperto il viso e l’avevano rapita come merce di contrabbando da vendere. Ma un uomo libico mi ha aiutato a ritrovarla e a ricongiungermi a lei. Makdas mi ha detto che l’hanno trattata bene e che non le è successo niente di male. Ho pianto giorno e notte per lei.

Sono venuta in Libia solo con Makdas e Marina. Mio marito è ancora in Sudan. È  molto malato, ha il diabete e l’ipertensione. Ho dovuto prendere questa decisione per il futuro delle mie figlie. Non c’è futuro in Sudan. Lo so perché sono cresciuta lì. Tutto ciò che ho fatto è per le mie figlie. La mia vita sono le mie figlie. Voglio che abbiano l’opportunità di studiare e di avere successo nella vita.”

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