Valentina Burzio

Valentina Burzio

Pediatra MSF

Il muto silenzio attorno alla guerra in Yemen

Valentina Burzio

Valentina Burzio

Pediatra MSF
Il muto silenzio attorno alla guerra in Yemen

Ho da poco fatto ritorno da Khamer, un piccolo villaggio a 2400 metri di altitudine, su uno degli altopiani del governorato di Amran, nel nord dello Yemen.

In questa comunità ho lavorato come pediatra a fianco di medici, infermieri e ostetriche yemeniti nella cura di bambini e neonati che l’ospedale statale accoglie e che MSF supporta, fornendo farmaci, risorse umane e attrezzatura logistica.

Porto inciso nella memoria ogni singolo istante di una delle esperienze più intense che abbia finora vissuto. Da qualche tempo l’area di Khamer sembra essere un’oasi parzialmente più protetta dai bombardamenti rispetto ad altre zone del Paese, ma si possono toccare con mano tutte le ripercussioni dirette e indirette di una guerra che da anni sta dilaniando il paese. Impossibilità da parte della popolazione ad accedere alle strutture sanitarie, risorse economiche in via di esaurimento, epidemie dovute alla riduzione delle coperture vaccinali o alle scarse condizioni igieniche: tutti fattori che incidono pesantemente sullo stato di salute del popolo yemenita, e, come accade spesso, i bambini sono tra i primi a pagarne le conseguenze.

Non posso dimenticare

Non posso dimenticare nessuno dei bambini e delle famiglie che ho incontrato, nessuno dei neonati prematuri arrivati in pronto soccorso in condizioni di grave ipotermia, dopo giorni di viaggio su auto di fortuna dalle valli remote dove vivono, o con il colera causato dalla mancanza di accesso ad acqua pulita. Non posso dimenticare le madri in lacrime costrette a rifiutare il ricovero di un loro figlio o figlia, dovendo rientrare al villaggio dove gli altri bambini le attendevano a casa. Ogni singola storia meriterebbe di essere conosciuta e condivisa.

Porto negli occhi le ferite di Nagham, una bimba di tre anni colpita da un fulmine mentre dormiva in casa con la sua famiglia. Le condizioni delle abitazioni nelle zone montuose remote, prive di dispositivi di isolamento, le rendono vulnerabili ai fulmini e le persone colpite possono riportare ustioni gravi. Nagham, il cui nome significa melodia, purtroppo ha perso due sorelle la notte del temporale, e ha riportato lesioni talmente critiche da richiedere l’amputazione di una mano e delle dita di un piede.

Quando l’;ho incontrata, soffriva anche di una grave malnutrizione dovuta alle condizioni di povertà della famiglia e al suo rifiuto del cibo dopo l’incidente. Ora riesce di nuovo a muoversi parzialmente grazie alla fisioterapia, il suo peso sta aumentando e accenna a tratti qualche sorriso insieme ai genitori. Spero possa presto ritrovare la serenità che merita, in quanto bambina.

Intanto, i ricordi si mescolano a quelli della neonatologia, al piano sottostante e del reparto malnutriti, dove le mamme spesso seguivano attente un video sull’allattamento al seno. Mi pare di rivedere la frenesia di alcune, al momento di essere dimesse insieme ai loro neonati.

Ripenso agli occhi lucidi di emozione di una di loro, arrivata con il suo neonato affetto da tetano neonatale a quattro giorni di vita. Non essendo vaccinata e avendogli tagliato il cordone ombelicale al momento del parto a domicilio con un attrezzo contaminato, il bimbo ha iniziato a sviluppare i classici sintomi della malattia con febbre, spasmi muscolari e crisi respiratorie. È sopravvissuto grazie alla terapia oltre che alle cure neonatali dello staff e al costante attaccamento alla mamma.

Le tracce indelebili della guerra

Ogni volta che è stato possibile dimettere un bambino insieme alla sua famiglia ci siamo concessi un lungo sospiro di sollievo. Le impronte delle loro mani hanno iniziato a colorare i muri delle scale che portano alla via di uscita, ma anche in quei momenti di serenità il pensiero andava al loro futuro, al pericoloso viaggio di ritorno verso i loro villaggi e al rischio di agguati aerei, o all’insidia della malnutrizione e delle infezioni che continuano a minacciare il Paese. Il colera è da poco stato dichiarato sotto controllo, ma si sospetta un’epidemia di difterite. La guerra sta lasciando tracce indelebili sul popolo yemenita, come ogni conflitto della storia, attuale o passata.

Nonostante la guerra strida pesantemente con il suo insostenibile rumore, sembra che aleggi un muto silenzio attorno a quello che sta accadendo e si parli poco di questo Paese. Il conflitto pare totalmente sconosciuto e dimenticato dall’opinione pubblica internazionale.

Difficile pensare di essere tornati in Italia e aver lasciato colleghi, pazienti e persone a cui ci si è affezionati. Ogni giorno mi è stato insegnato come sia importante onorare l’umanità delle cose e coniugare la resilienza alla praticità della vita, che nonostante tutto continua a scorrere… e per questo un profondo senso di ammirazione e gratitudine accompagnerà sempre i miei pensieri verso il popolo yemenita.

 

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